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CASA DOLCE CASA: > > > IL NUOVO CONDOMINIO
Con la nuova riforma cambia la vita in condominio, regolata ancora da norme che risalgono al 1942, l’ anno di pubblicazione del
Codice Civile. La legge è già stata approvata al Senato il 26 gennaio.
Che cosa cambierà? Tra le novità c’ è il rafforzamento del ruolo dell’ amministratore e un maggior esercizio dei poteri di controllo
da parte dei condomini. Inoltre, sarà introdotto l’ obbligo per l’ amministratore di iscriversi al ruolo e quindi a un elenco presso la
Camera di Commercio e la possibilità di vendere a maggioranza i beni condominiali, oltre ad una maggiore possibilità di rendere più
incisive le procedure di recupero del credito degli insoluti nei confronti dei condomini morosi.
< < Lettera A > >
ASSEMBLEA. È ridotto il quorum richiesto per la sua validità. Deve essere convocata almeno 5 giorni prima la data fissata. In prima
convocazione sarà sufficiente la presenza della maggioranza dei condomini, in rappresentanza di almeno 667 millesimi, contro gli
attuali due terzi ( millesimi invariati ). In seconda convocazione sarà invece sufficiente che la maggioranza degli intervenuti
rappresenti almeno 334 millesimi ( attualmente sono richiesti un terzo dei condomini e 334 millesimi ).
AMMINISTRATORE. Dovrà essere un professionista serio e affidabile, che bisognerà gioco, forza pagare di più. Il suo incarico avrà
durata biennale ( oggi è annuale ) e, su richiesta dell’ assemblea, dovrà iscriversi a un apposito elenco della Camera di Commercio
e fornire una garanzia bancaria o assicurativa che copra il condominio dal rischio di ammanchi di cassa. Sarà anche obbligato ad
avviare il recupero legale delle spese non pagate dai condomini morosi e dovrà redigere il bilancio seguendo procedure contabili più
rigorose delle attuali.
DIRITTI
La riforma più incisiva da questo punto di vista è la libertà di potersi staccare dall’ impianto centrale di riscaldamento, evitando di
suddividere la bolletta energetica con gli altri condomini. Un’ altra riforma importante riguarda il singolo condomino che avrà il diritto
di chiedere che entro 30 giorni si svolga un’ assemblea straordinaria, se lamenta un uso improprio delle parti comuni o di singole
unità immobiliari.
INQUILINI
Attualmente l’ inquilino può votare solo le delibere riguardanti le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di
condizionamento. Con la nuova legge, salvo patto contrario con il locatore, potrà votare anche sull’ ordinaria amministrazione e sul
godimento dei beni e dei servizi comuni.
MILLESIMI
Gli errori sui millesimi potranno essere rivisti o modificati solo all’ unanimità. Se però sono frutto di un errore di calcolo materiale, o
dovuti a sopraelevazioni o modificazioni delle destinazioni d’ uso, ciò potrà essere deliberato con il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 334 millesimi.
PARTI COMUNI
Finora non era possibile cedere una porzione del condominio ( ad esempio una portineria non più utilizzata ) senza il consenso
unanime, e non sempre facile da ottenere, dei condomini. Con le nuove regole, basteranno due terzi dei millesimi e metà dei
partecipanti all’ assemblea.
LE PRINCIPALI NOVITA' DELLA RIFORMA
Ecco in sintesi com’è destinata a cambiare la vita condominiale con l' entrata in vigore della riforma che ha aggiornato la
legislazione, risalente al lontano 1942.
AMMINISTRATORE
Nomina: obbligatoria se i condomini sono più di 8 < < prima era più di 4 > >. Requisiti: per amministrare un condominio sono
necessari specifici requisiti, molto più stringenti rispetto a prima. sono sostanzialmente sette. tra i più importanti: - il godimento dei
diritti civili e politici e il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore. - amministratore-condominio: è esonerato dal
possesso del titolo di studio e dalla frequenza del coso di formazione. Affissione nell' atrio: l' amministratore deve affiggere nell'
atrio generalità, domicilio e recapiti telefoni. Assicurazione professionale: - può essere imposta dall' assemblea, prima della
nomina, a garanzia dell' operato; - massimale: va aggiornato in caso di lavori straordinari. Compenso: va specificato analiticamente
all' atto della nomina e del rinnovo. Attribuzioni: notevolmente incrementate; per esempio deve tenere i registri e curare gli
adempimenti fiscali. Iniziative: può collaborare a progetti e programmi territoriali con le istituzioni locali. Rendiconto: approvazione: deve convocare l' assemblea entro 180 giorni; - controllo: nomina di un revisore da parte dell' assemblea. Revoca.
Prevista una casistica di comportamenti sintomatici di gravi irregolarità e quindi di revoca ad opera del giudice. Sarà più facile
revocarlo.
ANIMALI DOMESTICI
Il regolamento non può vietare di possederli o detenerli.
ASCENSORE
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Viene finalmente precisato che le spese di manutenzione e sostituzione devono essere ripartite come quelle delle scale.
ASSEMBLEA
Convocazione: - può avvenire anche a mezzo posta elettronica certificata, fax o consegna a mano; - se l' ordine del giorno è lungo
e complesso è possibile fissare più riunioni consecutive con lo steso avviso; - speciale: può essere convocata per modificare la
destinazione d' uso delle parti comuni. Maggioranza. Validità della costituzione. In I° convocazione: maggioranza di partecipanti
al condominio: 667 millesimi - in II° convocazione: un terzo dei partecipanti al condominio: 334 millesimi. Validità delle delibere. In
I° convocazione: maggioranza degli intervenuti: 500 millesimi - in II° convocazione: maggioranza degli intervenuti: 334 millesimi.
Maggioranze modificate. Basta un numero di voti pari ad almeno 334 millesimi per: - contenimento consumo energetico certificato;
- produzione certificata energia da fonti rinnovabili. Serve la maggioranza degli intervenuti e 500 millesimi per: - installazione
antenna centralizzata e satellitare; - superamento barriere architettoniche; - contenimento consumo energetico; - produzione energia
da fonti rinnovabili; - installazione impianti di produzione energia solare, eolica o comunque rinnovabile; - realizzazione parcheggi; adozione sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore; - installazione impianti di videosorveglianza: Rappresentante.
- se i condomini sono più di 20, non più di 1/5 dei condomini e del valore proporzionale; - l' amministratore non può rappresentare
condomini in assemblea; - supercondominio: se i condomini sono più di 60, un rappresentante per condominio;
CONSIGLIO DI CONDOMINIO
Nomina: nei condomini con almeno 12 unità immobiliari; Composizione: almeno 3 condomini; Funzioni: consultive e di controllo.
CONTO CORRENTE
- obbligatoriamente intestato al condominio; - estratto conto consultabile dai condomini;
CONTRIBUTI CONDOMINIALI
Creditori: - possono pretendere dall' amministratore l' elenco dei condomini morosi; - possono agire nei confronti dei condomini
solvibili solo dopo aver escluso gli altri; Recupero coattivo: - l' amministratore deve attivarsi entro 6 mesi dalla chiusura dell'
esercizio; - non richiede autorizzazione per chiedere un decreto ingiuntivo; Venditore: è obbligato al pagamento fino a quando
non trasmetta all' amministratore copia dell' atto di vendita.
DOCUMENTAZIONE
Scritture e giustificativi devono essere conservati per 10 anni dalla data di registrazione.
FALLIMENTO
Spese per manutenzione e innovazioni prededucibili in sede fallimentare. IMPIANTI AUTONOMI TV E PRODUZIONE ENERGIE
RINNOVABILI Installazione: - se comporta modifica delle parti comuni va comunicata all' amministratore specificando modalità
esecutive; - l' assemblea può prescrivere modalità di esecuzione alternative o imporre cauzione; - si può chiedere all' assemblea di
ripartire l' uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni.
INFRAZIONE AL REGOLAMENTO.
Fino a 200 € ( fino a 800 in caso di recidiva ).
INNOVAZIONI E LAVORI STRAORDINARI
Obbligatorio costituire un fondo d' importo pari a quello dei lavori;
MILLESIMI
Rettifica e modifica: - la regola: unanimità; - l' eccezione: maggioranza degli intervenuti e almeno 500 millesimi in caso di errore o
alterazione superiore a 1/5 del valore dell' unità immobiliare. Spesa: a carico del condominio che ha provocato la variazione.
OPERE SU PARTI INDIVIDUALI
Obbligatorio preavvisare l' amministratore, che ne riferisce all' assemblea.
PARTI COMUNI
Elencazione: più dettagliata. per esempio anche impianti radiotelevisivi centralizzati per il condizionamento d' aria. Modifica
destinazione d' uso: - approvazione: 4/5 dei condomini e 4/5 del valore dell' edificio; - vietata: se pregiudica stabilità, sicurezza o
decoro architettonico; Tutela: su iniziativa dell' amministratore o di singoli condomini;
REGISTRI
Anagrafe condominiale, nomina e revoca amministratore, verbali assemblee, contabilità.
RISCALDAMENTO
Distacco. - possibile se non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini- si deve comunque
contribuire alle spese di manutenzione straordinaria e messa a norma dell' impianto.
SITO INTERNET.
Attivazione: su delibera dell' assemblea. Documentazione. Consultazione e copie in formato digitale. Spesa. A carico dei
condomini.
USUFRUTTARIO
Diritto di voto. Affari di ordinaria amministrazione e godimento cose e servizi comuni. Spese comuni. Risponde del pagamento in
solido con il nudo proprietario.
ABBAINO
Apertura. Il proprietario del sottotetto può, nel rispetto dei limiti di cui all' articolo 1102 del codice civile ( non alterare la destinazione
della cosa e non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto ), aprire un abbaino nel tetto condominiale
per dare luce e aria ai sottostanti locali, a condizione che i lavori siano condotti a regola d' arte, che l' opera non pregiudichi la
funzione di copertura del tetto, non alteri il decoro architettonico dell' edificio e non leda altrimenti il diritto degli altri ( Corte di
Cassazione 27 / 7 / 2006, n° 17099 ). Lo stesso dicasi dell' ampliamento di un abbaino preesistente ( Corte di Cassazione 12 / 2 /
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1998, n° 1498 ). se ne deve però dare preventiva notizia all' amministratore, specificando i dettagli dell' intervento e le modalità di
esecuzione. L' amministratore, a sua volta, ne riferisce all' assemblea ( secondo comma articolo 1122 codice civile ). Se vi sono altri
abbaini il nuovo si deve adeguare alla loro sagoma, altrimenti si pone in essere un' alterazione del decoro architettonico dell' edificio
( Tribunale Cosenza 24 / 6 / 2004 ), contestabile anche da parte di un solo condominio. Occorre infine informarsi presso l' ufficio
tecnico del Comune se l' intervento è realizzabile con l' invio di una semplice SCIA ( segnalazione certificata di inizio attività ) o se si
è tenuti a seguire una diversa procedura. > > Lucernario
ACQUA
Ogni condomino ha diritto a ricevere un' adeguata fornitura di acqua potabile. Se il servizio è carente ( sopratutto ai piani alti dei
vecchi edifici ) e il condominio non interviene, si può chiedere al giudice un provvedimento d' urgenza per superare l' inconveniente (
autoclave ); si ha anche titolo al rimborso delle eventuali spese anticipate su autorizzazione del magistrato, detratta la propria quota
( App. Milano 3 / 5 / 1991 ). Contatori. Per l' introduzione di contatori che registrino il consumo d’ acqua nei vari appartamenti non
occorre autorizzazione dell' assemblea; il secondo comma del paragrafo 8.2.8 dell' allegato1/8 del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 4 / 3 / 1996, infatti, stabilisce che, qualora la consegna e la misurazione dell' acqua avvenga per utenze
raggruppate, la ripartizione interna dei consumi dev' essere organizzata, a cura e spese dell' ente, tramite l' installazione di singoli
contatori per ciascuna unità immobiliare, per cui si è nel diritto di pretendere, se del caso ricorrendo al Giudice di pace, il rispetto di
questa norma. Se c' è un regolamento contrattuale che disciplina il criterio di ripartizione della spesa, l' eventuale modifica richiede l'
unanimità. La spesa per l' introduzione di contatori separati in sostituzione dell' unico contatore condominiale va suddivisa su base
dei millesimi ( indipendentemente, quindi, dal consumo ), salvo diverso accordo sottoscritto da tutti i condomini. Guasto. L' impianto
idrico rientra fra le parti comuni dell' edificio fino al punto di diramazione nelle varie unità immobiliari: ciò indipendentemente dal fatto
che sia strutturato con singoli tubi anziché con un' unica tubatura ( Tribunale di Roma 17 / 3 / 1988 ). Pertanto, se un rubinetto perde
o si rompe un tubo nell' appartamento, il proprietario deve intervenire a proprie spese ( Tubatura - guasto ). Spesa. Se il contatore è
unico non è possibile stabilire il consumo effettivo di acqua da parte dei condomini: di conseguenza la spesa va suddivisa in base ai
millesimi della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000, optare per l' adozione di un diverso criterio:
per esempio: il numero dei componenti i vari nuclei familiari ( o di coloro che vivono stabilmente nell' edificio, Tribunale Milano 7 / 2 /
2003 ). I condomini sono tenuti a contribuire, sempre su base millesimale, nella spesa per l' acqua occorrente alle necessità
condominiali: per esempio, irrigazione del giardino, pulizia delle scale, del cortile e delle altri parti comuni dell' edificio. Quanto alla
spesa occorrente al sollevamento dell' acqua dalla falda, per il Pretore di Pordenone ( sentenza del 25 / 2 / 1989 ) va suddivisa in
base alla superficie reale di ciascuna unità immobiliare; questo criterio può essere integrato con quello della diversa altezza dal
suolo dei diversi piani o porzioni di piano. Tubo. Il condomino può installare sul muro comune un tubo per l' adduzione di acqua,
trattandosi di un uso legittimo della cosa comune ( Tribunale di Trani 19 / 1 / 1991 ). per poter, invece, deviare dalla verticale il tubo
di adduzione dell' acqua potabile, si dev' essere autorizzati da tutti gli altri condomini che utilizzano il tubo, poiché la modifica rende
più gravosa la portata dell' acqua per pressione verso i piani alti ( Pretore di Torino 9 / 7 / 1996 ).
ALBERI
Abbattimento. Gli alberi, non possono essere abbattuti, a meno che non siano ammalati o creino una situazione di pericolo per
persone e cose, oppure quando sono stati piantati troppo vicino al confine della proprietà. L' operazione, in ogni caso, è subordinata
al rilascio di autorizzazione comunale. La normativa varia da comune a comune ( Alcuni richiedono l' autorizzazione per tutte le
specie di albero, anche se si tratta di pianta non più vegetata, mentre altri la escludono per alcune specie: per esempio per quelle da
frutto ). L' abbattimento degli alberi del giardino condominiale per trasformare quest' area in parcheggio nell' interesse del
condominio può essere deliberato con il voto favorevole dei 4/5 del valore dell' edificio ( 800 / 1.000 ), trattandosi di cambiare
la destinazione di una parte comune ( primo comma articolo 117 - ter codice civile ). Distanza. Siepi e alberi devono essere
messi a dimora rispettando la distanza dal confine. E' quindi opportuno informarsi preventivamente in Comune o presso la Camera
di Commercio per verificare se esistono regolamenti o usi locali; in caso affermativo, infatti, ci si deve attendere a queste
disposizioni. In mancanza di regolamenti o usi locali si è tenuti ad osservare una distanza variabile a seconda del tipo di albero. Per
quelli ad alto fusto - per esempio: pini, cipressi, noci - la distanza è di tre metri dal confine. Per gli alberi di alto fusto - quelli i cui rami
si diffondono a un' altezza non superiore a 3 metri - la distanza è di un metro e mezzo. Per viti, arbusti, siepi e piante da frutta di
altezza non superiore a 2 metri e mezzo, infine, la distanza è di 50 centimetri. Se però le siepi sono di ontano, castagno o altre
piante simili si recidono periodicamente vicino al ceppo, la distanza dev' essere di 1 metro ( 2 metri per le robinie ). La distanza va
calcolata al tempo della messa a dimora e si misura dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell' albero o al luogo in cui
va fatta la semina. Foglie. La caduta di foglie da alberi e arbusti è fenomeno del tutto naturale, per cui il proprietario di un albero non
è responsabile, ai sensi dell' articolo 2051 codice civile ( danni causati da cose in custodia ), dei danni provocati dalla loro caldura
sulla pavimentazione del fondo confinante ( Corte di Cassazione 9 / 8 / 2007, n° 17493 ). Successivamente, però, la Suprema Corte
( sentenza n° 1260 del 21 / 1 / 2008 ) ha stabilito che, se le foglie che cadono dagli alberi del giardino confinante con il condominio
ostruiscono gronde e tombini, si è nel diritto di pretendere dal vicino il rimborso delle spese sostenute per liberare questi impianti.
Sulla scorta di questa indicazione, e dall' articolo 2043 codice civile, che obbliga l' autore di qualsiasi fatto doloso o colposo che
provochi ad altri un danno a risarcirlo, il condominio sul cui balcone cada una notevole quantità di foglie provenienti dalle piante
rampicanti coltivati sul sovrastante terrazzo, può adire l' Autorità Giudiziaria chiedendo la rimozione degli arbusti o comunque il
risarcimento del danno da valutarsi in via equitativa. Potatura. Se gli alberi si trovano nel giardino di proprietà esclusiva di un
condominio e sono funzionali al decoro dell' intero edificio, per cui la potatura avviene per soddisfare anche questa esigenza, si può
pretendere che il condominio contribuisca alla spesa. L' esistenza di questo presupposto dev' essere provata dal condominio
interessato a dividere la spesa con gli altri ( Corte di Cassazione 24 / 8 / 1992, n° 9829 ). Rami. Se i rami degli alberi condominiali
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tolgono luce e aria a un appartamento, e le piante sono state messe a dimora a distanza inferiore a quella legale da meno di 20
anni, se ne può pretendere l' estirpazione. Se invece sono stati piantati a distanza regolamentare si deve accertare che non vi sia
stata negligenza nella manutenzione: nel qual caso si può esigere che i rami causa dell' inconveniente vengono tagliati; l' uso delle
parti comuni, infatti, non può arrecare pregiudizio ad alcun condominio ( Corte di Cassazione 24 / 8 / 1992, n° 9829 ).
ALLARME
L' installazione di un impianto di allarme collegato alla portineria può essere considerata, a seconda delle circostanze, innovazione
gravosa o migliorativa delle cose comuni. Tutto dipende dal costo dell' opera e dalle caratteristiche dell' edificio ( articolo 1121 codice
civile ). Nel primo caso, per l' installazione è necessario il consenso di tutti i condomini, a meno che coloro che sono favorevoli alla
sua introduzione non si facciano carico dell' intera spesa. Nel secondo caso l' intervento, se non altera l' entità sostanziale della
parte comune e non ne muta la destinazione, è riguardabile, come modifica e non come innovazione ai sensi del primo comma dell'
articolo 1120 codice civile, per cui può essere approvato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in
rappresentanza di almeno 500 / 1.000.
AMMINISTRATORE
L' amministratore è il motore del condominio: se " gira " bene, cioè se reagisce con competenza, sagacia e tempestività, può
contribuire non poco a rendere serena e ordinata la convivenza tra vicini di casa, riducendo al minimo liti e incomprensioni. L'
amministratore, a parte l' adozione di provvedimenti di ordinaria amministrazione, non ha una vera e propria autonomia decisionale,
ma esclusivamente funzioni di gestione dello stabile e di esecuzione delle decisioni prese dai condomini nel corso delle assemblee.
Il condominio può comunque anche essere amministrato dagli stessi condomini, a turno. Una decisione del genere dev' essere
adottata con la stessa maggioranza richiesta per la nomina ordinaria dell' amministratore e con la stessa maggioranza si può
deliberare di passare ad altro criterio ( per esempio la nomina di un esterno ). Se si opta per la gestione " Fai da te ", un condominio
che non sia in grado di svolgere questa funzione per il periodo assegnatoli deve trovare ( ed eventualmente pagare ) una persona
disposta a sostituirlo dall' incarico.
RIEPILOGANDO - L' AMMINISTRATORE
Quando è obbligatorio. Se i condomini sono più di 8. Requisiti. Fra questi il godimento dei diritti civili e politici e non figurare nell'
elenco dei protesti cambiari. Nomina. Voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di
almeno 500 / 1.000, anche in seconda convocazione. Se l' assemblea non decide, l' amministratore viene nominato dal Tribunale su
ricorso anche di un solo condomino. Durata incarico. Un anno, rinnovabile. Revoca: l' assemblea può revocare l' amministratore in
ogni momento, con la stessa maggioranza prevista per la nomina. In alcuni casi l' amministratore può essere revocato dal Tribunale
su ricorso di ciascun condomino: per esempio se non presenta il rendiconto della gestione, se non apre il conto corrente
condominiale o per gravi irregolarità. Norme. Articoli: 1105 - 1106 - 1129 - 1130 - 1130 - bis - 1131 - 1133 - 1135 e 1136 codice
civile, art. 63 - 64 - 65 - 71 - 71-bis, 71-ter e 156 disp. att. codice civile. Requisiti. Possono svolgere l' incarico di amministratore
di condominio ( articolo 71-bis codice civile ) coloro: a) che hanno il godimento dei diritti civili; b) che non sono stati
condannati per delitti contro la Pubblica Amministrazione, l' amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio
o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a 2
anni e, nel massimo, a 5 anni; c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non
sia intervenuta la riabilitazione; d) che non sono interdetti o inabilitati; e) il cui nome non risulta annotato nell' elenco dei
protesti cambiari; f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado; g) che hanno frequentato un
corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale I
requisiti di cui alle lettere f) e g) non sono necessari qualora l' amministratore sia nominato tra i condomini dell' edificio. A
quanti hanno svolto attività di amministratore di condominio per almeno un anno, nell' arco dei 3 anni precedenti alla data
di entrata in vigore della riforma, è consentito lo svolgimento dell' attività di amministratore anche in mancanza di requisiti
di cui alle lettere f) e g). Resta salvo l' obbligo di formazione periodica. L' incarico di amministratore può essere espletato anche
da una società. Nel qual caso i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai
dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi. La perdita
dei requisiti di cui alle lettere a) - b) - c) e d) comporta la cessione dell' incarico. Nel qual caso ciascun condomino può convocare
senza formalità l' assemblea per la nomina del nuovo amministratore. Nomina. L' assemblea deve nominare un amministratore
quando i condomini sono più di otto ( Articolo 1129 codice civile ). Se non provvede la nomina è fatta dal Tribunale, su ricorso di uno
o più condomini o dello stesso amministratore dimissionario. A nominare l' amministratore provvede l' assemblea con il voto
favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000, sia in prima che in seconda convocazione.
L' amministratore può essere nominato anche se i condomini sono otto o meno di otto, purché la delibera venga adottata con la
prevista maggioranza. Il regolamento di condominio che riservasse la funzione di amministratore a una determinata persona o
all' appartenente a una determinata categoria, scavalcando di fatto l' assemblea, sarebbe impugnabile perché in contrasto con
l' articolo 1129 codice civile, norma definita inderogabile del successivo articolo 1138. E' possibile nominare, per lo stesso
condominio, più amministratori ( Corte di Cassazione 24 / 12 / 1994, n° 11155 ); in questo caso il potere di rappresentare i
condomini nei confronti di terzi spetta a tutti, a meno che non siano stati precisati i rispettivi compiti. La nomina dell' amministratore
può essere anche tacita, vale a dire senza investire formalmente una persona dell' incarico; è infatti sufficiente provare che i
condomini l' abbiano considerata amministratore a tutti gli effetti, ricorrendo a lei abitualmente in questa veste ( Corte di Cassazione
12 / 2 / 1993, n° 1791 ). L' amministratore eventualmente nominato direttamente dal costruttore può essere sostituito
dall' assemblea: sia perché il primo comma dell' articolo 1129 codice civile, che riserva all' assemblea la nomina dell' amministratore,
è come già detto norma inderogabile, sia perché può sorgere un conflitto d' interessi fra l' amministratore e lo steso costruttore,
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qualora il condominio dovesse contestare la cattiva esecuzione di alcuni lavori. L' amministratore la cui nomina sia stata impugnata
conserva i suoi poteri fino a quando non venga sostituito dall' assemblea o dal giudice ( Corte di Cassazione 27 / 1 / 1988, n° 739 ).
Assicurazione. L' assemblea può subordinare la nomina dell' amministratore alla presentazione di una polizza individuale
di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell' esercizio del mandato. L' amministratore è tenuto ad
adeguare i massimali della polizza se nel periodo del suo incarico l' assemblea delibera l' esecuzione di lavori straordinari.
L' adeguamento non dev' essere inferiore all' importo di spesa deliberato e va effettuato contestualmente all' inizio dei
lavori. Compenso. All' amministratore spetta un compenso, il cui importo dev' essere dettagliatamente indicato dallo stesso
amministratore all' atto della nomina o del rinnovo e approvato dall' assemblea. Non esiste un tariffario professionale, poiché
non esiste un Albo degli amministratori di condominio. se però l' amministratore è iscritto ad un albo professionale ( architetti,
avvocati, commercialisti, geometri, ecc. ) può chiedere che sia applicata la rispettiva tariffa. Per riepilogare, ecco i criteri seguiti dagli
amministratori per definire il proprio compenso Può essere chiesta una quota fissa ( indipendentemente dalle dimensioni del
condominio ) o una quota per ogni unità immobiliare ( variabile a seconda del loro numero e della dotazione di impianti ) qualche
amministratore chiede anche una cifra in percentuale al giro d' affari complessivo del condominio, o si limita a calcolarla sulla loro
spesa per il riscaldamento in genere è richiesto un compenso extra se si tratta di seguire l' esecuzione di lavori straordinari lunghi o
complessi, ma l' amministratore non può pretendere un extra per partecipare alle assemblee, siano essere ordinarie o straordinarie,
trattandosi di attività comprese fra i suoi compiti istituzionali, anche se non espressamente indicati dal codice; il relativo compenso,
quindi, deve intendersi compreso in quello stabilito all' atto del conferimento dell' incarico ( Corte di Cassazione 12 / 3 / 2003, n°
3596 ) quasi sempre bisogna calcolare anche una percentuale sui lavori di manutenzione straordinaria infine c' è il rimborso delle
spese di amministrazione: francobolli, commissioni bancarie, fotocopie, spese di cancelleria. L' aumento del compenso non può
essere disposto verbalmente dai condomini ma è necessaria una delibera o comunque una ratifica da parte dell' assemblea
( Tribunale di Roma 21 / 2 / 1987 ). Il compenso dell' amministratore e le spese di amministrazione vanno suddivisi fra i condomini in
proporzione ai millesimi di proprietà. Un diverso criterio di ripartizione della spesa può essere adottato soltanto all' unanimità. Il
compenso non può essere molto distante dalla media praticata nella città in cui è ubicato l' edificio condominiale; in caso contrario la
delibera che lo approvasse sarebbe nulla per eccesso di potere ( Pretore Catania 27 / 10 / 1997 ). L' amministratore ha diritto di
compenso per l' attività svolta fino alla revoca, e se prova che questa è giustificata può pretendere il risarcimento del danno
( Tribunale di Monza 27 / 6 / 1985 ). Durata incarico. L' amministratore dura in carica 1 anno ( norma inderogabile, Tribunale di
Napoli 4 / 10 / 1996 ) e può essere confermato nell' incarico con lo stesso quorum previsto per la nomina vale a dire a maggioranza
degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000, sia in prima che in seconda convocazione. Se però
l' amministratore è anche condominio deve astenersi dal voto per conflitto d' interessi. La conferma dell' incarico può anche essere
tacita. L' amministratore, una volta scaduto il mandato, conserva i suoi poteri fino a quando non venga sostituito o confermato,
sempre che l' assemblea non abbia espressamente deliberato altrimenti ( Corte di Cassazione 5 / 2 / 1993, n° 1445 ) Dati.
Contestualmente all' accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell' incarico, l' amministratore deve comunicare i propri dati
anagrafici e professionali, il codice fiscale ( se si tratta di società, anche se la sede legale e la denominazione ), i locali in cui si
trovano i registri condominiali ( Funzioni ), nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta allo stesso amministratore,
può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata. Inoltre, sul luogo di accesso al
condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, dev' essere affissa l' indicazione delle generalità, del domicilio e dei
recapiti, anche telefonici, dell' amministratore. Se manca l' amministratore vi devono essere affissi generalità e recapiti, anche
telefonici, della persona che svolge funzioni analoghe e quelle dell' amministratore Funzioni. Nell' espletamento dell' incarico
l' amministratore deve avere un unico obiettivo la salvaguardia dell' interessa della comunità condominiale. All' amministratore
spettano sia funzioni esecutive che funzioni amministrative; tra le prime rientra, per esempio, l' attuazione pratica delle delibere
assembleari, mentre fra le seconde rientra la stesura del > > Bilancio condominiale anche se all' amministratore è lasciata una certa
flessibilità nelle modalità di svolgimento dell' incarico, le sue attribuzioni sono enunciate con precisione dall' articolo 1130 codice
civile. In sintesi: 1) eseguire le delibere dell' assemblea, convocarla annualmente per l' approvazione del rendiconto e curare
l' osservanza del regolamento di condominio; 2) disciplinare l' uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell' interesse comune,
in modo di assicurare il miglior godimento a ciascun condomino; 3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti alla
manutenzione ordinaria delle parti comuni dell' edificio e all' esercizio dei servizi comuni; 4) compiere gli atti conservativi relativi alle
parti comuni dell' edificio ( > > Lavori condominiali, Amministratore ); 6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale
contenere i dati relativi ai condomini, alle rispettive unità immobiliari e alle condizioni di sicurezza; 7) curare la tenuta del registro dei
verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell' amministratore e del registro di contabilità; 8) conservare tutta la
documentazione inerente alla propria gestione; 9) fornire al condominio che ne faccia richiesta l' attestazione relativa allo stato dei
pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso; 10) redigere il rendiconto annuale di gestione e convocare
l' assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni. L' amministratore, inoltre, rappresenta a tutti gli effetti il condominio e può
agire in giudizio per qualunque azione che riguardi le parti o gli interessi comuni. Con l' accettazione dell' incarico l' amministratore
assume pienamente le responsabilità civili, e penali collegate allo svolgimento del suo mandato. Il potere di rappresentanza
dell' amministratore deriva da una disposizione di tipo inderogabile, l' articolo 1131; di conseguenza non può subire limitazioni nè per
delibera dell' assemblea nè per volontà dello stesso amministratore ( Corte di Cassazione 13 / 6 / 1991, n° 6697 ). L' amministratore
può delegare la propria funzione ad altra persona, a condizione che l' atto con il quale è stato nominato non preveda il contrario.
( Corte di Cassazione 22 / 7 / 1999, n° 7888 ). Affinché l' amministratore possa stipulare un contratto nell' interesse del condominio
occorre una delibera con la quale egli può impegnarsi per il condominio. Il Tribunale di Roma ( Sentenza dell' 11 / 8 / 1988 ) ha
ritenuto che il contratto di assicurazione del fabbricato condominiale, in quanto attinente alla conservazione della cosa comune, può
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essere stipulato dall' amministratore senza preventiva autorizzazione dell' assemblea. La Confedelizia ( Confederazione Italiana
Proprietà Edilizia ) ha redatto il mansionario dell' amministratore, che elenca in dettaglio, in 32 punti, le funzioni di quest' organo
condominiale. Il documento è consultabile sul sito www.confedelizia.it Giudiziario. Se i condomini sono più di 8 e l' assemblea
non delibera la nomina dell' amministratore, prevede il Tribunale su ricorso do uno o più condomini; trattandosi di procedimento di
volontaria giurisdizione non occorre l' assistenza di un avvocato ( Tribunale di Ariano Irpini decreto 13 / 12 / 2006 ). Le spese del
procedimento sono a carico di chi lo ha attivato ( Corte di Cassazione 30 / 3 / 2001, n° 4706 ). La nomina di un amministratore
giudiziario può essere chiesta al Tribunale anche per risolvere questioni fra i condomini: per esempio, assegnare i posti auto nelle
aree condominiali qualora non vi sia una delibera che regoli in modo specifico l' uso del parcheggio e la modalità d' uso dei servizi
comuni ( Tribunale Napoli 24 / 2 / 2003 ): si parla allora di amministratore ad acta, ossia agli atti. Compenso. L' amministratore
nominato dal Tribunale ha diritto ad un compenso, da ripartirsi fra i condomini su base millesimale, anche se il regolamento prevede
che l' incarico sia gratuito, magari perché svolto a turno dai condomini ( Corte di Cassazione 12 / 2 / 1988, n° 1513 ). Il compenso
dell' amministratore giudiziario, se non c' è accordo con i condomini, non può essere stabilito dal Tribunale che ha provveduto alla
nomina, ma dev' essere determinato in sede contenziosa, davanti al giudice competente per valore ( App. Lecce-Taranto 3 / 5 /
1995, > > Controversie ) Obblighi fiscali. L' amministratore è tenuto a operare, e versare al Fisco giovandosi del modello F24,
entro il 15 del mese successivo a quello in cui ha effettuato il pagamento, le seguenti trattenute d' acconto: > > 20% sui compensi
erogato ai dipendenti del condominio ( per esempio: portiere - giardiniere ) e ai professionisti di cui utilizzi l' opera ( per esempio:
avvocato - geometra - lo stesso amministratore ); > > 4% sui compensi erogati a imprese e artigiani, con esclusione delle utenze
( per esempio: luce - acqua ) e dei, materiali ( per esempio: lampadine - detersivi ). In mancanza di amministratore la ritenuta
dev' essere operata da uno dei condomini. L' amministratore, inoltre, deve comunicare annualmente all' Anagrafe Tributaria
l' ammontare dei beni e dei servizi acquistati dal condominio, con i dati identificativi dei relativi fornitori ( in mancanza di di
amministratore la comunicazione non è dovuta ). Altri obblighi fiscali dell' amministratore sono: 1 > > pagare l' IMU ( imposta
municipale unica ) sui locali condominiali assoggettati a questa imposta in quanto accatastati separatamente: si pensi all' alloggio del
portiere o del garage comune; 2 > > pagale l' eventuale tassa sul passo carraio; 3 > > se non è previsto che vi provveda
l' appaltatore, pagare la tassa per l' occupazione del suolo pubblico qualora si debba montare un ponteggio su una strada pubblica;
4 > > pagare la TIA ( tariffa igiene ambientale ) per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle parti comuni ( per esempio: il
giardino ). Pubblicità. Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa
l' indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici dell' amministratore ( in mancanza di
amministratore vengono affissi gli stessi dati riferiti alla persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell' amministratore
). Responsabilità. L' amministratore risponde ai danni derivati dalla mancata esecuzione di una delibera assembleare: per esempio:
aver omesso di far riparare il tetto ( Corte di Cassazione 14 / 6 / 1976, n° 2219 ), e risponde penalmente se una parte dell' edificio
minaccia rovina, con pericolo per l' incolumità delle persone, tranne che per cause accidentali non sia stato in grado d' intervenire
con la dovuta urgenza ( Corte di Cassazione 28 / 6 / 2012, n° 25221 ). L' amministratore non risponde, invece, dei danni provocati
dall' abuso della cosa comune da parte di un condominio; egli non è, dotato di poteri coercitivi e disciplinari nei confronti dei
partecipanti alla comunione ( Corte di Cassazione 20 / 8 / 1993, n° 8804 ). Le perdite conseguenti alla cattiva gestione
dell' amministratore devono essere ripartite in proporzione ai millesimi di proprietà, fatta ovviamente salva la possibilità di agire nei
suoi confronti per il recupero delle somme e il risarcimento del danno Violazioni e danni. Contro i provvedimenti dell' amministratore
che violino la legge o il regolamento si può ricorrere direttamente al giudice senza passare per l' assemblea ( Corte di Cassazione 8
/ 3 / 1997, n° 960 ). Se invece l' amministratore trascura di prendere le opportune iniziative ( per esempio non si attiva per la
riparazione di un impianto guasto ), il singolo condomino non può rivolgersi al giudice in via contenziosa senza aver prima provocato
una convocazione dell' assemblea condominiale ( Corte di Cassazione 14 / 8 / 1997, n° 7613, > > Assemblea, Convocazione ). Solo
se questa non viene convocata o non riesce a esprimere una volontà maggioritaria, o se la delibera adottata resta ineseguita, il
condomino può rivolgersi al giudice, che può anche nominare un amministratore giudiziario. E' sconsigliabile, nel frattempo,
prendere iniziative finalizzate all' esecuzione di una riparazione, anticipando la relativa spesa. Se l' amministratore compie atti in
nome e per conto del condominio senza autorizzazione dell' assemblea nei casi in cui è necessaria, risponde in proprio, a meno che
l' assemblea non ne ratifichi l' operato con una delibera correttamente adottata ( Corte di Cassazione 9 / 6 / 1990, n° 6520 ). Gli atti,
poi, con i quali l' amministratore disponga opere sulla cosa comune, accettando i propri poteri e con lesione dei diritti dei condomini,
possono essere impugnati senza limite di tempo, essendo radicalmente nulli ( Corte di Cassazione 29 / 11 / 1991, n° 12851 ).
REVOCA
Dell' assemblea. L' amministratore può essere revocato dall' assemblea in qualsiasi momento, trattandosi di un rapporto di natura
fiduciaria. Per la revoca è necessario lo stesso quorum richiesto per la nomina: maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in
rappresentanza di almeno 500 / 1.000, sia in prima che in seconda convocazione. In alternativa il regolamento può prevedere una
specifica modalità di revoca. Anche la revoca, come già visto a proposito della nomina, può essere tacita: basta infatti che venga
nominato un nuovo amministratore senza che il precedente sia stato espressamente revocato ( Corte di Cassazione 9 / 6 / 1994, n°
5608 )
REVOCA
Dal Tribunale. La revoca dell' amministratore può anche essere disposta dal Tribunale, su ricorso di ciascun condomino,
nei seguenti casi: 1) Omessa comunicazione all' assemblea della notifica di un atto di citazione o di provvedimento amministrativo
il cui contenuto esuli dalle attribuzioni dell' amministratore: 2) Omesso rendiconto della gestione; 3) In caso di gravi irregolarità (
alcune elencate dall' articolo 1129 codice civile, altre individuate dalla giurisprudenza ). Fra quelle previste dalla legge l' omessa
convocazione dell' assemblea per l' approvazione del rendiconto, la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi,
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nonché di delibere dell' assemblea, la mancata apertura e utilizzazione del conto corrente condominiale. Fra le gravi irregolarità
individuate dalla giurisprudenza, le anomalie contabili, ma anche i comportamenti che fanno sospettare una gestione anomala: per
esempio: il tentativo di influenzare l' assemblea dei condomini per l' assunzione di particolari delibere, l' inserimento a verbale di
offese a uno dei condomini ( App. Genova 6 / 11 / 1990 ). Il Tribunale di Milano, a sua volta ( Sentenza del 29 / 9 / 1993 ), ha
considerato grave irregolarità l' aver fatto affluire i versamenti delle quote condominiali e i fondi di riserva sul proprio conto corrente
personale anziché su quello separato del condominio. Non è stata invece ravvisata grave irregolarità nell' esecuzione di delibere
assembleari nulle o annullabili ( perché possono essere impugnate, Tribunale di Firenze 22 / 4 / 1991 ), nel rifiuto opposto alla
richiesta di un condomino che voleva ritirare, per effettuarne i controllo, tutti i documenti del condominio ( Tribunale di Parma 12 / 3 /
1999 ), nell' autoliquidazione del proprio compenso ( Tribunale S. Maria Capua Vetere 23 / 7 / 1997 ) In particolare, qualora siano
emerse gravi irregolarità fiscali o l' amministratore non abbia aperto e utilizzato il conto corrente condominiale, i
condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell' assemblea per far cessare la violazione e
revocare il mandato all' amministratore. Se l' assemblea non provvede alla revoca ciascun condomino può rivolgersi all'
Autorità Giudiziaria, e in caso di accoglimento della domanda del ricorrente può pretendere il rimborso delle spese legali
dal condominio, che a sua volta potrà rivalersi nei confronti dell' amministratore revocato. In caso di revoca da parte dell'
Autorità Giudiziaria, l' assemblea non può nominare nuovamente l' amministratore revocato. Sulla revoca dell'
amministratore il Tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, sentito lo stesso amministratore in
contradditorio con il ricorrente. Contro il provvedimento del Tribunale può essere proposto reclamo alla Corte d' appello
nel termine di 10 giorni dalla notifica o dalla comunicazione Passaggio delle consegne. L' amministratore revocato, o che
lascia volontariamente l' incarico, deve consegnare tempestivamente al suo successore ( o all' eventuale Consiglio di condominio se
cosi prevede il regolamento ) tutta la documentazione in suo possesso efferente al condominio e ai singoli condomini, ed
eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto a ulteriori compensi. Il nuovo
amministratore deve verificare i saldi del rendiconto precedente, se non è già stato approvato dall' assemblea, ma non può ratificare
l' operato di chi l' ha preceduto; questo potere, infatti, spetta esclusivamente all' assemblea. Non sempre queste regole di buon
comportamento vengono rispettare. Spesso l' amministratore uscente rallenta il passaggio delle consegne, magari perché aspetta di
ottenere il rimborso di una spesa anticipata nell' interesse del condominio. Un simile comportamento è stato considerato illegittimo ai
giudici ( Corte di Cassazione 3 / 12 / 1999, n° 13504 ) perché non c' è interdipendenza fra le due prestazioni.
AMMINISTRAZIONE
Gli atti posti in essere nell' ambito della gestione condominiale possono essere sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione.
Atti di ordinaria amministrazione sono quelli che si riferiscono alla conservazione e il miglioramento delle parti comuni, nonché alla
gestione delle eventuali rendite: si pensi alla riparazione di un impianto condominiale, all' aggiornamento del premio di
assicurazione, all' autorizzazione, all' amministratore, a resistere in giudizio ( Corte di Cassazione 8 / 11 / 1989, n° 4691 ), all'
impiego dei proventi di una locazione a terzi di un locale condominiale. Sono invece atti di straordinaria amministrazione quelli eventi
per oggetto modifiche o trasferimenti della cosa comune, tali da portare a una diminuzione della sua consistenza ( Corte di
Cassazione 13 / 2 / 1988, n° 1553 ): si pensi alla vendita dei locali giù adibiti a portineria. La differenza non è priva di conseguenze
perché, a seconda del tipo di atto, è richiesto un quorum deliberatorio ( > > Assemblea, Maggioranza ).
ANDRONE
L' androne condominiale fa parte delle scale ed è in un certo senso il biglietto da visita dell' edificio. Da qui divieti e limiti di varia
natura: i condomini, per esempio, non possono affiggervi avvisi, annunci e simili, essendo questa facoltà riservata all'
amministratore. In genere non è consentito neppure collocarvi insegne luminose, targhe e cartelli pubblicitari, poiché tale
utilizzazione si pone in contrasto con la funzione e la destinazione tipica di questa parte comune dell' edificio ( Tribunale di Brescia
26 / 4 / 1994 ). L' assemblea può però autorizzare studi professionali, uffici e simili a collocare targhe segnaletiche della rispettiva
attività, purché caratterizzate da dimensioni e aspetto grafico uniformi. La Corte di Cassazione ( sentenza n° 1046 del 3 / 2 / 1998 )
ha, comunque, ritenuto lecito posizionare targhe negli spazi comuni, se ciò non impedisce agli altri condomini un pari utilizzo di essi.
Sempre la Suprema Corte ( sentenza n° 761 del 5 / 2 / 1978 ) ha ritenuto legittima l' apertura di una porta per collegare l' androne
con unità immobiliari di proprietà esclusiva a condizione che questo tipo d' innovazione non alteri la destinazione dell' androne e non
impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso. Chiusura. La chiusura dell' androne con un cartello, se mira a potenziare
o a rendere più comodo il godimento della cosa comune, lasciandone immutate la consistenza e la destinazione, in modo
da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, può essere considerata modifica e non innovazione della casa
comune, introducibile in quanto tale con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in
rappresentanza di almeno 500/1.000. Se sarebbe nulla la delibera che dispone la chiusura permanente del portone d' ingresso di
un androne accessibile alle auto senza provvedere alcuna misura che ne consenta l' agevole apertura da parte dei soggetti
legittimati ad attraversarlo con un' autovettura ( Tribunale di Milano 9 / 3 / 1989 ). In un edificio dotato di più androni di accesso agli
appartamenti l' assemblea non può, a maggioranza, vietare agli estranei al condominio il transito da uno di essi, perché cosi
facendo, oltre ad incidere all' uso delle cose comuni, limita illecitamente la proprietà privata ( Tribunale di Napoli 14 / 6 / 1974 )
Divisione spese. Per la ripartizione fra i condomini delle spese di pulizia e ricostruzione dell' androne si applica il criterio dei
millesimi di proprietà. Devono contribuire alle spese di manutenzione dell' androne e delle scale anche i proprietari di unità con
accesso autonomo alla strada ( nel caso di specie portone, moquette e passatoia dell' ingresso, nonché illuminazione dei servizi
comuni, App. di Milano 3 / 7 / 1992 ) Passeggino. Oggetto di frequente discussione è il passeggino, nell' androne condominiale, di
carrozzine e passeggini. E' consentito usare l' androne a questo fine, a condizione che un divieto in tal senso non sia contenuto nel
regolamento del condominio ( che deve però essere contrattuale ), che il passeggino venga lasciato in un punto dell' androne in cui
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non intralci il transito di chi frequenta l' edificio, e che si rispetti il dettato dell' articolo 1102 codice civile, per il quale ciascun
partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne
parimenti uso secondo il loro diritto. Sarebbe poi buona norma lasciare il passeggino nell' androne soltanto se non entra in
ascensore.
ANIMALI
Il quinto comma dell' articolo 1138 codice civile stabilisce che le orme del regolamento non possono vietare di possedere o
detenere animali domestici. Per introdurre un divieto del genere, quindi, è necessario che siano d' accordo tutti i condomini. Il
detentore dell' animale è comunque tenuto a rispettare la normativa sulle > > Immissioni, e ad evitare che gli strepiti disturbino il
riposo o le occupazioni delle persone. Il divieto, ove previsto, riguarda sia i proprietari che gli inquilini. Gli animali possono essere
portati in ascensore, a meno che vi sia un divieto contenuto nel regolamento o introdotto dall' assemblea con il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Disturbo. Se si prova che l' animale è molesto se ne
può chiedere l' allontanamento al giudice, se del caso non richiesta di provvedimento d' urgenza, con divieto assoluto di ritorno nell'
edificio condominiale ( Tribunale di Napoli 8 / 3 / 1994 ). Questo stesso Tribunale ( sentenza del 25 / 10 / 1990 ) ha stabilito che l'
esecuzione del provvedimento può essere affidata ai Carabinieri o agli agenti della Polizia di Stato, mentre il Tar della Campania (
sentenza n. 16477 del 14 / 10 / 2005 ) ha decretato che il Sindaco può, per ragioni igienico-sanitarie, ordinare in via d' urgenza l'
allontanamento dall' edificio di un cane detenuto in condizioni accertate come inidonee dal competente ufficio sanitario. I disturbi che
deve accertare il giudice sono, per esempio, i latrati, gli strepiti, la sporcizia, il pericolo di aggressioni ( Tribunale di Napoli 25 / 10 /
1990 ). Per la Corte di Cassazione ( sentenza n° 3348 del 28 / 3 / 1995 ), i miagolii, latrati e rumori vari, anche se notturni, devono
disturbare un numero rilevante di persone, non solo chi ha presentato il ricorso al giudice; con una successiva decisione ( n° 36241
dell' 8 / 7 / 2004 ), pronunciata con riferimento ai latrati di cani, la stessa corte di cassazione ha però stabilito che ciò che rileva ai fini
del reato non è il disturbo effettivo a una pluralità di persone ma la potenzialità diffusiva della fonte rumorosa, al di là, quindi, del
numero di persone che risultino concretamente disturbate dai rumori molesti Divieti. Non si possono tenere in casa animali di cui la
normativa non consente il possesso. La Legge 7 / 2 / 1992, n° 150, più volte modificata, vieta la detenzione degli esemplari di
mammiferi e rettili selvatici o provenienti da riproduzioni in cattività che, in particolari condizioni ambientali o comportamentali,
possono avere effetti mortali o invalidanti per l' uomo. Vietati anche gli animali che, che non sottoposti a controlli sanitari o a
trattamenti di prevenzione, possono trasmettere malattie infettive all' uomo. Fra questi, elencati nel decreto del ministero per l'
ambiente 19 / 4 / 1996, modificato con D.M. 26 / 4 / 2001, rientrano scimmie, topi, leoni, tigri, pantere, vipere Randagi. Il Tribunale
di Milano ( Sentenza n° 23693 del 30 / 9 / 2009 ) ha considerato legittima l' occupazione, da parte di 2 condomini, di uno
spazio comune mediante l' installazione di piccole costruzioni per i gatti randagi ( rifugi ) del tutto temporanee.
ANTENNA
Televisiva-Autonoma. In mancanza di disposizione contraria del regolamento ( che deve però essere contrattuale,
altrimenti la relativa clausola è nulla, Corte di Cassazione 3 / 8 / 1990, n° 7825 ), il condomino - ma lo stesso diritto è
riconosciuto all' eventuale conduttore - può installare l' antenna televisiva sul lastrico solare, sul tetto e sulle parti di
esclusiva proprietà. Stesso discorso per un' antenna radiofonica ( Tribunale Latina 16 / 11 / 1992 ) o per uso imprenditoriale (
Tribunale Roma 9 / 6 / 1986 ). Le dimensioni dell' impianto non devono però essere tali da impedire agli altri condomini di fare pari
uso della parte comune di edificio sulla quale avviene l' installazione. Inoltre l' antenna non dev' essere collocata in punti tali da
alterare il decoro architettonico dell' edificio. Per il giudice di pace di Grossetto ( Sentenza n. 1038 del 16 / 8 / 2011 ) le antenne
televisive installate sui tetti, le parabole satellitari sporgenti dal muro e gli impianti di climatizzazione, sempre più numerosi, non
vengono più percepiti come causa di deturbazione dell' estetica delle abitazioni e, più in generale, dall' ambiente. Se poi si rendono
necessarie modifiche delle parti comuni, l' interessato ne deve dare comunicazione all' amministratore, indicando il contenuto
specifico e le modalità di esecuzione degli interventi; l' assemblea, infatti, può prescrivere, con il voto favorevole della maggioranza
degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 667 / 1.000, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a
salvaguardia della stabilità, della sicurezza e del decoro architettonico dell' edificio ( terzo comma articolo 1122-bis codice civile ). A
riguardo il Tribunale di Varese ( sentenza del 25 / 2 / 2011 ) ha stabilito che l' assemblea può imporre ai condomini i criteri in base ai
quali installare un' antenna parabolica: per esempio: al contro della porzione di tetto di pertinenza o sul proprio balcone ma ad
almeno 1 metro dal confine ( Tribunale di Varese 25 / 2 / 2011 ). L' assemblea può, con la stessa maggioranza, imporre
all' interessato la prestazione di idonea garanzia per eventuali danni. attenzione: alcuni Comuni hanno deliberato la rimozione delle
antenne paraboliche installate sui balconi. L' assemblea non può deliberare la rimozione dell' antenna parabolica installata da un
condomino sul lastrico solare di proprietà comune. Una delibera del genere sarebbe nulla perché in contrasto con la normativa che,
fondata sul principio costituzionale della liberà d' informazione, accorda al condomini la facoltà d' installare l' antenna sul lastrico
comune, con il solo limite che essa non arrechi pregiudizio all' uso del bene da parte degli altri condomini, nè produca un qualsiasi,
apprezzabile danno alle parti comuni ( App. Perugia 1 / 7 / 2004 ). La vendita dell' appartamento non obbliga il condominio a
rimuovere l' antenna, se questa verrà utilizzata dall' acquirente. L' antenna televisiva autonoma può essere installata anche sul
lastrico solare adibito all' uso esclusivo di un altro condomino, in base all' articolo 1 della L. 6/5/1940, n° 554, dettata per le antenne
radiofoniche ( " aerei " secondo la denominazione tecnica ) ma esteso alla giurisprudenza delle antenne televisive. Premesso che
questa soluzione dev' essere adottata qualora non ve ne siano altre praticabili ( ed è comunque subordinata alla condizione che il
condominio non disponga di uno spazio proprio al quale alloggiare l' impianto, Corte di Cassazione 6 / 5 / 2005, n° 9393 ), l' antenna
dev' essere collocata in modo da non impedire il libero uso del lastrico, secondo la sua destinazione, da parte del proprietario
esclusivo, e il proprietario di essa è tenuto a farsi carico della spesa corrente al ripristino dei luoghi una volta avvenuta
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l' installazione; egli è inoltre tenuto a risarcire gli eventuali danni prodotti dalla presenza dell' antenna. Il proprietario del lastrico può
fare qualunque lavoro o innovazione, ancorché comporti la rimozione o il diverso collocamento dell' antenna. Nel qual caso deve
preavvertire il proprietario di questa, il quale è tenuto ad eseguire dette operazione a propria cura e spese, senza diritto ad alcuna
indennità. Il Tribunale di Terni ( sentenza del 19 / 1 / 1988 ) ha ordinato la rimozione dell' antenna posta da un condomino sul
terrazzo di un altro condomino, poiché il proprietario dell' antenna, per accedervi ai fini della manutenzione, doveva attraversare
diverse stanze dell' appartamento di proprietà dell' altro condomino, violandone con ciò la privacy; inoltre il ruotare dell' antenna e il
suo ingombro limitavano l' uso del terrazzo da parte del proprietario di questo e davano luogo a disturbi e interferenze al televisore,
al telefono e all' impianto stereo. Adeguamento: l' assemblea, ai fini dell' adeguamento degli impianti non centralizzati esistenti alla
data di entrata in vigore della riforma, adotta le necessarie prescrizioni con le maggioranze di cui al primo, secondo e terzo comma
dell' articolo 1136 codice civile ( articolo 155-bis disp. att. codice civile ). Installazione sul lastrico solare: il lastrico solare, anche se
di uso esclusivo può essere utilizzato per l' installazione di antenne da parte degli altri condomini. Questa soluzione è praticabile a
condizione che il condomino non disponga di uno spazio proprio nel quale alloggiare l' impianto ( Corte di Cassazione 6 / 5 / 2005,
n° 9393 ). L' antenna dev' essere collocata in modo da non impedire il libero uso del lastrico, secondo la sua destinazione da parte
del proprietario esclusivo, e il proprietario di essa è tenuto a contribuire alla spesa occorrente al ripristino dei luoghi una volta
avvenuta l' installazione; egli è inoltre obbligato a risarcire gli eventuali danni prodotti dalla presenza dell' impianto. Se poi si rendono
necessari dei lavori che comportano lo spostamento dell' antenna, le spese richieste dalla rimozione e dal ricollocamento
dell' impianto sono a carico del proprietario di questo. La Corte D' appello di Milano ( sentenza 30 / 6 / 1995 ) ha stabilito che si è
tenuti a consentire il passaggio, attraverso il proprio appartamento, del personale incaricato di collocare o riparare cavi e antenne
situati sul tetto o sul lastrico solare, sempre che l' intervento non sia altrimenti possibile ancorché più costoso. L' obbligo di
consentire il passaggio fa carico anche al conduttore ( Tribunale di Roma 18 / 10 / 1964 ). Centralizzata: l' installazione di un'
antenna televisiva condominiale va fatta nel rispetto della normativa contenuta nel decreto del Ministero delle comunicazioni 11 / 11 /
2005. Gli impianti centralizzati già installati sono adeguati sulla suddetta normativa in occasione del primo intervento di
manutenzione straordinaria. L' articolo 2-bis del decreto legge n° 5 del 23 / 1 / 2001, convertito dalla Legge 20 / 3 / 2001, n° 66, e
successive modificazioni, stabilisce che, allo scopo di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da
satellite, la delibera per l' introduzione di un' antenna parabolica condominiale può essere adottata con il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. Stessa maggioranza per trasformare un
impianto centralizzato tradizionale in impianto centralizzato satellitare. La maggioranza occorrente alla costituzione dell' assemblea e
alla validità della delibera deve essere calcolata escludendo i condomini ( e relativi millesimi ) proprietari di solo garage, estranei in
quanto tali alla fruizione dell' antenna e alla relativa spesa. il Giudice di pace di Monza ha stabilito ( sentenza del 15 / 3 / 2005 ) che
l' installazione di un' antenna satellitare centralizzata non costituisce innovazione voluttuaria ma necessaria; di conseguenza non è
soggetta al regine di esonero dalla spesa previsto dall' articolo 1121 codice civile in favore di condomini che non intendano trarne
vantaggio. Se però l' assemblea dovesse propendere per un modello particolarmente costoso e quindi per una spesa, alla luce
dell' articolo 1121 codice civile, " molto gravosa " in rapporto alle particolari condizioni e all' importanza dell' edificio, i condomini che
non intendano avvalersene sono esonerati dal contribuire all' esborso ( che sarà quindi a totale carico degli altri ): salva, però, la
possibilità di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell' innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e manutenzione
opportunamente rivalutate. Negli immobili di nuova costruzione e in quelli che hanno subito una ristrutturazione generale devono
obbligatoriamente essere installate antenne centralizzate ( Legge 31 / 7 / 1997, n° 249 ). L' iniziativa finalizzata all' installazione
dell' antenna centralizzata può essere assunta anche da un solo condomino, con richiesta, contente l' indicazione del contenuto
specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti, da presentare all' amministratore. Questi deve, entro 30 giorni,
convocare l' assemblea, che delibera con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno
500/1.000. L' assemblea può decidere, a maggioranza, di rimuovere l' antenna televisiva centralizzata, a condizione di non incidere
sulle parti d' impianto di proprietà individuale ( Corte di Cassazione 11 / 1 / 2012, n° 144 ).
RIEPILOGOGANDO: L' ANTENNACENTRALIZZATA
Installazione ex novo antenna parabolica o tradizionale: consenso della maggioranza degli intervenuti all' assemblea e almeno
500/1.000. Modifica da tradizionale a satellitare: stessa maggioranza di cui sopra. Ripartizione spese: in base ai millesimi, salvo
diverso accordo. Installazione antenne telefoni cellulari: ci vuole l' unanimità. Norme: articolo 1120 - 1122-bis e 1136 - codice
civile, articolo 2-bis Legge n° 66 / 2001. Spesa. La spesa per l' installazione dell' impianto satellitare, come per quello centralizzato
tradizionale, viene suddivisa in base ai millesimi di proprietà, ma l' assemblea può, a maggioranza, deliberare di dividerla in parti
uguali, trattandosi di apparecchiatura destinata a servire i condomini in uguale misura ( Corte di Cassazione 2 / 8 / 1969, n° 2916 ).
Eventualmente si potrà fare un calcolo a parte per le prese da installare in ogni appartamento, in modo che ciascun proprietario
possa metterne quante ne vuole, collocandosi la relativa spesa. Lo stesso dicasi della spesa richiesta dall' eventuale riparazione
dell' impianto. Radioamatore. Il condomino radioamatore può installare sul lastrico solare o sul tetto condominiale un' antenna
ricetrasmittente. deve però essere munito di autorizzazione amministrativa e l' installazione non deve arrecare danni al tetto o al
lastrico, o impedire agli altri condomini di fare pari uso di questa parte comune dell' edificio ( Corte di Cassazione 16 / 12 / 1983, n°
1983 ). Se poi si rendono necessarie modifiche delle parti comuni, l' iter è lo stesso previsto per l' installazione di
un' antenna >> Televisiva, Autonoma ). Ripetitore per telefonia satellitare. Visto il grande successo ottenuto dalla telefonia
cellulare e la seguente diffusione degli appositi ripetitori sulle coperture degli edifici, sono numerosi i condomini alle prese con
questo problema. Poiché l' installazione dell' impianto configura l' imposizione di una servitù sull' edificio condominiale in cambio di
un canone, la delibera va approvata all' unanimità ( Corte di Cassazione 18 / 4 / 2002, n° 5626 ). Tra condominio e azienda
telefonica dev' essere stipulato un contratto di locazione commerciale, regolato dall' articolo 27 e segg. della L. 27 / 7 / 1978, n° 392
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( Tribunale Castelvetrano 4 / 12 / 2003, n° 90 ). Meglio, prima di concedere l' autorizzazione, verificare che il ripetitore non
interferisca con le normali apparecchiature elettriche esistenti nel caseggiato ( televisori, impianti di allarme ) e, sopratutto, che le
onde prodotte non siano suscettibili di arrecare danni alla salute degli occupanti l' edificio. L' installazione può essere bloccata anche
con richiesta al giudice di provvedimento d' urgenza, stante la potenziale pericolosità delle emissioni elettroniche e il conseguente
deprezzamento dell' immobile ( Tribunale di Bologna 8 / 3 / 2005 ). Il Tribunale di Vicenza - Sezione distaccata di Schio ( sentenza
n° 694 del 3 / 8 / 2007 ) ha precisato che, se l' installazione è stata autorizzata con delibera assembleare non impugnata nei termini,
l' istanza di sospensione non può trovare accoglimento. L' iniziativa potrebbe essere contestata anche dai condomini degli edifici
limitrofi; infatti, se la prova in opera non è stata autorizzata dal Comune, dalla Provvidenza o dalla Regione ( a seconda della zona di
competenza ), o se le omissioni elettromagnetiche dovessero superare i limiti di legge, possono impedire l' installazione ( la
misurazione delle emissioni elettromagnetiche è affidata all' ARPA, Agenzia Regionale Protezione Ambiente ). Il singolo condomino
può installare sul tetto o sul lastrico solare un' antenna telefonica e relativi cablaggi, anche senza autorizzazione dell' assemblea.
Deve però trattarsi d' impianto di modeste dimensioni e quindi non lesivo del decoro architettonico, della stabilità e della destinazione
d' uso della parte comune sulla quale viene installato ( Tribunale di Verona 4 / 12 / 2000 ). Se poi si rendono necessarie
modifiche delle parti comuni, l' iter è lo stesso previsto per l' installazione di antenna > > Televisiva, Autonoma ).
APPALTO
Il condominio è solito ricorrere all' appalto per l' esecuzione di opere o la prestazione di servizi di una certa entità: si pensi al
rifacimento del tetto o della conduzione dell' impianto di ascensore. Per la gestione di servizi meno impegnativi quali la pulizia delle
scale, la manutenzione del giardino, invece, non è infrequente il ricorso al contratto d' opera. Capita spesso che perfino il servizio di
portineria venga dato in appalto. L' articolo 1655 definisce l' appalto come il " contratto con il quale una parte assume, con
organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un' opera o di un servizio verso un
corrispettivo in danaro ". Committente è il condominio attraverso l' amministratore, chiamato a firmare il contratto con la controparte,
l' appaltatore, che si obbliga ad eseguire l' opera o a fornire il servizio. Di solito la scelta dell' impresa che realizzerà i lavori compete
all' assemblea, sulla base delle proposte raccolte dall' amministratore o da singoli condomini. L' amministratore ha l' obbligo di
vigilare sulla buona riuscita dei lavori e sulla corretta esecuzione del contratto, anche nel caso in cui l' assemblea gli abbia affiancato
un direttore dei lavori. Se l' amministratore stipula un contratto d' appalto senza l' autorizzazione dell' assemblea o, comunque,
andando oltre ai suoi compiti, il contratto non produce effetti nei confronti del condominio e l' amministratore ne risponde in proprio
( Tribunale di Milano 9 / 6 / 2009, n° 7565 ). Danni e vizi. L' amministratore deve, a pena di decadenza, denunciare all' appaltatore
vizi e difformità dell' opera o del servizio entro 60 giorni dalla scoperta ( Articolo 1667 codice civile ), altrimenti è responsabile nei
confronti del condominio. Egli può agire autonomamente nei confronti dell' appaltatore se i vizi riguardano le parti comuni, ma per il
risarcimento del danno causato dalla non corretta esecuzione dei lavori può attivarsi anche un condomino ( Corte di Cassazione 17 /
1 / 2003, n° 631 ) se la cattiva esecuzione dei lavori ha causato danni ad un condomino, questi può agire soltanto nei confronti
dell' appaltatore, non essendo configurabile una responsabilità del condominio per il solo fatto di aver scelto un appaltatore anziché
un altro ( Corte di Cassazione 7 / 5 / 1988, n° 3395 ). Successivamente, però, la Suprema Corte ( sentenza n° 2363 del 17 / 2 /
2012 ) ha chiamato a rispondere del danno anche il condominio qualora abbia omesso la benché minima sorveglianza
dell' esecuzione dei lavori o sia ravvisabile a suo carico una culpa in ligendo < < colpa nella scelta > > nella designazione
dell' appaltatore. Sostituzione. Per deliberare l' eventuale sostituzione dell' appaltatore incaricato di eseguire un lavoro straordinario
di notevole entità sull' edificio condominiale è necessaria la stessa maggioranza prevista al quarto comma dell' art. 1136 codice civile
per deliberare l' effettuazione di questo lavoro; maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno
500/1.000, anche in seconda convocazione ( Corte di Cassazione 26 / 1 / 1982, n.° 517 ). Ritenuta d' acconto. La legge
finanziaria per il 2007 ha inserito il condominio fra i sostituti d' imposta; ha infatti istituito una ritenuta d' acconto del 10% sui
corrispettivi pagati dal condominio per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, con l' amministratore tenuto a
trattenere e a versare al Fisco il relativo importo ( >> Amministratore, Obblighi fiscali ).
ASCENSORE
Sotto il profilo della manutenzione e della sostituzione l' articolo 1124 codice civile assimila l' ascensore alla scale. Quanto all'
installazione, se questa è avvenuta in sede di costruzione dell' edificio, anche a coloro che di norma non se ne servono, come chi
abita al piano terra, a meno che dal regolamento non risulti il contrario. La presenza di un ascensore, infatti, aumenta il valore della
proprietà individuale, per cui il condominio non può sottrarsi dal contribuire alla spesa; questa possibilità, infatti, gli è preclusa dal
secondo comma dell' articolo 1118 codice civile, a meno che non intervenga un' autorizzazione da parte di tutti gli altri condomini;
autorizzazione che dev' essere rilasciata con atto pubblico debitamente trascritto presso l' Agenzia del territorio, se la si vuole
rendere opponibile agli eventuali terzi futuri acquirenti delle unità immobiliari ubicate nell' edificio. Quando, invece, l' ascensore viene
installato soltanto a cura e spese di uno o più condomini, quelli che non hanno aderito all' iniziativa sono esclusi dal servizio e dal
partecipare alla relativa spesa, anche se come vedremo sono ammessi a ripensarci ( > > A spese di uno o più condomini ).
Adeguamento. La spesa richiesta dall' adeguamento dell' impianto alla normativa dell' Unione Europea, essendo finalizzata alla
sicurezza e all' incolumità della vita umana, si riferisce alla proprietà dell' impianto e non dal suo uso. Di conseguenza dev' essere
ripartita fra tutti i condomini, anche quelli che abitano al piano terra, in base ai millesimi di proprietà ( Tribunale di Parma 29 / 9 /
1994 ). Lo stesso criterio dev' essere seguito per l' eventuale spesa di tinteggiatura dell' androne, se è conseguenza di adeguamento
dell' ascensore ( Giu.pa Benevento 12 / 11 / 1996 ). Chiave. L' amministratore non può munire l' ascensore di chiave senza
autorizzazione dell' assemblea ( Pretore di Busto Arsizio 6 / 2 / 1990 ). Le spese per l' introduzione della chiave vanno ripartite
secondo lo stesso criterio previsto per l' installazione dell' ascensore, vale a dire in base ai millesimi di proprietà, prescindendo
quindi dall' altezza dei piani dal suolo. Non è però da escludere il criterio di suddividere i costi in parti uguali, trattandosi di
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accessorio destinato a servire i condomini nella stessa misura. Il proprietario esclusivo dell' ultimo piano può sostituire a propria cura
e spese il corrispondente pulsante con la chiave, a patto che la copertura dell' edificio non sia costituita da un lastrico solare di uso
comune, e purché non vi siano soffitte di proprietà di altri condomini ( Corte di Cassazione 13 / 1 / 1971, n° 50 ). Danni. Il
condominio risponde, in quanto custode dell' impianto degli eventuali danni provocati dall' ascensore ( per esempio: a chi, entrando
nella cabina, sia caduto a causa di un dislivello di 16 centimetri esistenti tra il pavimento del piano e quello della cabina, dislivello
non visibile dall' esterno e non segnalato, Tribunale di Milano in data 7 / 4 / 2004 ), a meno che non si riesca a provare il caso
fortuito, la colpa del danneggiato o l' intervento doloso da parte di terzi. Il condominio può a sua volta, ricorrendone i presupposti,
rivalersi nei confronti dell' appaltatore del servizio di manutenzione ( Corte di Cassazione del 27 / 7 / 1979, n° 4385 ). Lo stesso
dicasi per i danni provocati ad un utente dalla prolungata discesa libera della cabina dovuta all' omessa riparazione del sistema
frenata da parte dell' impresa addetta alla manutenzione dell' impianto ( Tribunale di Terni 3 / 7 / 1997 ). Divieti. L' ascensore non
può essere usato dai minori di 12 anni che non siano accompagnati da persone di età più elevata. Inoltre è vietato l' uso degli
ascensori a cabile multiple a moto continuo a ciechi, alle persone con abolita o diminuita funzionalità degli arti e ai minori di 12 anni,
anche se accompagnati. In ascensore non si può fumare ( > > Animali ). Gettonieria. Per scoraggiare l' uso dell' ascensore da parte
di estranei ( sopratutto negli edifici che ospitano studi professionali, uffici o simili ), e per acquisire al condominio un' entrata
destinata a coprire una parte delle spese di manutenzione, l' assemblea può, con il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000, deliberare l' introduzione della gettoniera. Quanto alla suddivisione della
relativa spesa, la Corte d' Appello di Napoli ( sentenza del 17 / 7 / 1968 ) ha considerato legittima la ripartizione in base ai millesimi
di proprietà, nonostante il regolamento prevedesse una ripartizione dei costi di esercizio dell' impianto proporzionata all' altezza di
ciascun piano dal suolo. La stessa maggioranza può decidere l' aumento del prezzo della corsa. Circa la ripartizione dei proventi, la
sentenza sopra richiamata ha considerato legittima la suddivisione in base ai millesimi di proprietà. Installazione. L' installazione
dell' ascensore, configurando un' innovazione diretta al superamento delle barrire architettoniche, può essere deliberata, come
previsto dal secondo comma dell' articolo 2 della Legge 9 / 1 / 1989, n° 13, con il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. Se l' edificio è dotato di più scale e l' installazione dell'
ascensore riguarda una soltanto di esse, la maggioranza in assemblea dev' essere calcolata considerando i soli proprietari delle
unità immobiliari interessate all' innovazione ( Tribunale di Milano in data 12 / 4 / 1990 ). L' installazione non è consentita se
comporta alterazione del decoro architettonico dell' edificio o un sensibile deprezzamento dell' unità immobiliare anche di un solo
condomino; in tali ipotesi, quindi, non è sufficiente la maggioranza di cui sopra, ma è necessaria l' unanimità ( Corte di Cassazione
del 25 / 6 / 1994, n° 6109 ). Se però l' installazione avviene per favorire un disabile o un anziano, è consentita ancorché comporti
alterazioni del decoro architettonico dell' edificio ( Corte di Cassazione 25 / 10 / 2012, n° 18334 ). Installazione vietata, invece, se
comporta un pregiudizio intollerabile o un danno apprezzabile anche a un solo condominio ( Tribunale di Napoli 16 / 11 / 1991 ). In
caso di restringimento di un passaggio condominiale, il Tribunale di Milano, che in un primo momento ( sentenza del 9 / 9 / 1991 )
aveva considerato legittima
l' installazione dell' ascensore, pronunciandosi a distanza di pochi giorni ( sentenza del 23 / 9 / 1991 ) su di un caso analogo l' ha
vietata perché comportava una riduzione del piano di calpestio dei vari piani e quindi in contrasto con il quarto comma dell' articolo
1120 codice civile Il Tribunale d' Imperia, a sua volta ( sentenza dell’ 11 / 12 / 2001 ), ha stabilito che l' installazione dell' ascensore a
cura e spese di alcuni condomini, ove comporti la riduzione della larghezza della rampa delle scale ( nel caso di specie 85
centimetri ), alterandone il decoro architettonico e la fruibilità, dev' essere approvata dalla maggioranza dei partecipanti al
condominio in rappresentanza di almeno 667 / 1.000. Per la Corte di Cassazione ( sentenza n° 15308 del 12 / 7 / 2011 ) non ci si
può opporre all' installazione dell' ascensore se comporta un restringimento del pianerottolo, poiché questo tipo d' intervento
comporta un semplice disagio rispetto alla normale fruibilità del pianerottolo e non la sua inservibilità. Se invece l' installazione
comporta la violazione dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva, la relativa delibera è nulla e quindi
impugnabile senza limiti di tempo ( Corte di Cassazione 2 / 7 / 2012, n° 12930 ). Nell' effettuare lavori non trova applicazione la
normativa sulle distanze legali fra il costruendo ascensore e la proprietà esclusiva dei singoli condomini, trattandosi d' impianto
indispensabile ai fini
dell' abilità e in sintonia con l' evoluzione delle esigenze dei cittadini ( Tribunale di Napoli 16 / 11 / 1991 ): criterio questo, ribadito
dalla Corte di Cassazione con sentenza n° 14096 del 3 / 8 / 2012; la riduzione degli spazi comuni e la violazione delle distanze deve
però essere mantenuta entro limiti ragionevoli, in relazione ai singoli casi. Per escludere un piano del servizio di ascensore è
necessaria l' unanimità dei condomini. A spese di uno o più condomini. L' ascensore può anche essere installato a cura e spese
di un solo condomino o di un numero limitato di condomini ( Corte di Cassazione 10 / 4 / 1999, n° 3508 ). I condomini che non
aderiscono all' iniziativa, per parte loro, possono ( III° comma, articolo 1121, codice civile ) partecipare in qualsiasi tempo ai
vantaggi che essa comporta, contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione opportunamente rivalutate per tener conto
del tempo trascorso dall' installazione al momento in cui si opta per l' utilizzo dell' impianto ( Corte di cassazione 11 / 2 / 2000, n°
1529 ). In questi casi, se l' installazione avviene a cura e a spese di un portatore di handicap non occorre autorizzazione
dell' assemblea ( Tribunale di Milano 11 / 5 / 1989 ), consigliabile però acquisire l' autorizzazione di tutti gli altri condomini, per
evitare possibili azioni legali sotto il profilo dell' alterazione del decoro architettonico dell' edificio o della sottrazione di aria e luce ad
alcuni appartamenti. In particolare, è opportuno formalizzare con atto notarile e successiva trascrizione presso l' Agenzia del
territorio l' autorizzazione dei condomini in ordine ai quali l' innovazione comporta il mancato rispetto della distanza legale dalle
rispettive unità immobiliari, in modo da renderla opinabile a eredi e acquirenti. Chi è contrario all' installazione non può obbiettare
che l' impianto sottrae all' utilizzazione una parte comune dell' edificio ( per esempio la tromba delle scale ), se risulta ( come in
effetti è lecito presumere si verifichi ) che all' originaria possibilità di godimento della cosa comune ne è stata sostituita un' altra
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migliore, anche se di diverso contenuto ( Corte di Cassazione 20 / 4 / 1994, n° 4152 ). Successivamente la stessa Corte di
Cassazione ( Sentenza n° 9033 del 4 / 7 / 2001 ) ha stabilito che non è necessario che da questo tipo d’ innovazione debba derivare
un vantaggio compensativo per il condomino dissenziente. Installazione esterna. Un condominio può chiedere all' assemblea di
essere autorizzato ad installare un ascensore esterno. In mancanza di prova di qualità del disabile è necessario il voto
favorevole della maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno 667 / 1000, non rientrando tale
installazione nella previsione dell' articolo 1102 codice civile; si tratta invece d' innovazione ai sensi del primo comma
dell' articolo 1120 codice civile ( App. Perugia 29 / 2 / 2000 ). E' comunque opportuno acquisire il consenso di tutti i
condomini, ad evitare possibili contestazioni sotto il profilo dell' alterazione del decoro architettonico dell' edificio.
RIPILOGANDO: L' ASCENSORE
Installazione. Maggioranza degli intervenuti all' assemblea e almeno 500 / 1.000. Anche a spese di uno o più condomini, con gli altri
che possono aderire successivamente pagando la propria quota rivalutata. Spese. Quelle dell' installazione vanno ripartite in base ai
millesimi di proprietà, quelle di esercizio per metà in base ai millesimi e per l' altra metà in base all' altezza di ciascun piano dal
suolo. Divieti. Minori di anni 12 non accompagnati e fumo. Uso intensivo. Ininfluente salvo diverso accordo. Piano terra. Esonero
dalle spese richieste dal normale logorio dell' impianto. Trasporto materiali. Purché non danneggi l' impianto e non ne impedisca
l' uso da parte degli altri condomini. Gettoniera. Maggioranza degli intervenuti all' assemblea e almeno 500 / 1.000. Norme. Articolo
1120 e 1136 codice civile, articolo 2 Legge n° 13 / 1989.
NEGOZI
I proprietari di negozi, se, per come è strutturato l' edificio, non hanno l' accesso all' ascensore, sono esclusi dal contribuire alla
spesa ( Corte di Cassazione 29 / 4 / 1992, n° 5179 ). Se però si tratta di proprietari di negozi siti al piano delle singole unità
immobiliari, l' ascensore deve considerarsi di proprietà comune, perché occorre far riferimento non all' utilizzo effettivo ma a quello
potenziale ( App. Bologna 1 / 4 / 1989 ): sopratutto se l' edificio è dotato di lastrico solare condominiale. Piano terra. Uno dei
problemi più spinosi è il tipo di contributo da porre a carico dei condomini che abitano al piano terra. Sul punto la giurisprudenza ha
seguito finora diversi orientamenti. il Tribunale di Milano ( sentenza del 16 / 3 / 1989 ) ha considerato l' ascensore parte comune
dell' edificio anche per i proprietari delle unità immobiliari site al piano terra, poiché essi possono trarre utilità dall' impianto, idoneo a
valorizzare l' intero immobile e a permettere di raggiungere più comodamente parti superiori che siano comuni a tutti ( ciò
indipendentemente dal fatto che chi abita a piano terra sia solito recarsi o meno, per esempio, sul lastrico solare condominiale o a
far visita ai condomini degli altri piani ). Il Tribunale di Parma, invece, con sentenza del 29 / 9 / 1994 ha escluso che i proprietari degli
appartamenti ubicati a piano terra debbano concorrere alle spese di ordinaria manutenzione, mentre devono partecipare a quelle
riguardanti gli interventi di adeguamento dell' impianto alla normativa dell' unione Europea. C' è poi un terzo orientamento, il
Tribunale di Monza ( sentenza del 12 / 11 / 1985 ), ha posto a carico dei proprietari delle unità immobiliari situate al piano terra, o
aventi accesso separato mediante scala di proprietà esclusiva, le spese di manutenzione e sostituzione delle scale e dell'
ascensore, limitatamente a quella parte di oneri che viene suddivisa, ai sensi dell' articolo 1124 codice civile, in base al valore del
piano o della porzione di piano, esonerandoli dalla quota di spesa riconducibile alla distanza del piano dal suolo. Il Tribunale di
Genova ( sentenza del 2 / 5 / 2003 ) ha stabilito che, in assenza di prova circa l' esistenza di un regolamento contrattuale che
stabilisca criteri derogatori, deve applicarsi il criterio legale secondo cui anche i proprietari di unità immobiliari poste al piano terra,
essendo comunque comproprietari dell' impianto sono tenuti a contribuire alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e a
quelle di ricostruzione, mentre sono esonerati dal contribuire alle spese di esercizio e di pulizia. La Corte di Cassazione, infine
( sentenza n° 15638 del 18 / 9 / 2912 ), ha esonerato i proprietari delle unità immobiliari ubicate al piano terra dal contribuire alle
spese necessarie a sopperire al normale logorio della macchina. Prosecuzione della corda. Se l' assemblea approva i lavori
occorrenti alla prosecuzione della corda dell' ascensore ( per esempio: fino alle cantine ), i condomini dissenzienti che non
intendono a partecipare a relativi vantaggi, dimostrando che l' innovazione comporta una spesa molto gravosa rispetto alle particolari
condizioni e all' importanza dell' edificio, sono esonerati dal contibuirvi. In caso contrario la spesa va suddivisa ( Corte di Cassazione
del 16 / 5 / 1991, n° 5479 ) in proporzione ai millesimi di proprietà, trattandosi di nuovo impianto, sia pure parziale. Le successive
spese di manutenzione e ricostruzione, invece andranno ripartite, in mancanza di diverso criterio adottato all' unanimità, per metà in
ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l' altra metà in proporzione all' altezza di ciascun piano dal suolo, il
condomino che intende farsi esclusivo carico della spesa può introdurre il prolungamento della corsa nel rispetto delle condizioni
dell' art. 1102 codice civile: non alterare la destinazione della corsa comune e non impedire agli altri condomini di farne parimenti
uso secondo il loro diritto. In tal caso non occorre autorizzazione dell' assemblea ( Corte di Cassazione 27 / 12 / 2004, n° 24006 ),
ma è preferibile acquisirla per evitare possibili contestazioni. Ripristino. Può accadere che si ponga il problema di ripristinare un
ascensore fuori uso da anni. Il Tribunale di Milano ( sentenza del 14 / 7 / 1992 ) non ha considerato innovazione il ripristino di un
ascensore di servizio. A maggior ragione, quindi, la regola vale per l' impianto principale, come stabilito dalla Corte di Cassazione
con sentenza n° 3513 del 25 / 10 / 1969. La relativa delibera, pertanto, può essere adottata con il voto favorevole della maggioranza
degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1000. Rumori. Se l' ascensore è troppo rumoroso e si supera
quindi la soglia della " normale tollerabilità " ( > > Immissioni ), il condominio, previa perizia fonometrica eseguita dall' Azienda
sanitaria locale o da un laboratorio specializzato, può essere obbligato ad effettuare gli interventi tecnici necessari al rientro nella
norma. La relativa spesa va suddivisa, salvo diverso accordo al quale abbiamo aderito tutti i condomini, per metà in ragione del
valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l' altra metà in proporzione all' altezza di ciascun piano dal suolo. Se il condominio,
pur sollecitato ad intervenie, non provvede, si può chiedere al giudice anche il risarcimento del danno. Soffitte e seminterrati.
Anche se l' ascensore non raggiunge il piano soffitte, i proprietari sono ugualmente tenuti a concorrere alla parte di spesa rapportata
ai millesimi, mentre per quanto riguarda l' altezza si considera l' ultimo piano servito dall' impianto. Stesso criterio per le mansarde.
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Per i seminterrati serviti dall' ascensore si considerano sia l' altezza del piano che i millesimi. Sostituzione. La sostituzione di un
ascensore usurato e non più agibile con un altro, anche se di diverso tipo, non è considerata innovazione se il vano che ospita la
macchina non subisce variazioni sostanziali; di conseguenza può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. Se, invece, le modifiche sono tali da comportare un
sostanziale mutamento del servizio e della destinazione di parti comuni dell' edificio, è legittimo parlare di innovazione ( Corte di
Cassazione 16 / 7 / 1981, n° 4646 ); di conseguenza la relativa delibera dev' essere approvata con il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno 667 / 1.000. E' stata considerata innovazione, per
esempio, la sostituzione di tutti gli ascensori di un edificio, mentre non è stata ritenuta gravosa o voluttuaria la sostituzione della
cabina con un' altra dello stesso tipo ma più funzionale, dato che la riparazione sul vecchio impianto sarebbe stata antieconomica
( Corte di Cassazione 11 / 1 / 1968, n° 62 ). E' più di recente la Suprema Corte ( sentenza n° 26168 del 14 / 12 / 2009 ) ha
considerato la sostituzione dell' ascensore spesa straordinaria di notevole entità, la cui approvazione richiede il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000, sia in prima che in seconda
convocazione. Spese. < < D' installazione > >: la spesa richiesta d' installazione dell' ascensore in un edificio che ne sia
sprovvisto va suddivisa in proporzione al valore della proprietà di ciascun condomino, prescindendo dall' altezza dei piani dal suolo
( Corte di Cassazione 25 / 3 / 2004, n° 5975 ). Naturalmente i condomini possono optare, ma soltanto all' unanimità, per l' adozione
di un diverso criterio. Di manutenzione. Le spese di manutenzione e sostituzione dell' impianto vanno ripartite per la metà in
ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l' altra metà in proporzione all' altezza di ciascun piano dal suolo. Ai fini
del concorso nella metà della spesa, ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o
camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune ( > > Scale ). Questo criterio vale per tutte le spese: per
esempio, forza motrice, verifiche periodiche, sostituzione delle funi, del motore o dell' argano ( Tribunale di Bologna 1 / 4 / 1989 ). Se
però la sostituzione di parti dell' impianto non dipende dall' usura ma dalla volontà di migliorare il funzionamento, la spesa va
suddivisa soltanto in base ai millesimi di proprietà ( Tribunale di Bologna 27 / 2 / 2003 ) ha bocciato il criterio di ripartire le spese
d' esercizio alla diversa consistenza dei nuclei famigliari, poiché non è detto che una famiglia, per il fatto di essere più numerosa di
un' altra, faccia necessariamente un maggior uso dell' ascensore. Ai sensi del terzo comma dell' articolo 1123 Codice Civile, le
spese dell' ascensore gravano sui soli condomini che ne traggono utilità. Pertanto, se una scala, a differenza delle altre, è dotata di
due ascensori anziché uno, la maggior spesa fa carico esclusivamente ai proprietari delle unità immobiliari che vi affacciano. Tabella
millesimale. L' installazione dell' ascensore non richiede necessariamente la messa a punto di apposita tabella millesimale; infatti se
i condomini non si accordano all' unanimità sull'adozione di un diverso criterio di ripartizione della spessa, si applica quello previsto
dall' articolo 1124 codice civile ( > > spese, di manutenzione ). Se invece si opta per la formazione di apposita tabella millesimale,
questa dev' essere predisposta da un tecnico incaricato dall' assemblea e da questa approvata altrimenti se ne deve chiedere la
messa a punto al giudice che ne affiderà la stesura ad un consulente tecnico. Trasporto materiali. Dovendo effettuare dei lavori nel
proprio appartamento l' ascensore può essere usato per il trasporto dei relativi materiali, a meno che un divieto in tal senso non sia
contenuto nel regolamento, oppure non sia accertato che questo tipo di utilizzo, per la natura dei materiali trasportati e per la
frequenza che ne viene fatta, non sia tale da compromettere la conservazione dell' impianto o da ostacolare l' uso da parte di altri
condomini ( Corte di Cassazione 6 / 4 / 1982, n° 2117 ). Uso intensivo. L' uso intensivo dell' ascensore, dovuto alla particolare
destinazione di alcune unità immobiliari ( per empio ufficio, studio professionale ), è del tutto ininfluente ai fini della contribuzione alle
spese di manutenzione e sostituzione, come ininfluente è il fatto di tenere l' unità immobiliare disabitata. Nulla vieta che i condomini
possano, ma soltanto all' unanimità, accordarsi per un diverso criterio di ripartizione della spesa.
ASSEMBLEA
L' assemblea è l' organo sovrano della vita condominiale: come un piccolo Parlamento, ha poteri normativi ( per esempio quando
approva il regolamento ), ma anche amministrativi, di controllo e organizzativi della vita comune. E' un organo di democrazia diretta:
la volontà espressa della maggioranza, infatti, ha poteri vincolanti anche per i condomini dissenzienti o per quelli che non hanno
partecipato alla seduta. Questo, ovviamente, se sono state rispettate le maggioranze previste e se le decisioni adottate non
infrangono le norme di legge o del regolamento condominiale. Il potere dell' assemblea non è assoluto, ma è circoscritto all' uso e al
godimento delle parti e dei servizi comuni. I compiti dell' assemblea sono molteplici e coinvolgono l' intera vita condominiale. ecco,
comunque, quelli principali:
1 > approvare il preventivo delle spese e la relativa ripartizione tra i condomini;
2 > approvare il preventivo delle spese e la relativa ripartizione tra i condomini;
3 > approva il rendiconto annuale dell’ amministratore e decidere sull' impiego dell' eventuale residuo attivo della gestione;
4 > decidere in merito alle opere straordinarie e alle innovazioni accantonando un fondo speciale pari all' importo dei
lavori;
5 > decidere se avviare una lite giudiziaria o resistere ad una causa intentata contro il condominio. l' assemblea può
autorizzare l' amministratore a partecipare e collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle
Istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, anche mediante opere di risanamento di parti comuni degli immobili
nonché di demolizione, ricostruzione e messa in sicurezza statica, al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio
esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condomino è ubicato.
L' assemblea può, limitatamente ad alcuni aspetti, delegare i propri poteri ad un gruppo ristretto di condomini ( Corte di
Cassazione 6 / 3 / 2007, n° 5130 ). All' assemblea si può partecipare personalmente o per > > Delega.
RIEPILOGANDIO: L' ASSEMBLEA
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Convocazione. Di norma spetta all' amministratore ma può essere chiesta anche da almeno due condomini in rappresentanza
di un sesto del valore dell' edificio ( 166,66 / 1.000 ). Quando va convocata. Almeno una volta all' anno, entro 2/3 mesi dalla
chiusure dell' esercizio, per l' approvazione del rendiconto e del bilancio preventivo. Modalità di convocazione. Sia a mezzo
raccomandata che per posta elettronica certificata, fax o consegna a mano. L' avviso deve arrivare al condomino con un
anticipo di almeno 5 giorni. L' avviso. Deve contenere il luogo, la data e l' ora della prima e della seconda convocazione.
Indispensabile l' elenco di tutti i punti all' ordine del giorno. Prima e seconda convocazione. Tra le due date ci deve essere almeno
un giorno d' intervallo. La seconda convocazione deve tenersi entro 10 giorni dalla prima. Maggioranza per la regolare
costituzione. In prima convocazione dev' essere presente la maggioranza dei partecipanti al condominio, in rappresentanza di due
terzi del valore dell' edificio ( 667 / 1.000 ) in seconda convocazione dev' essere presente un terzo dei partecipanti al condominio, in
rappresentanza di almeno un terzo del valore dell' edificio ( 334 / 1.000 ). Maggioranze per deliberare. In prima convocazione la
delibera è valida se approvata alla maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza di almeno la metà del valore
dell' edificio ( 500 / 1.000 ). In seconda convocazione è sufficiente la maggioranza degli intervenuti all' assemblea, in rappresentanza
di almeno un terzo del valore dell' edificio ( 334 / 1.000 ). Norme. Articoli 1105, 1109, 1120, 1135, e 1136 codice civile, articoli 66, 67
e 155-bis disp. att. codice civile. Convocazione. la legge non stabilisce una scadenza precisa; è però buona norma stabilire, magari
approvando una specifica delibera, che l' assemblea venga convocata almeno una volta all' anno entro 2/3 mesi dalla chiusura
dell' esercizio. L' assemblea può essere convocata anche se non sono state ancora predisposte le tabelle millesimali, dal momento
che il rapporto tra il valore della proprietà singola e quello dell' intero edificio esiste prima e indipendentemente dalla formazione
delle tabelle millesimali; di conseguenza è possibile stabilire in un eventuale giudizio, sia pure a posteriori, se in assemblea erano
state raggiunte le richieste maggioranze ( Corte di Cassazione 25 / 1 / 1990, n° 431 ). Alla convocazione deve provvedere
l' amministratore ( ancorché dimissionario ), di sua iniziativa. Le assemblee condominiali devono essere convocate in giorni non
festivi, tenendo conto solo del calendario civile, senza che possano essere prese in considerazione altre festività legate ai diversi
credi religiosi, qual è per esempio la Pasqua ebraica ( Tribunale di Roma 12 / 5 / 2009, n° 10229 ). In via straordinaria l' assemblea
può essere convocata, sempre dall' amministratore, su specifica richiesta di almeno 2 condomini in rappresentanza di almeno un
sesto del valore dell' edificio ( 167,66 / 1.000 ). Decorsi inutilmente 10 giorni dalla richiesta, senza che l' amministratore abbia
provveduto, i richiedenti possono provvedere direttamente alla convocazione. Se non vi sono almeno 2 condomini intenzionati a
chiedere la convocazione, il condomino che intenda attivarsi può ricorrere al giudice, che adotta in camera di consiglio gli opportuni
provvedimenti, se del caso nominando un amministratore o imponendo la convocazione dell' assemblea fissandone l' ordine del
giorno ( Tribunale di Modena 24 / 2 / 2009 ). Se poi, nonostante la convocazione cosi disposta, l' assemblea non riesce a deliberare
o la delibera resta ineseguita, il condomino può ricorrere al giudice per ottenere un provvedimento che ordini l' esecuzione di quanto
deliberato. Nei condomini sprovvisti di amministratore la convocazione può avvenire - si tratti di assemblea ordinaria o straordinaria su iniziativa di ciascun condomino o di un suo rappresentante munito di procura notarile, i cui estremi è bene specificare nell' avviso
di convocazione. L'assemblea dev' essere preceduta dall' invio, agli aventi diritto a parteciparvi, di un >> avviso di convocazione, che
deve essere recapitato almeno 5 giorni prima. E' valida l' assemblea alla quale non sia presente, oppure non sia stato invitato,
l' amministratore che non sia anche condomino, com' è valida l' assemblea che non sia stata preceduta da formale convocazione, se
sono presenti tutti gli aventi diritto ( considerata assemblea totalitaria, App. Firenze 1 / 3 / 1965 ). La convocazione può essere
diramata a mezzo raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegna a mano del relativo avviso, anche se per la Corte di
Cassazione ( sentenza n. 1033 del 28 / 1 / 1995 ) può essere adottata qualsiasi altra forma, purché idonea al raggiungimento dello
scopo e si provi, anche da univoci elementi, che il condomino ha, in concreto, ricevuto notizia. Il Tribunale di Milano - sentenza del
25 / 1 / 1993 -, per esempio, ha ritenuto legittima la prassi, invalsa in un condominio, di diramare la convocazione per telefono. La
mancata azione della forma scritta, però, in caso di contestazione può rendere difficile provare che gli interessati erano stati messi al
corrente della riunione, e che era stato rispettato il termine di 5 giorni. Se l' immobile viene venduto, donato o trasferito in
successione, dal momento in cui l' evento viene comunicato al condominio, l' acquirente, il donatario o l' erede acquistano lo stato
giuridico di condominio e quindi il diritto di essere convocati e di partecipare alle assemblee - Corte di Cassazione 10 / 1 / 1990, n° 9
-. In genere la prima convocazione viene fissata a una data e, sopratutto, a un' ora improbabile, proprio per scoraggiare la
partecipazione e mandare deserta l' assemblea, in modo da poter usufruire delle maggioranze inferiori previste per la seconda
convocazione. In alternativa l' amministratore può invitare i condomini, verbalmente o con separata comunicazione allegata all'
avviso di convocazione, ad intervenire direttamente alla seconda convocazione, stante le difficoltà di raggiungere in prima le
richieste maggioranze. A riguardo è stata ritenuta valida ( Corte di Cassazione 9 / 2 / 1977, n° 563 ) l' intesa con la quale tutti i
condomini avevano stabilito di riunirsi in una determinata data direttamente in seconda convocazione. Tra la prima e la seconda
convocazione deve trascorrere almeno un giorno, anche se non è detto che l' intervallo non possa essere inferiore alle 24 ore ( App.
di Napoli 14 / 12 / 1967 ). Affinché si possa tenere l' assemblea in seconda convocazione non occorre che sia tenuta la prima, se
questa è andata deserta per, mancanza del numero legale. Ne occorre che la circostanza risulti dal verbale ( Corte di Cassazione 24
/ 4 / 1996 ) n° 3862 ). Delega. All' assemblea si può partecipare direttamente o tramite un rappresentante. Il regolamento non può
vietare l' uso delle deleghe - questa eventualità, infatti, è prevista dall' articolo 67 disp. att. codice civile -, ma può prevedere un
limite massimo al numero dei condomini rappresentabili da una stessa persona: la Corte di Cassazione, per esempio ( sentenza n.
853 del 28 / 3 / 1973 ), ha ritenuto valida la clausola, del regolamento con la quale si disponeva che un condomino non potesse
assumere la rappresentanza di più di due colleghe. il Tribunale di Milano ( sentenza del 15 / 6 / 1989 ) ha a sua volta sancito la
validità della clausola che limitava il potere di rappresentanza ad un solo condomino. Se però i condomini sono più di 20, il
delegato non può, rappresentarne più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale ( 200 / 1.000 ). Se una persona
partecipa all' assemblea, e vota, con un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento o dalla legge, la delibera
13
che dovesse essere adottata è annullabile per vizio del procedimento di formazione ( Tribunale di Roma 21 / 2 / 2005 ). Il
rappresentante, in mancanza di un espresso divieto, ha a sua volta il diritto di subdelegare i poteri ad un terzo. Un altro " paletto "
che può essere posto dal regolamento ( ma solo se contrattuale ) è stabilire che il rappresentante appartenga ad una determinata
categoria: per esempio: che si tratti di un condomino o di un parente della persona rappresentata. Per evitare possibili contestazioni
è preferibile che la delega venga conferita per iscritto ( il testo è in genere riprodotto in calce all' >> Avviso di convocazione ),
anche se la Corte di Cassazione ha stabilito che, per gli affari di ordinaria amministrazione, la delega può essere conferita anche
verbalmente. Se però la delibera ha per oggetto limitazioni al diritto dei condomini sulla proprietà esclusiva ( per esempio: il divieto
di di adibire gli appartamenti a determinate attività ) o sulle parti comuni, la delega dev' essere conferita per iscritto, come stabilito
dagli articoli 1392 e 1350 codice civile: con atto pubblico o con scrittura privata, a seconda della forma richiesta dall' atto oggetto di
delibera ( Corte di Cassazione 28 / 7 / 1990, n° 7630 ): per l' approvazione delle tabelle millesimali, per esempio, è richiesta la
procura notarile ( Tribunale di Firenze 25 / 6 / 1991 ). La delibera adottata in precedenza in un difetto di rappresentanza di uno o più
condomini non è nulla ma annullabile, e comunque ratificabile dall' assemblea ( App. Napoli 14 / 4 / 1966 ) legittimato a far valere i
vizi della delega il condomino delegante ( Corte di Cassazione 7 / 7 / 2004, n° 12466 ) o quello che si ritenga falsamente
rappresentato ma non gli altri condomini ( Corte di Cassazione 26 / 4 / 1994, n° 3952 ). Se unità immobiliari appartiene in proprietà
indivisa a più persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante. Il quinto comma dell' articolo 67 disp. arr. codice civile
stabilisce che all' amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a " qualunque " assemblea.
Da ciò si deduce che la delega debba essere conferita di volta in volta, o che non possa essere rilasciata nei casi in cui
l' amministratore versi in una situazione di conflitto d' interessi. Discussione. E’ possibile evitare che la seduta si protragga
oltre il lecito mettendo ai voti una azione d' ordine per stabilire un limite al numero e alla durata degli interventi. Il presidente
dell' assemblea può comunque, nell' ambito dei poteri finalizzati ad assicurare l' ordinato svolgimento della riunione. La Corte di
Cassazione, per esempio ( sentenza n. 23132 del 13 / 11 / 2009 ), ha confermato la delibera con la quale il presidente aveva limitato
la durata degli interventi dei condomini a 10 minuti. Se ad un condomino viene impedito di partecipare alla discussione l' assemblea
è ugualmente valida ma l' escluso può impugnare la delibera ( Corte di Cassazione 11 / 5 / 1984, n° 2893 ). Nell' ipotesi, però, di
convocazione di un' unica assemblea per decidere su di una serie di questioni, alcune delle quali riguardanti solo una parte dei
condomini, i soggetti legittimati a votare su un argomento che non li riguarda non hanno titolo di partecipare alla relativa discussione
( Corte di Cassazione 22 / 1 / 2000, n° 697 ). Inquilino. Se l' unità immobiliare è stata data in locazione, il conduttore ( meglio
conosciuto come inquilino ), come previsto dall' articolo 10 della Legge n° 392 del 27 / 7 / 1972 , ha diritto di voto al posto del
proprietario quando l' assemblea deve decidere sulle spese e sulle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di
condizionamento dell' aria. Inoltre può intervenire, ma senza diritto di voto, quando è in gioco qualche modifica degli altri servizi
comuni. La convocazione dev' essere comunque inviata al condomino-locatore, che a sua volta avviserà il conduttore: il
condominio, infatti, è estraneo al rapporto di locazione ( Corte di Cassazione 22 / 4 / 1992, n° 4802 ). Se però non l' avvisa, o se la
comunicazione arriva fuori termine, il conduttore non può, per la stessa ragione di estraneità del condominio al rapporto locatizio
( Corte di cassazione 22 / 4 / 1992, n° 4802 ), impugnare la delibera per questa ragione. Per la Corte d' Appello di Genova
( sentenza del 22 / 7 / 1985 ) l' onere di convocare il conduttore grava sul locatore solo nel caso in cui questi non ne abbia
comunicato il nominativo all' amministratore. Questa stessa sentenza ha stabilito che il termine di 5 giorni per la convocazione
dell' assemblea non si applica ai rapporti fra il condomino-locatore e il conduttore, questi può comunque agire nei confronti del
locatore ( ma non del condominio ) per il risarcimento degli eventuali danni derivanti dal fatto di non essere stato avvisato
tempestivamente. Maggioranza. La democrazia del condominio prevede sempre rispetto di una doppia maggioranza: quella
cosiddetta per teste, ossia basata sul numero dei presenti - direttamente o per delega - e quella basata sul valore della proprietà di
ciascuno, espresso in millesimi. Le delibere, infatti, per essere valide devono essere approvate da un certo numero di partecipanti
all' assemblea, in rappresentanza di una cera caratura millesimale; è, questa, una cautela finalizzata ad evitare che un singolo
condomino, proprietario di più unità immobiliari, possa determinare da solo l' indirizzo della gestione condominiale, calpestando i
diritti degli altri. In assemblea, quindi, chi è proprietario di più unità immobiliari conta per una sola persona, ma si sommano tutti i
millesimi di cui è titolare. Di contro, è ininfluente che le quote millesimali facenti capo alla minoranza dissenziente superino quelle
riconducibili alla maggioranza ( Corte di Cassazione 5 / 4 / 2004, n° 6625 ). Il regolamento, ancorché contrattuale, che prevede una
maggioranza riferita ai soli millesimi sarebbe inefficace, in quanto in contrasto con l' articolo 1136 Codice Civile, norma considerata
inderogabile dal successivo articolo 1138 ( Corte di Cassazione 12 - 10 - 1967, n° 2427 ). E' possibile, invece, prevedere una ,
maggioranza superiore rispetto a quella richiesta dalla legge, perché ciò garantisce una più ponderata deliberazione e una maggiore
dialettica del dibattito assembleare ( App. Roma 24 / 1 / 1996 ). Ai fini del calcolo della maggioranza non si deve tener conto dei
condomini ( e relativi millesimi ) che si fossero astenuti dalla votazione ( Corte do Cassazione 9 / 12 / 1988, n° 6671 ). Per il
Tribunale di Savona ( sentenza n. 769 del 29 / 10 / 2009 ) sia i condomini che hanno dichiarato di astenersi, sia quelli che sono
rimasti in silenzio, rientrano nel numero di coloro che hanno espresso voto contrario. Se poi l' assemblea dovesse deliberare se fare
o meno causa ad un condomino, questi deve astenersi dal voto, trattandosi di una situazione che lo vede in conflitto d' interessi nei
confronti del condominio ( Corte di Cassazione 22 / 11 / 2002, n° 16488 ). Prima di dare il via ai lavori l' amministratore deve
accertare l 'esistenza della maggioranza necessaria alla regolare costituzione dell' assemblea: il cosiddetto numero legale o >
> Quorum. se non si raggiunge il numero legale in seduta non può essere dichiarata aperta. L' eventuale allontanamento di un
condominio dopo la verifica del quorum è però ininfluente ai fini del regolare svolgimento dell' assemblea. il quorum varia a seconda
che si tratti di assemblea o di seconda convocazione, di accertare la regolare costituzione dell' assemblea o la validità di una
delibera: compresa la formula dell' unanimità, sono ben 10, fra Codice Civile e leggi speciali, i quorum che possono condizionare l'
attività
14
dell'
assemblea
(
da
visionare
le
successive
tabelle
A,1
e
A. 1
Quando si può iniziare a discutere
Maggioranze richieste per la regolare costituzione dell’ assemblea
Convocazione
Condomini
Millesimi
Prima
Maggioranza dei partecipanti
667 / 1.000
al condominio
Seconda
Un terzo dei partecipanti
334 / 1.000
al condominio
A.2
Maggioranze richieste per la validità delle deliberazioni, previste dal codice civile e da leggi speciali
La regola è che l’ assemblea possa deliberare, in prima convocazione, con il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000, mentre in seconda
convocazione è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza
di almeno 334 / 1.000. Vi sono però alcune delibere per le quali è richiesto un quorum diverso o
addirittura l’ unanimità. In questo prospetto sono riportate le varie ipotesi.
Oggetto
Prima convocazione
Seconda convocazione
Condomini
Millesimi
Condomini
Millesimi
Almeno
Installazione antenna
Maggioranza
parabolica condominiale
degli
( 13° comma articolo 2intervenuti
500 / 1.000
bis. 20 / 3 / 2001, n. 66 )
Installazione cavi in fibra
ottica (7° comma articolo
Legge 18 / 6 / 2009,
“
334 / 1.000
n. 69 )
Approvazione
Maggioranza
Almeno
Maggioranza
Almeno
preventivo
degli Intervenuti
500 / 1.000
degli
334 / 1.000
spese annuali
intervenuti
Approvazione rendiconto “
“
“
“
annuale
Compenso
“
“
“
“
amministratore
Eliminazione barriere
architettoniche (1°
comma articolo 2 Legge “
“
“
“
9 / 1 / 1989, n. 13)
Impiego residuo attivo di “
“
“
“
persone
Interventi di recupero
( 2° comma articolo 30
“
“
“
“
Leg. 5 / 8 / 1978, n° 457 )
Opere di manutenzione
straordinaria
“
“
“
“
Ricostruzione
“
“
“
“
dell’edificio
Ripartizione
spese “
“
“
“
annuali fra i condomini
Altre delibere per le quali “
“
“
“
non sia richiesta una
diversa maggioranza
Almeno
Approvazione e modifica “
“
Maggioranza
regolamento
degli
assembleare
intervenuti
500 / 1.000
15
A,2
).
Approvazione e modifica
tabelle millesimali aventi
natura deliberativa
Collaborazione e
partecipazione a
progetti territoriali
( 3° comma articolo
1135 codice civile )
Contenimento
consumi energetici
( 2° comma n° 2 ),
articolo 1120 Codice
civile )
Contenimento
consumi energetici
( 2° comma articolo 26
Legge 9 / 1 / 1991, n. 10,
come modificato
dall’ articolo 7 D, Lgs.
29/12/2006, n. 311 )
Costruzione autorimesse
nel sottosuolo 3°
comma articolo 9
Legge 24 / 3 / 1989, n.
122 )
Eliminazione barriere
architettoniche
( 2° comma, n. 21 ),
articolo 1120 c. c. )
Installazione impianti
centralizzati di ricezione
radiotelevisiva,
satellitare o via cavo,
con i limiti di cui al 2°
comma, n° 31 ) ,
dell’ articolo 1120
codice civile
Installazione impianti di
videosorveglianza sulle
parti comuni
( articolo 1122-ter
codice civile )
Liti attive e passive
relative a materie
che esorbitano
dalle attribuzioni
dell’ amministrazione
Miglioramento salubrità
e sicurezza dell’ edificio
e degli impianti
( 2° comma, n. 1 ),
articolo 1120
codice civile )
Nomina e revoca
amministratore
Produzione energia
mediante l’ utilizzo di
fonti rinnovabili anche da
parte di terzi 2° comma,
n. 2 ), articolo
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
Maggioranza
intervenuti e
almeno 334 /
1.000 sia in 1°
che in 2°
convocazione
16
1120 codice civile )
Realizzazione parcheggi
al servizio delle unità
immobiliari o
dell’ edificio ( 2° comma,
n° 2 ), articolo 1120
codice civile
Ricostruzione
dell’ edificio
Ricostruzione o
riparazione di notevole
entità in zone di
Basilicata, Calabria,
Campania e Puglia
colpite da eventi sismici
( 3° comma articolo 15
D. lgs. 30/3/1990, n. 76 )
Violazione della
destinazione d’ uso
( articolo 1117-quater
codice civile )
Innovazioni dirette al
miglioramento o all’ uso
più comodo o al maggior
rendimento delle
cose comuni
Scioglimento del
condominio nel caso
occorrano opere di
sistemazione per
dividere l’ edificio
Modifica della
destinazione d’ uso
parti comuni
Innovazioni che alterano
il decoro architettonico
dell’ edificio
Innovazioni che rendono
talune parti comuni
dell’ edificio inservibili
all’ uso o al godimento
anche di un solo
condominio
Approvazione e modifica
regolamento contrattuale
Approvazione e modifica
tabelle millesimali aventi
natura convenzionale
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
Maggioranza
degli intervenuti
“
Almeno
667 / 1.000
“
4 / 5 dei
partecipanti al
condominio
Tutti
i
condomini
“
Almeno
334 / 1.000
“
4/5
dei
millesimi
1.000 / 1.000
Tutti
i
condomini
1.000 / 1.000
“
“
“
“
“
Maggioranza
degli
intervenuti
“
“
“
Per aprire la seduta. Come già detto, la verifica del quorum richiesto per la regolare costituzione dell' assemblea, vale a dire
affinché la seduta possa essere dichiarata aperta, è necessariamente preliminare rispetto allo svolgimento di qualsivoglia attività
decisionale. Questa maggioranza, stabilità dall' articolo 1136 codice civile, varia a seconda che si tratti di prima o di seconda
convocazione. In particolare, l' assemblea è validamente costituita in prima convocazione con l' intervento di tanti condomini che
rappresentino i due terzi del valore dell' intero edificio ( 667 / 1.000 ) e la maggioranza dei partecipanti al condominio, la
seconda convocazione, invece, l' assemblea è validamente insediata con l' intercento di tanti condomini che rappresentino
almeno un terzo del valore dell' intero edificio ( 334 / 1.000 ) e un terzo dei partecipanti al condominio. Se una delibera era
stata adottata in prima convocazione senza che sussistesse la maggioranza richiesta affinché la seduta potesse essere dichiarata
aperta, non può essere modificata in seconda convocazione: è infatti necessario provvedere ad una nuova convocazione
dell' assemblea ( Corte di Cassazione 29 / 3 / 1982, n° 1930 ). Ma quanto tempo si deve aspettare prima di dichiarare la seduta
deserta per mancanza del numero legale? Se il regolamento nulla stabilisce a riguardo, sta all' amministratore valutare il periodo di
17
attesa, tenuto conto sia del numero dei condomini che compongono il condominio ( e dei relativi millesimi ) che del numero dei
presenti ( e relativi millesimi ). Cosi se gli assenti sono molti e per raggiungere il quorum sarebbe sufficiente anche un solo
condomino con i relativi millesimi, l' attesa, che di norma potrebbe attestarsi sui 10 / 15 minuti, potrebbe protrarsi di qualche altro
minuto. Per deliberare. La maggioranza richiesta per deliberare validamente è più alta in prima convocazione che in seconda, e
proprio per questo, di regola, l’ assemblea si pronuncia alla seconda chiamata. Le delibere che attengono alla normale vita
condominiale devono essere adottate: in prima convocazione con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti
all’ assemblea, in rappresentanza di almeno la metà del valore dell’ edificio ( 500 / 1.000 ), e in seconda convocazione con il voto
favorevole alla maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno un terzo del valore dell’ edificio ( 334 / 1.000 ). Alcune
delibere, in considerazione del loro peso sulla vita condominiale ( per esempio: nomina e revoca dell’ amministratore, riparazioni
straordinarie di notevole entità, modifica del regolamento ) richiedono invece il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in
assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000, anche in seconda convocazione. Maggioranze ancora più elevate sono
necessarie per le innovazioni: gli interventi per migliorare o rendere più comodo l’ uso delle cose comuni, per esempio, devono
essere approvati dalla maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno i due terzi del valore dell’ edificio ( 667 / 1.000 ).
Se la delibera ha per oggetto un servizio che interessa solo alcuni condomini ( per esempio: quelli le cui unità immobiliari affacciano
su una delle molte scale dell’ edificio ), la maggioranza dev’ essere rapportata ai condomini interessati e ai relativi millesimi. Ai fini
del calciolo della maggioranza non si deve tener conto dei condomini ( e relativi millesimi ) che si sono astenuti dalla votazione ( la
circostanza deve risultare dal verbale ); essi, infatti, sostanzialmente non hanno approvato la delibera, e la circostanza che al
momento del voto abbiano formulato riserva da sciogliere dopo la seduta è ininfluente ) Corte di Cassazione 9 / 12 / 1988, n° 6671 ).
Se un condomino non ha votato perché indotto dall’ amministratore ad astenersi sulla base del presupposto errato che non ne
avesse diritto, la delibera è annullabile, ma se la si vuole impugnare con esito favorevole è bene pretendere che la circostanza
venga messa a verbale, in modo da poterla provare nel corso del relativo giudizio. Presidente. Una volta che l’ assemblea sia stata
validamente insediata di regola vengono nominati un presidente, con il compito di dirigere la seduta, e un segretario, con la funzione
di redigere il verbale. Si tratta di due figure non previste dalla legge ma nate dalla pratica per snellire e velocizzare i lavori; pertanto
le eventuali delibere adottate senza che sia stato nominato il presidente, o in presenza di una designazione irregolare, non possono
essere impugnate per questi motivi. Lo stesso discorso vale per il segretario ( Corte di Cassazione 16 / 7 / 1980, n° 4615 ). Viene
nominato presidente, preferibilmente un condominio che vive da molti anni nel condominio e che ne conosce i problemi, mentre
come segretario può essere designato lo stesso amministratore. Rinvio. Se si rende necessario rinviare l’ assemblea di seconda
convocazione occorre procedere a nuova convocazione, con conseguente comunicazione dell’ avviso a tutti i condomini, pena
l’ invalidità dell’ assemblea ( Corte di Cassazione 16 / 7 / 1981, n° 4684 ). Ritardo nell’ inizio dei lavori: l’ assemblea i cui lavori
abbiano inizio dopo la 1/2notte del giorno per il quale era stata convocata può, in particolari circostanze, essere ritenuta valida;
Tribunale di Napoli, per esempio ( sentenza del 23 / 10 / 1996 ), ha ritenuto valida l’ assemblea di un supercondominio iniziata dopo
le ore 24 del giorno per il quale era sta convocata, poiché il ritardo era stato determinato dal protrarsi dell’ assemblea particolare di
uno dei fabbricati e la circostanza era conoscenza di tutti i partecipanti all’ assemblea del supercondominio. Seduta fiume. Se
l’ assemblea non riesce a portare a termine il suo compito in una sola riunione dev’ essere riconvocata, con conseguente obbligo di
rispettare il termine di 5 giorni. Un rimedio per evitare questo tipo di situazione esiste ed è previsto dal quinto comma
dell’ articolo 66 disp. Att. Codice civile, in virtù del quale, se si ha ragione di prevedere che l’ ordine del giorno non potrà essere
esaurito in una sola riunione, e si vuole evitare la trafila di una o più nuove convocazioni, è possibile indicare nell’ avviso di
convocazione giorno - eventualmente anche più d’ uno -, ora e luogo in cui riprendere la seduta nell’ eventualità in cui nella prima
riunione non si riuscisse a trattare tutti gli argomenti. Se invece la decisione di aggiornare la seduta viene presa sul momento, è
necessario che tutti i condomini presenti siano d’ accordo e che gli assenti vengano tempestivamente avvisati ( Corte di Cassazione
12 / 2 / 1988, n° 1516 ) Usufruttuario. Nel caso in cui la nuda proprietà dell’ unità immobiliare appartenga ad un soggetto e
l’ usufrutto o un altro, cambiano le regole assembleari. Il diritto di voto spetta all’ usufruttuario per gli affari relativi all’ ordinaria
amministrazione e al semplice godimento elle cose e dei servizi comuni. Per le delibere, invece, riguardanti innovazioni, ricostruzioni
e opere di manutenzione straordinaria, il diritto di partecipare all’assemblea spetta al nudo proprietario. Di conseguenza devono
essere convocati l’ uno, l’ alto o entrambi, a seconda del tipo di delibera da adottare. In particolare, se l’ usufruttario ha fatto eseguire
a proprie spese, di fronte all’ ingiustificato rifiuto del proprietario, una riparazione posta a suo carico, o si tratta di lavori od opere
consistenti in miglioramenti e addizioni in cui agli articoli 985 e 986 codice civile, l’ avviso di convocazione dev’ essere comunicato
sia all’ usufruttario che al nuovo proprietario. Videoregistrazione. Le sedute dell’ assemblea possono essere videoregistrate, ma
come stabilito dal Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento del 18 / 5 / 2006, è necessario il consenso di tutti
coloro che vi partecipano. Voto. Ogni condomino ha diritto ad un voto, indipendentemente dalla consistenza della sua quota,
ancorché formata da diverse unità immobiliari ( Corte di Cassazione 9 / 12 / 1988, n° 6671 ). Naturalmente il diverso peso della
quota si farà sentire quando si tratterà di calcolare la maggioranza in base ai millesimi. Per quanto attiene alla modalità di
espressione, il voto dev’ essere palese, allo scopo d’ individuare i condomini che hanno interesse ad impugnare le delibere
( Tribunale di Milano 9 / 11 / 1992 ), e può essere formulato anche dal condomino che intervenga in ritardo all’ assemblea, ma a
condizione che ciò si verifichi prima della chiusura del verbale ( corte di cassazione 28 / 8 / 1993, n° 9130 ). In ogni caso la nullità di
un voto che non incida sul richiesto quorum non invalida la decisione ( Tribunale di Torino 15 / 11 / 1969 ). La delibera, invece, che
venga adottata con il consenso determinante di un condominio che non aveva il diritto di votare è radicalmente nella ( Pret. di
Milano 28 / 3 / 1990 ). Se un condomino si allontana dall’ assemblea dichiarando di rimettersi alla maggioranza, il voto non può
essere considerato valido perché è solo il momento della votazione che determina la fusione della volontà dei condomini, finalizzata
alla creazione dell’atto collegiale ( Corte di Cassazione 13 / 2 / 1999, n° 1208 ). Se il condomino allontanandosi prima del voto
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conferma successivamente la volontà espressa dalla maggioranza, la dichiarazione può valere solo come rinuncia ad impugnare la
delibera ma non sana la mancanza del quorum se il voto era determinante; la delibera è pertanto impugnabile dai condomini assenti
o dissenzienti ( Corte di Cassazione 13 / 2 / 1999, n° 1208 ). Il tribunale di Varese ( sentenza del 6 / 3 / 1979 ) ha considerato come
se avesse votato a favore il condomino che, pur non presente all’ assemblea, aveva predisposto e sottoposto alla stessa una nuova
tabella millesimale per il riparto delle spese. Il voto espresso del condomino che si trovi un una situazione di conflitto d’ interessi con
il condominio non dev’ essere calcolato, per cui la delibera è valida solo se, una volta detratto il suo voto e i relativi millesimi, esiste
ugualmente la richiesta maggioranza. La situazione di conflitto d’ interessi che riguarda il, delegato non si estende automaticamente
al delegante, a meno che non si accerti che questi non era a conoscenza della situazione; si deve infatti presumere che il delegante,
nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse e l’ abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato ( Corte di
Cassazione 25 / 11 / 2004, n° 22234 ). Se ad un condomino che ne aveva il diritto è stato impedito di votare la relativa delibera è
radicalmente nulla e la nullità può essere fatta valere da ogni condomino, anche se presente e consenziente ( Corte di Cassazione
23 / 2 / 1999, n° 1510 ).
ASSICURAZIONE
Affinché l’ amministratore possa stipulare un contratto di assicurazione avente per oggetto l’ edificio condominiale occorre l’
autorizzazione dell’ assemblea ( Corte di Cassazione 3 / 4 / 2007, n° 8233 ). L’ autorizzazione dev’ essere deliberata, sia in prima
che in seconda convocazione, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000.
stesso quorum anche nel caso di contratto di durata ultranovennale ( Corte di Cassazione 6 / 7 / 2010, n° 15872 ). Considerate le
differenze di costo, anche notevoli, riscontrabili tra le varie Compagnie, è preferibile, prima di decidere, valutare diversi preventivi. È
buona norma poi, verificare periodicamente il grado di copertura assicurativa dell’ edificio, se del caso deliberando un aumento del
premio da corrispondere alla Compagnia. Danni. Se il condominio è coperto da assicurazione, il condomino che riceva un danno da
una parte comune dell’ edificio non può rivolgersi direttamente alla Compagnia ma deve avvisare l’ amministratore ( Corte di
Cassazione 26 / 3 / 1996, n° 2678 ). Incidente tra veicoli. Non è raro che due veicoli vangano a collisione in uno spazio
condominiale. Il decreto del ministero dell’ industria, commercio e artigianato del 19 / 5 / 1975 hanno esteso la copertura assicurativa
ai danni causati dalla circolazione di veicoli in aree private, mentre il DPR 18 / 7 / 2006, n° 254, in attuazione dell’ articolo 150 del
codice della strada, ha introdotto il risarcimento diretto, ossia il diritto di chiedere il ristoro dei danni direttamente al proprio
assicuratore, se pure limitatamente ai casi di danni al veicolo e di lesioni di lieve entità al conducente; nelle ipotesi di lesioni gravi,
gravissime o di decesso, o di lesioni ai terzi trasportati, invece, si deve seguire la procedura ordinaria. Se però l’ incidente è
avvenuto perché l’ amministratore aveva omesso di far collocare i dispositivi di sicurezza, tralasciando di dare esecuzione alla
delibera dell’assemblea che li aveva introdotti, lo stesso amministratore può essere chiamato a rispondere dei danni quanto meno a
livello di concorso, ove si dimostri che i conducenti hanno usato la diligenza richiesta dalla situazione. Locazione. Il conduttore, nell’
ambito di un contratto di assicurazione stipulato dal condominio, non può essere considerato “ assicurato “: la qualifica di assicurato,
infatti, salvo patto contrario, spetta esclusivamente ai condomini ( Tribunale di Napoli 15 / 5 / 1990 ). Spesa. Il premio per l’
assicurazione del fabbricato va suddiviso fra i condomini in base ai millesimi di proprietà, a meno che un regolamento contrattuale
non preveda un diverso criterio di ripartizione. La delibera con la quale l’ assemblea decide di aggiornare il premio di assicurazione è
atto di ordinaria amministrazione ( Corte di Cassazione 8 / 11 / 1989, n° 4691 ), e in quanto tale può essere approvata con il voto
favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000.
AUTOCLAVE
Il problema della carenza di acqua ai piani alti dell’ edificio può essere risolto dall’ installazione di un’ autoclave condominiale. L’
introduzione di questo servizio può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in
rappresentanza di almeno 500 / 1.000. La spesa dev’ essere suddivisa in base ai millesimi di proprietà, indipendentemente dall’
altezza di ciascun piano dal suolo ( Corte di Cassazione 29 / 11 / 1983, n° 7172 ), e dal fatto che alcuni condomini traggano o meno
vantaggi dall’ impianto ( App. Roma 30 / 1 / 1962 ). Se, nonostante ripetuti solleciti, l’ assemblea non si preoccupa di risolvere il
problema ( di vitale importanza poiché l’ erogazione di acqua nelle unità immobiliare è un servizio essenziale ), si può chiede l’
intervento del giudice. L’ autoclave condominiale può essere collocata in cortile anche se avvantaggia tutti i condomini tranne uno, e
questi ne riceve un pregiudizio limitato ( Corte di Cassazione 21 / 10 / 1998, n° 10445 ). Se poi un’ unità immobiliare ( per esempio
un negozio ) non è servita dall’ impianto, il proprietario non è tenuto a contribuire alla spesa. Autonoma. Il condominio può,
assumendosene la spesa, installare un’ autoclave autonoma, purché l’ innovazione non comporti una riduzione dell’ afflusso di
acqua nelle altre unità immobiliari. L’ impianto può essere collocato in cortile, a condizione di non precludere agli altri condomini un
pari utilizzo di questa parte comune e di non alternare la destinazione ( 23 / 2 / 1987, n° 1911 ); alle stesse condizioni l’ autoclave
autonoma può essere collocata nell’ intercapedine condominiale ( Corte di Cassazione 11 / 2 / 1998, n° 1389 ). Relativamente all’
androne condominiale, la Corte di Cassazione ( sentenza n. 2746 del 6 / 6 / 1989 ) ha confermato la sentenza con la quale il giudice
di merito aveva consentito l’ installazione dell’ autoclave in una zona altrimenti non utilizzabile di questa parte comune dell’ edificio.
Rinuncia. Il principio antico dall’articolo 1118 codice civile, per il quale il condomino non può rinunciare al suo diritto sulle cose
comuni, non trova applicazione per quelli impianti che possono considerarsi superflui. Pertanto, se l’ impianto idrico pubblico è
perfettamente efficiente anche ai piani alti dell’ edificio, si può legittimamente rinunciare all’autoclave ( Corte di Cassazione 27 / 4 /
1991, n° 4652 ). Se invece, l’ impianto è indispensabile si è tenuti a concorrere alla spesa, a meno che gli altri condomini,
all’ unanimità, non esonerino alcuni proprietari dalla contribuzione. Per la corte d’ appello di Napoli ( sentenza 8 / 10 / 1993 ) si può
rinunciare all’ autoclave se c’ è una riduzione delle pese di gestione e quindi un minore onere per gli altri condomini che intendono
continuare a utilizzare l’ impianto. Sostituzione. La spesa occorrente alla sostituzione dell’ autoclave va suddivisa fra i condomini in
proporzione ai millesimi di proprietà, essendo ininfluente la circostanza che l’ edificio sia composto da più piani, serviti in misura
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differente ( Corte di Cassazione 29 / 12 / 1983, n° 7172 ). In occasione della sostituzione dell’ autoclave i condomini in precedenza
non collegati all’ impianto possono chiedere di allacciar visi, ma devono ottenere il via libera di chi già usufruiva del servizio. Spese
di esercizio. In mancanza di un regolamento di disponga altrimenti, o di diverso accordo fra i condomini, per la suddivisione della
spesa richiesta dal funzionamento dell’ autoclave si può applicare il secondo comma dell’ articolo 1123 codice civile, per il quale, se
si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’ uso che ciascuno può
farne > > Scale e ascensore, escludendo però le unità immobiliari non servite dall’ impianto. Dovendosi, in particolare, tener conto
della diversa energia occorrente a sollevare l’ acqua ai diversi piani, è giusto suddividere la spesa per metà in base ai valori
millesimali di ciascuna unità immobiliare e per metà in base all’ altezza di ciascun piano dal suolo ( paga di più chi sta più in alto ).
Per il pretore di Pordenone ( sentenza del 25 / 2 / 1989 ) la spesa occorrente al sollevamento dell’ acqua va ripartita in base alla
superficie reale di ciascuna unità immobiliare.
AVVISO DI CONVOCAZIONE
L’ assemblerà dev’ essere preceduta dall’ invio, agli aventi diritto a parteciparvi, di un avviso di convocazione. Questo dev’ essere
spedito per tempo, in modo che giunga al destinatario almeno 5 giorni prima di quello in cui si terrà l’ assemblea. Il termine, previsto
dal terzo comma dell’ articolo 66 disp. Att. Codice civile, decorre dal giorno di ricezione dell’ avviso, non da quello di spedizione, e i
giorni intercorrenti fra quello di ricezione e quello in cui si terrà l’ assemblea sono, come si dice tecnicamente, non liberi ( Tribunale
di Milano 7 / 5 / 1992 ), ossia non devono trascorrere integralmente fra quello di ricevimento dell’ avviso e quello in cui si terrà l’
assemblea: cosi, se l’ assemblea è stata convocata per il giorno 25, è sufficiente che l’ avviso venga recapitato entro il 20. Il
regolamento di condominio può prevedere un termine diverso: sia più breve ( App. di Napoli 11 / 10 / 1962 ) sia più lungo ( Trib. di
Napoli 13 / 5 / 1991 ). Quest’ ultima sentenza ha stabilito che l’ eventuale maggior termine previsto dal regolamento è inderogabile.
Occorre però aggiungere che l’ articolo 72 Disp. Att. Codice civile considera inderogabile l’ articolo 66 delle stesse condizioni, che
stabilisce in 5 giorni il termine di convocazione, per cui è opportuno attenervisi, soprattutto nel caso in cui il regolamento contenga un
termine inferiore. Il termine dev’ essere osservato anche in caso di convocazione diretta da parte dei condomini ( Corte di
Cassazione 22 / 11 / 1985, n° 5769, > > Assemblea, Convocazione ). Se l’ avviso è stato recapitato nei tempi previsti, la circostanza
che il destinatario abbia respinto la raccomandata, o non l’ abbia ritirata, è irrilevante. Il condomino, poi, che abbia ricevuto l’ avviso
fuori termine, ma che abbia partecipato all’ assemblea, non può eccepire il mancato rispetto del termine, poiché la sua presenza
sana il vizio di convocazione ( Tribunale di Roma 4 / 3 / 2005 ). La Corte di Cassazione ( Sentenza n. 875 del 3 / 2 / 1999 ) ha
ritenuto corretto il comportamento dell’ amministratore che aveva messo tempestivamente, ossia rispettando il termine di 5 giorni, l’
avviso nella cassetta della posta; nel caso esaminato, però, era stato provato che il destinatario consultava assiduamente la
presenza di corrispondenza. È comunque sconsigliabile seguire questa modalità. Il mancato rispetto del termine comporta l’
annualità delle delibere adottate dall’ assemblea, sia in prima sia in seconda convocazione, stante il rapporto di dipendenza,
temporale e logico tra le due riunioni ( App. di Lecce 9 / 5 / 1983 ). Se però, pur in presenza di un avviso arrivato fuori termine per la
prima convocazione, ma in tempo utile per la seconda, la prima convocazione era andata deserta, le delibere adottate in seconda
convocazione con la maggioranza richiesta per la prima sono valide ( Corte di Cassazione 24 / 6 / 2003, n° 9992 ). Comproprietari.
Sull’ obbligo di convocare tutti i comproprietari di una stessa unità immobiliare la corte di cassazione ( sentenza n. 138 del 9 / 1 /
1998 ) ha stabilito che è sufficiente la prova, anche presuntiva, che l’ avviso inviato ad uno solo di essi sia stato portato a
conoscenza degli altri per rendere pienamente valida l’ assemblea; così, si presume che, nel caso di comproprietà tra due coniugi
conviventi in pieno accordo e senza contrasto d’ interessi fra di loro, la moglie comunichi al marito la data e il luogo dell’ assemblea,
e viceversa. Alla prova per presunzioni non si può invece ricorrere se i coniugi sono separati o s i comproprietari hanno residenze
diverse. All’ assemblea può partecipare una sola persona per unità immobiliare, anche se ci sono più comproprietari; questi,
pertanto, devono designare un rappresentante. Forma. L’ avviso di convocazione deve contenere l’ indicazione del luogo, la data e l’
ora in cui si terrà l’ assemblea in prima e in seconda convocazione, e l’ > > Ordine del giorno, ossia i punti sui quali i partecipanti
sono chiamati a deliberare. L’ incompletezza dell’ ordine del giorno comporta l’ annullabilità delle delibere. Per una convocazione
formale dell’ assemblea può essere seguita la traccia appresso riprodotta.
AVVISO DI CONVOCAZIONE
OGGETTO: ( 1 ) Assemblea condominio di Via . . . . . , 20124 Milano
Sig. ( 2 ) . . . . . . . scala ( 3 ) . . . . . . interno . . . . . . % di proprietà
La S. V. è invitata a partecipare all’ assemblea ( 4 ) ordinaria/straordinaria del condominio in oggetto,
che si terrà in ( 5 ) . . . . . . Via . . . . . . n. . . . , in prima convocazione il giorno ( 6 ) . . . . . . alle ore
( 7 ) . . . . . . , e, qualora non si raggiungesse il numero legale, in seconda convocazione il giorno ( 6 ) .
. . . . . alle ore ( 7 ) . . . . . . , per deliberare sul seguente
ORDINE DEL GIORNO ( 8 )
1-......
2-......
3-......
4-.......
5-......
6-......
7-......
20
8-......
Como, ( 9 )
L’ AMMINISTRATORE ( 10 )
ATTO DI DELEGA ( 11 )
Io sottoscritto ( A ) . . . . . . delego a rappresentarmi all’assemblea suddetta, con ogni facoltà di legge, il
Sig. ( B ) . . . . . . , approvandone fin d’ ora l’ operato.
......(C)
( firma del delegante )
Leggenda
1 – Applicare il timbro del condominio oppure indicare l’ esatto indirizzo in cui è ubicato l’ immobile.
2 – Nome e cognome ( ragione o denominazione sociale se si tratta di società ) del destinatario.
3 – Indicare la scala ( solo se il condominio ne ha più d’ una ), l’ interno dell’ unità immobiliare e,
qualora siano stati predisposti, i millesimi di proprietà facenti capo al condominio.
4 – Lasciare com’ è se la convocazione riguarda entrambi i tipi di assemblea, oppure cancellare la
denominazione non corrispondente al tipo di assemblea cui si riferisce la convocazione.
5 – Indicare esattamente il luogo in cui si terrà l’ assemblea.
6 – Giorno, mese e anno.
7 – Ora esatta.
8 – Indicare, numerandoli progressivamente, i vari punti all’ ordine del giorno, descrivendoli
sinteticamente ma esattamente. All’ ultimo punto mettere “ Varie ed eventuali “.
9 – Giorno, mese e anno in cui viene diramata la convocazione.
10 – Firma di chi provvede alla convocazione.
11 – Questa parte può essere compilata dal condominio che intende delegare altri affinché partecipi
all’ assemblea per suo conto.
A – Generalità del delegante.
B – Generalità del delegato.
C – Firma del delegante
Se la data indicata sull’ avviso manca o è errata, la convocazione può essere considerata valida se si dimostra che il destinatario
era, di fatto e con certezza, a conoscenza della data ( Corte di Cassazione 12 / 5 / 1967, n° 993 ). Stesso discorso se non erano
stati indicati, o lo erano stati indicati erroneamente, ora e luogo della riunione. È ammesso qualsiasi tipo di prova, anche per
presunzioni ( Corte di Cassazione 15 / 12 / 1982, n° 6919 ). In particolare, se il luogo di riunione non è stato indicato nell’ avviso, e vi
è assoluta incertezza sulla sua ubicazione, o è palesemente inidoneo allo svolgimento dell’ assemblea ( come nel caso di un locale
adibito a raccolta di rifiuti ( Corte di Cassazione 22 / 12 / 19999, n° 14461 ) o moralmente disdicevole ( App. Firenze 11 / 6 / 2009 ),
si è legittimati a non intervenire e ad impugnare le delibere che dovessero essere adottate. Non deve neppur trattarsi di luogo
difficilmente raggiungibile; di regola deve trattarsi di sede ubicata nella stessa città in cui sorge l’ edificio condominiale ( Corte di
Cassazione 26 / 6 / 1958, n° 2284 ). Nel caso di una città molto grande si può ragionevolmente pretendere che il luogo di
convocazione sia ubicato nel quartiere in cui si trova l’ edificio. L’ avviso di convocazione dev’ essere inviato a mezzo posta
raccomandata oppure per posta elettronica certificata o fax, o consegnato a mano. In quest’ ultima ipotesi si può consegnare
l’ avviso ai destinatari e riprodurre il testo su di un foglio, aggiungendovi l’ indicazione “ per presa visione “ e facendovi opporre in
calce data e firma degli stessi destinatari, naturalmente almeno 5giorni prima di quello fissato per la riunione. Il Tribunale di Cagliari,
tuttavia ( sentenza del 27 / 12 / 1993 ), ha stabilito che la violazione del regolamento che preveda l’ invio dell’ avviso nella forma
della raccomandata con avviso di ricevimento non determina l’ invalidità della delibera quando il diritto del condomini ad aver piena
conoscenza della convocazione non sia stato concretamente leso, come nel caso in cui si dimostri che l’ avviso gli è stato
consegnato a mano. Sempre nel caso in cui il regolamento preveda che l’ avviso debba essere spedito a mezzo raccomandata, ci si
può rifiutare di ricevere quello consegnato a mano ( Tribunale di Monza 6 / 2 / 1997 ); se però viene accettato non si può porre la
violazione della norma del regolamento a fondamento dell’ impugnazione della delibera ( Tribunale di Cagliari 27 / 12 / 1993 ). La
Corte di Appello di Milano ( sentenza del 19 / 3 / 1996 ) ha ritenuto valida la convocazione effettuata mediante raccomandata a
mano, alcune delle quali consegnate dalla portinaia ai condomini, che avevano firmato per ricevuta, e altre inserite nella rispettiva
cassetta postale. Se l’ avviso è stato inviato per raccomandata non occorre che sia stato ricevuto personalmente dal destinatario, e
neppure occorre che questi l’ abbia letto; l’ importante è che l’ avviso sia pervenuto alla persona che, in virtù dei suoi rapporti con il
destinatario, o per ragioni di ufficio ( si pensi al portiere dello stabile o al sostituto, Corte di Cassazione 19 / 1 / 1985, n° 140 ), sia
tenuta a consegnarglielo, o che sia stato depositato in luogo normalmente destinato a tale scopo, e che di ciò il condominio
destinatario, impiegando l’ ordinaria diligenza, abbia avuto o possa aver avuto notizia ( Tribunale di Milano 2 / 4 / 1992 ). Per la Corte
d’ Appello di Napoli ( sentenza dell’ 11 / 1 / 2012 ) la ricevuta di spedizione della raccomandata, anche senza la ricevuta di ritorno, fa
presumere che il destinatario abbia ricevuto l’ avviso, per cui sta a questi provare di essere stato, senza sua colpa, nell’ impossibilità
di prenderne visione. Non è stata invece considerata legittima ( Tribunale di S. Maria Capua Vetere 28 / 10 / 1988 ) l’ affissione
dell’avviso di convocazione in bacheca, ancorché accompagnata dall’ invio a mezzo raccomandata e questa sia pervenuta fuori
termine. L’ avviso dev’ essere inviato a tutti i condomini, nessuno escluso, anche se titolari di una quota millesimale minima. Vanno
convocati anche i soggetti che si trovino in conflitto d’ interessi con il condominio e quelli eventualmente residenti in altra città o
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all’ estero, salvo abbiano comunicato all’ amministratore la nomina di un delegato. L’ omesso invio dell’ avviso anche ad un solo
condomino, rende annullabili le eventuali delibere adottate ( Corte di Cassazione 2 / 10 / 2000, n° 3013 ); l’ assemblea, infatti, non
può deliberare validamente se non risulta che tutti i condomini sono stati convocati - sesto comma articolo 1136 codice civile -. Se
però, pur in presenza di questa irregolarità, l’ assemblea adotta una delibera e questa non viene impugnata entro 30 giorni, diventa
valida e vincolante per tutti i condomini, il termine – stabilisce il secondo comma dell’ articolo codice civile – decorre dalla stessa
data della delibera per i dissenzienti e dalla data della comunicazione per gli assenti. Vi sono però dei casi in cui, nonostante
l’ omesso invio dell’ avviso di convocazione, l’ assemblea è valida: se sono presenti tutti gli aventi diritto, o se si dimostra altrimenti
( per esempio facendo firmare e datare un condomini un avviso collettivo ) che tutti hanno avuto notizia della convocazione in tempo
utile per partecipare alla riunione. In particolare il Tribunale di Prato ( sentenza dell’ 11 / 12 / 1989 ) ha ritenuto legittima l’ immissione
dell’ avviso di convocazione nei confronti del condomino che aveva partecipato ad un’ assemblea auto convocata, e firmato il
verbale in cui la riunione veniva riconvocata per altra data, per deliberare sull’ ordine del giorno pure indicato sul verbale.
Trasferimento di un condomino: non è raro, specialmente nei megacondomini, che il destinatario risulti trasferito dal precedente
condominio. Nel qual caso l’ amministratore, al fine di assicurare una regolare convocazione dell’ assemblea, è tenuto a svolgere le
indagini suggerite dall’ ordinaria diligenza per rintracciare il condomino non più presente al precedente recapito ( Corte di
Cassazione 28 / 11 / 2000, n° 15283 ). Dal punto di vista pratico, nel caso di condomino già residente nella città sede del
condominio, si possono attingere informazioni presso l’ ufficio anagrafe del Comune, mentre se risiedeva in altra città ci si può
rivolgere ad un’ agenzia di disbrigo pratiche, in entrambi i casi addossando il relativo costo al condomino resosi irrepetibile. Morte.
Un caso particolare è quello della morte del condomino. In tale ipotesi, se l’ amministratore è a conoscenza dell’evento ma non degli
eredi, non è obbligato a fare alcuna ricerca, e quindi non è tenuto ad inviare alcun avviso di convocazione, fino a quando gli eredi
non siano manifestati ( Corte di Cassazione 15 / 2 / 2007, n° 6926 ).
< < Lettera B > >
BALCONE
I balconi e il loro utilizzo sono fonte perenne di discussione: dai panni stesi allo sgocciolamento dell’ acqua usata per annaffiare
piante e fiori, dalla caduta di briciole, al “ fall out “ liberato dalla battitura dei tappeti, per non parlare delle spese da sostenere quando
è necessario rifargli e magari non tutti i condomini godono di questo spazio esterno. I balconi non rientrano fra le parti comuni dell’
edificio ( Corte di Cassazione 7 / 9 / 1996, n° 8159 ) ma non fare parte integrante dell’ appartamento cui si riferiscono. Alcuni
elementi di essi, però ( per esempio: i decori ), se destinati all’ abbellimento della facciata sono considerati parti comuni dell’ edificio;
la circostanza, da valutarsi caso per caso, rileva ai fini della ripartizione delle spese. Non è raro che un balcone venga trasformato in
→ Veranda. Il balcone va tenuto distinto dal > > Lastrico solare di uso esclusivo. Apertura: è possibile aprire un balcone nella
facciata, alle seguenti condizioni:
> si deve rispettare il decoro architettonico dell’ edificio;
> non si deve arrecare danno alle parti comuni o alla proprietà individuale di uno o più condomini;
> va rispettata la normativa urbanistica e quella sulla distanza legale fra costruzioni.
L’ apertura di un balcone è consentita anche se questo sporge sul cortile condominiale, con conseguente occupazione della colonna
d’ aria sovrastante la parte comune; occorre però accertare che l’ iniziativa non pregiudichi la normale fruizione o la possibilità di
utilizzo del cortile da parte degli altri condomini ( Corte di Cassazione 21 / 6 / 1993, n° 6850 ). In pratica l’ innovazione non deve
comportare un sensibile diminuzione di aria e luce a carico di un condomino o delle parti comuni dell’ edificio. Una volta accertato
che non vi siano controindicazioni ( ma sul decoro architettonico si può sempre discutere ), se ne deve dare preventiva notizia
all’ amministratore, specificando i dettagli dell’ intervento e le modalità di esecuzione. L’ amministratore, a sua volta, ne riferisce
all’ assemblea ( secondo comma articolo 11222 codice civile ). Danni. La distinzione, nell’ ambito dei balconi, fra parti comuni e parti
esclusive, si riflette sull’ accertamento di chi sia tenuto a risarcire gli eventuali danni che dovessero derivare da questa porzione del
fabbricato: il condominio o il singolo proprietario, a seconda che si tratti di una parte considerata comune o di proprietà esclusiva.
Cosi, se i decori sono riguardabili come abbellimento dei solo balcone, del danno risponderà il proprietario; se, invece, hanno
funzione di abbellimento della facciata, sono considerati parti comuni dell’ edificio, per cui toccherà al condominio risarcire il danno
( Corte di Cassazione 7 / 9 / 1996, n° 8159 ). In particolare, con riferimento ai frontalini ( ossia alla parte visibile della soletta del
balcone), la Corte di Cassazione ( sentenza n. 2241 del 30 / 1/ 2008 ) li ha considerati beni comuni, in quanto elementi che
s’ inseriscono nella facciata e concorrono a costituire il decoro architettonico dell’ edificio. Se però il danno è causato direttamente
dal proprietario del balcone, sarà questi a doverlo risarcire, come nel caso del distacco di un pezzo d’ intonaco provocato da una
pianta rampicante, da infiltrazioni dovute all’ annaffiatura o da cattiva manutenzione. Divieti. Un condomino non può alzare il
parapetto del balcone se ciò compromette il decoro architettonico dell’ edificio, né può spostare in avanti la ringhiera, acquisendo la
possibilità, fino a quel momento preclusa, di affacciarsi sulla sottostante terrazza ( Tribunale di Napoli 18 / 6 / 19998 ). Inoltre sul
balcone non si possono stendere panni se ciò è vietato dal regolamento del condominio o da quello di polizia urbana. In particolare,
il Tribunale di Milano ( sentenza del 27 / 9 / 1965) ha considerato in contrasto con l’ articolo 1102 codice civile l’ esposizione di
biancheria sgocciolante da balconi o finestre degli appartamenti nel sottostante cortile condominiale, mentre il Giudice di pace di
Caserta ( sentenza del 28 / 4 / 1998 ) ha considerato la sciorinatura ( ossia l’ esposizione ) di panni sulle ringhiere dei panni superiori
compresa nei limiti della normale tollerabilità per i proprietari delle unità immobiliari sottostanti. Il Tribunale di Bologna, infine
( sentenza del 4 / 3 / 1993 ), ha precisato che la norma del regolamento condominiale che impone di non sciorinare i panni riguarda
esclusivamente le parti comuni nel rispetto di un generale principio di decoro architettonico, e non è pertanto applicabile quando si
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tratti del rapporto tra due proprietà individuali; in tale ipotesi, quindi, trovano applicazione le norme sui rapporti di buon vicinato e
quella che obbliga a risarcire l’ eventuale danno provocato dolorosamente o colposamente ( articolo 2043 codice civile ). Altro punto
“ caldo “ è la trasformazione del balcone in > > Veranda. Scale. I balconi di cui fossero dotate le scale, che siano accessibili
unicamente da queste e abbiano una funzione architettonica, si presume rientrino fra le parti comuni dell’ edificio, ai sensi dell’
articolo 1117 codice civile ( Corte di Cassazione 13 / 12 / 1979, n° 6502 ). Soletta. La soletta, vale a dire la struttura di sostegno del
piano di calpestio, è in comproprietà con il titolare del balcone sottostante. La colonna d’ aria compresa fra il piano di calpestio del
balcone sovrastante, invece, appartiene al proprietario del balcone sottostante. È possibile installare sulla soletta sovrastante
apparecchi d’ illuminazione o farvi vegetare piante rampicanti ( Corte di Cassazione 16 / 1 / 1987, n° 283 ). In seguito la Suprema
Corte ( sentenza n. 14576 del 30 / 7 / 2004 ) ha distinto fra balconi aggettanti, cioè sporgenti dal fronte facciata, e balconi rincasati
nel corpo dell’ edificio o interni a esso, considerando la soletta in comproprietà nel caso di balcone incassato e non nel caso di
balcone aggettanti. Di conseguenza il proprietario dell’ appartamento sottostante non può agganciare la tenda alla soletta del
sovrastante balcone aggettante, a meno che il proprietario di questo non lo consenta ( Corte di Cassazione 17 / 7 / 2007, n° 15913 ).
Spesa. Le spese occorrenti al rifacimento dei balconi costituenti pertinenza dei vari appartamenti gravano sui rispettivi proprietari,
con la sola eccezione di quelle relative agli elementi decorativi se destinati all’ abbellimento della facciata nel suo insieme e non del
singolo balcone, da porsi a carico di tutti i condomini su base millesimale ( Corte di Cassazione 28 / 11 / 1992, n° 12792 ): rientrano
nel concetto, per esempio, i rivestimenti e i frontalini. Alla spesa richiesta dai decori dei balconi, se destinati all’ abbellimento della
facciata, devono contribuire anche i condomini i cui appartamenti non siano dotarti di balcone o siano situati su un altro lato
dell’ edificio ( Corte di Cassazione 30 / 7 / 2004, n° 14576 ). L’ indagine volta ad accertare se gli elementi decorativi sono finalizzati
ad abbellire il balcone o non piuttosto la facciata nel suo insieme dev’ essere condotta in concreto, in relazione alle caratteristiche
dell’ edificio ( fra gli elementi decorativi possono essere compresi, a seconda dei casi, anche le ringhiere e i divisori ). La Corte
d’ Appello di Napoli ( sentenza del 16 / 10 / 1990 ), per esempio, ha posto la spesa per la riparazione delle colonnine e dei pilastrini
che fanno parte integrante del parapetto dei balconi a carico del proprietario esclusivo, motivando con il fatto che il parapetto assolve
la funzione primaria di protezione dell’unità immobiliare del condominio; la Corte d’ Appello di Salerno ( sentenza del 16 / 3 / 1992 ),
invece, al pari del Tribunale di Roma ( sentenza n° 31717 del 24 / 11 / 2004 ), ha posto le spese per il rifacimento dei parapetti a
carico del condominio, insieme ai doccioni ( canalini che allontanano l’ acqua del piano di calpestio del balcone ) e delle fasce
d’ intradosso ( superfici interne delle porte e delle finestre ). Anche la verniciatura dei parapetti, trattandosi di elementi cromatici
inseriti nella facciata e quindi componenti del decoro architettonico dell’ edificio, viene posta dai giudici a carico di tutti i condomini, in
base ai millesimi di proprietà, mentre la spesa richiesta dalla sostituzione dei gocciolatoi ( canalini che facilitano il deflusso
dell’ acqua del parapetto ) compete al proprietario se non possono essere considerati ornamenti della facciata. In caso contrario la
spesa va divisa fra tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà. In occasione del rifacimento della facciata l’ assemblea
può imporre ai singoli condomini la sistemazione dei parapetti dei balconi, qualora siano riguardabili come elementi decorativi della
facciata, deliberando con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000
( Corte di Cassazione 3078/1994, n° 7603 ). Se però si tratta di lavori particolarmente costosi occorre anche in seconda
convocazione il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Vasi. Sui
parapetti dei balconi si possono collocare vasi di fiori, salvo non lo vieti il regolamento; i vasi, però, devono essere contenuti
all’ interno di fioriere saldamente ancorate alla ringhiera e non devono creare problemi di stillicidio ( Tribunale di Bologna 1 / 3 / 1993
), ossi di caduta di acqua dai piani inferiori. Se il balcone è separato dal sottostante locale da una pavimentazione in vetrocemento,
non è possibile collocarvi vasi se chi sta al piano di sotto vanta una servitù per ricevere luce.
BARRIERE ARCHITETTONICHE
Il problema del superamento delle barriere architettoniche nel condominio ha il suo riferimento normativo nella: 9 / 1 / 1989, n° 12.
Questo provvedimento ha il dichiarato obiettivo di favorire, nell’ ambito del condominio, l’ introduzione di innovazioni che possono
facilitare la mobilità delle persone disabili. L’ assemblea può deliberare a riguardo con il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. Il Tribunale di Milano ( sentenza del 19 / 9 / 1991 ) ha ritenuto che,
dovendosi deliberare l’ installazione dell’ ascensore, la maggioranza prevista dalla legge possa essere applicata anche se nel
fabbricato non vivono portatori di handicap, trattandosi d’ intervento finalizzato a consentire l’ accesso all’ edificio anche ai disabili
che, dovessero recarvisi e non solo a coloro che vi abitano stabilmente. Informazioni. A parte i numerosi siti Internet attivati dalle
associazioni di categoria e da diversi Comuni si può chiamare, dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 19 ( il sabato dalle ore 9 alle
13 ), il numero 800 810 810 del servizio Super Abili predisposto dall’ INAIL ( la chiamata è gratuita da tutta Italia, esclusi telefoni
cellulari ), oppure collegandosi al sito www.superabile.it. Iter da seguire. Va premesso che la condizione di disabile dev’ essere
accertata dalla speciale commissione prevista dall’ articolo 4 della Legge 5 / 2 / 1992, n° 104 ( Corte di Cassazione 30 / 1 / 2002, n°
1197 ). Il Pretore di Roma, con sentenza del 15 / 5 / 1996, ha considerato disabile anche chi, pur non essendo affetto da
menomazioni motorie, si trovi in minorate condizioni fisiche. Per l’ installazione dell’ ascensore o per la realizzazione di altra
apparecchiatura che consenta il superamento delle barriere architettoniche ( si pensi ad uno scivolo ), il disabile, o chi esercita su di
lui la potestà o la tutela, deve presentare all’ amministratore una richiesta scritta convocare l’ assemblea entro 30 giorni ( terzo
comma articolo 1120 del codice civile ). Se questa non approva la richiesta il disabile può installare a proprie spese il servo scala
( piattaforma mobile ripiegabile con l’ indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi
proposti. L’ amministratore è tenuto a e, fissata ai piedi della scala e azionata elettricamente, che consente ai portatori di
handicap di raggiungere i piani superiori dell’ edificio senza scendere dalla carrozzella ) oppure altra struttura mobile facilmente
rimovibile. È inoltre possibile modificare l’ ampiezza delle porte per rendere più agevole l’ accesso agli edifici, agli ascensori e alle
rampe dei garage ( articolo 2 della Legge 9 / 1 / 1989, n° 13 ) Queste opere, per le quali è prevista una deroga alla normativa sulle
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distanze legali, non devono però recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, né possono rendere talune parti
comuni inservibili all’ uso o al godimento anche di un solo condomino ( in questi casi, quindi, è necessario il consenso di tutti gli altri
condomini: la Corte di Cassazione, per esempio ( sentenza n. 12847 dell’ 1 / 6 / 2007 ), ha sancito l’ illegittimità della delibera con la
quale l’ assemblea, per favorire un disabile, aveva disposto l’ installazione di un ascensore che avrebbe comportato il restringimento
della rampa delle scale di 85 cm., rendendo disagevole il contemporaneo passaggio di più persone e problematico il trasporto di
oggetti di grosse dimensioni. Superabile invece lo scoglio del decoro architettonico; la Suprema Corte, infatti ( sentenza n° 18335
del 25 / 10 / 2012 ), ha stabilito che l’ installazione dell’ ascensore avviene per favorire un disabile o un anziano, è consentita
ancorché comporti alterazioni del decoro architettonico dell’ edificio. Non si può comunque pretendere che sia il condominio a
realizzare le opere ( Pretore di Roma 15 / 5 / 1996 ). Nei casi in cui queste vengano realizzate esclusivamente a cura e spese del
disabile, gli altri condomini e i loro eredi o aventi causa possono in qualunque tempo partecipare ai vantaggi dell’ innovazione,
contribuendo alle spese, opportunamente rivalutate, come previsto dall’ articolo 1121 codice civile. Per l’ installazione si può
usufruire dei contributi previsto dall’ articolo 9 della Legge 9 / 1 / 1989, n° 13 ( il cui terzo comma precisa che il beneficio spetta
anche ai condomini dell’ edificio in cui risiede il portatore di handicap ), mentre le spese di esercizio ( per esempio forza motrice )
gravano sul condominio che utilizza il servo scala. Se gli interventi sono stati deliberati dall’ assemblea, alle spese di installazione
devono contribuire i soli condomini della scala interessata all’ intervento, mentre a quelle di esercizio deve contribuire il solo
disabile, salvo diverso accordo con gli altri condomini.
BILANCIO
La stesura del bilancio rientra tra i principali compiti dell’ amministratore, ma se il professionista trascura di redigerlo non può esservi
costretto attraverso il giudice; i condomini, infatti, possono rivolgersi all’ Autorità giudiziaria solo per chiedere la revoca dell’
amministratore ( App. Catanzaro 8 / 7 / 1996 ), come previsto dall’ undicesimo comma dell’ articolo 1129 codice civile. Il bilancio si
distingue in preventivo e consuntivo. nel bilancio preventivo vengono indicate tutte le entrate e tutte le spese che caratterizzano l’
esercizio che si apre, mentre nel bilancio consuntivo si dà conto ( dal che è conosciuto anche come rendiconto ) delle entrate e delle
spese registrate nell’ esercizio che si è chiuso. Il periodo di riferimento è l’ anno condominiale, che può anche non coincidere con l’
anno solare, in molti condomini, per esempio, il periodo di gestione ha inizio con il giorno di accensione del riscaldamento, per
terminare il giorno, precedente a questo, dell’ anno successivo. Un’ altra distinzione è quella che vede da un lato il bilancio di
competenza e dall’ altro il bilancio di cassa. Il bilancio di competenza considera spese ed entrate relative all’ anno condominiale,
prescindendo dal fatto che siano state materialmente erogate o incassate in quel periodo. Il bilancio di cassa, invece, considera le
spese e le entrate effettivamente erogate e riscosse nel periodo considerato, anche se riferite ad un altro anno condominiale. Il
Tribunale di Milano, con sentenza n° 5036 del 20 / 6 / 1991, ha stabilito che il rendiconto dev’ essere sempre strutturato con
riferimento al criterio di cassa. Approvazione. L’approvazione del bilancio richiede il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Non occorre che l’ approvazione sia preceduta da una o più
o meno ampia discussione: l’ assemblea, infatti, può procedere all’ approvazione sintetica del documento restando fede ai dati forniti
dall’ amministratore ( Tribunale Torre Annunziata 12 / 2 / 1998 ). E’ anche possibile approvare il bilancio preventivo senza aver
approvato quello consuntivo dell’anno precedente, a meno che un regolamento contrattuale non disponga diversamente ( Corte di
Cassazione 30 / 12 / 1997, n° 13100 ). In sede di approvazione del bilancio consuntivo l’ assemblea può rettificare una spesa fatta
dall’ amministratore, ma occorre una delibera specifica ( Tribunale di Genova 27 / 1 / 2004, n° 327 ). L’ amministratore che sia anche
condomino deve astenersi dal votare il bilancio, versando in una situazione di conflitto d’ interessi; se non dovesse farlo la delibera
sarebbe ugualmente valida se, sottraendo dal totale dei voti favorevoli quello che non poteva essere espresso, si raggiunge
ugualmente il richiesto quorum ( Corte di Cassazione 22 / 7 / 2002, n° 10638 ). Il condomino non può rifiutarsi di pagare i contributi
dovuti in base ad un bilancio regolarmente approvato, a meno che non impugni la relativa delibera davanti al giudice nel termine di
legge: irrilevante, di conseguenza, qualsiasi contestazione scritta avanzata in sede stragiudiziale ( Corte di Cassazione 14 / 7 / 1989,
n° 3291 ). Controllo. L’ assemblea può in qualsiasi momento, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in
rappresentanza di almeno 500 / 1.000 ( sia in prima che in seconda convocazione ), nominare un revisore che verifichi la
contabilità del condominio. La relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà ( primo comma
articolo 1130-bis ). Naturalmente i condomini hanno il diritto di controllare, ed eventualmente estrarre copie a proprie spese, la > >
Documentazione di supporto al bilancio. Forma. Il bilancio deve contenere le voci di entrata e di uscita, e ogni altro dato
inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili e alle eventuali riserve, che devono essere
espressi in modo da continuare l’immediata verifica. Il bilancio si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo
finanziario e di una nota sintetica esplicativa della gestione, con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni
penderti ( primo comma articolo 1130-bis ). Forma a parte , l’ importante è che il bilancio rifletta in modo completo, e soprattutto
veritiero, la situazione dei conti condominiali, e che i relativi dati siano ordinati in maniera tale da mettere i condomini in condizione di
verificare entrate, uscite e quota dovuta ( Corte di Cassazione 25 / 11 / 1975, n° 3936 ); è dalla sua lettura, infatti, e dall’ esame della
. >> Documentazione giustificativa allegata ad esso ( le cosiddette “ pezze d’ appoggio “ ), che i condomini possono rendersi conto
delle spese da affrontare ( il bilancio preventivo ) e di quelle sostenute ( bilancio consuntivo ). In particolare, si devono distinguere
analiticamente le spese occorrenti all’uso delle parti comuni da quelle richieste dalla loro conservazione; questo accorgimento,
infatti, se tra i partecipanti vi sono usufruttuari di unità immobiliari, consente di ripartire tra questi e i nudi proprietari, con una
semplice operazione aritmetica, le spese da ciascuno dovute ( Corte di Cassazione 21 / 11 / 2000, n° 15010 ). La contabilità, di
regola, è divisa in due parti: nella prima vengono riportate tutte le voci di spesa, indicate, oltre che nell’ importo, anche con la data
del pagamento e con i riferimenti a fatture, ricevute e simili, mentre nella seconda parte si da conto della posizione dei condomini in
relazione alle quote versate e al saldo ancora da corrispondere o a credito. Di solito le voci di spesa vengono raggruppate in :
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1 > spese generali di proprietà ( compenso amministratore, assicurazione ),
2 > assicurazione,
3 > pese per i servizi comuni ( pulizia, manutenzione, energia elettrica, disinfestazione, etc. ),
4 > spese per il riscaldamento centralizzato ( acquisto combustibile, conduzione caldaia, manutenzione ),
5 > spese per il servizio di portineria,
6 > spese individuali ( sono quelle sostenute nell’ interesse esclusivo di un condomino e soltanto a questi addebitate ).
Il bilancio, che dev’ essere firmato sia dall’ amministratore sia dal presidente dell’ assemblea che lo ha approvato ( Giudice
conciliatore di Roma 14 / 5 / 1988 ), diventa operativo decorso il termine utile senza che siano state proposte impugnazioni, tranne
che si tratti di bilancio nullo: nel qual caso, infatti, la nullità può essere fatta valere senza limite di tempo. Nullità e annullabilità.
L’ invalidità del bilancio può assumere due forme: nullità e annullabilità. Il bilancio nullo - per esempio per violazione di norme
inderogabili o per menomazione dei diritti, anche di un solo condomino, derivanti dall’ atto di acquisto o da una convenzione - può
essere impugnato senza limiti di tempo ( Corte di Cassazione 31 / 3 / 1988, n° 3701 ). La Corte d’ Appello di Milano ( sentenza del
20 / 5 / 1992 ) ha considerato nullo il bilancio non veritiero, che in quanto tale trasmette la nullità della delibera dell’ assemblea che lo
ha approvato, mentre il Tribunale di Napoli ( sentenza del 9 / 7 / 1996 ) ha sancito la nullità di bilancio approvato senza l’ indicazione
delle spese relative ad un servizio in comune. E’ invece annullabile il bilancio sostanzialmente veritiero ma non redatto secondo i
criteri di un’ ordinata e rigorosa contabilità; la relativa delibera dev’ essere impugnata entro 30 giorni, decorrenti: per i dissenzienti
dal giorno in cui è sta adottata, per gli assenti dal giorno della comunicazione. Pure annullabile la delibera di approvazione di un
rendiconto che non contenga la specificazione della voce relativa alle spese generali, neppure per grandi linee e per raggruppamenti
omogenei ( Corte di Cassazione 6 / 2 / 1984, n° 896 ).
BOVINDO
Il bovindo ( forma italianizzata dell’ inglese bow window ) è un tipo particolare di veranda, sporgente rispetto al muro perimetrale. La
sua costruzione, se implica l’ incorporazione di una parte della colonna d’ aria sovrastante il cortile condominiale, non è consentita (
Corte di Cassazione 13 / 4 / 1991, n° 3952 ), a meno che non vi sia il consenso degli altri condomini.
< < Lettera C > >
CAMPANELLI
L’ installazione della pulsantiera con a fianco i nomi dei condomini e il relativo campanello per farsi aprire il portone, ma senza
essere messi in comunicazione con l’ appartamento come avviene con il citofono, può essere deliberata con il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000.
CANCELLO
Apertura. E’ possibile trasformare il sistema di apertura del cancello, da manuale a elettrico, con il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. ( Corte di Cassazione 29 / 8 / 1992, n°
9999 ). Con la stessa maggioranza può essere deliberata la sostituzione dell’ apertura ad ante con una scorrevole. Se invece si
vogliono ricavare da un unico, grande cancello, due cancelli: uno carrabile e uno pedonale, è necessario che la trasformazione non
impedisca l’ uso di quello carrabile anche ad un solo condomino, magari perché proprietario di un’ autovettura molto larga.
Chiusura: la chiusura del cancello di accesso ai posti macchina situati nel sottosuolo dell’ edificio non costituisce innovazione ma va
considerata come una regolamentazione dell’ uso ordinario della cosa comune, consistente nel non consentire a terzi estranei al
condominio l’ indiscriminato accesso al sottosuolo. Di conseguenza può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza
degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000 ( Corte di Cassazione 29 / 8 / 1992, n.° 9999 ).
Installazione: l’ assemblea può deliberare l’ installazione di un cancello ( o di una sbarra automatica, Corte di Cassazione 28 / 11 /
1986, n° 7023 ) all’ ingresso del cortile. Non si deve però limitare il diritto che i condomini hanno di fruire di questo spazio comune,
per cui dev’ essere consegnata a ciascun condomino una copia della chiave o del telecomando. Sarebbe pertanto illegittima, per
eccesso di potere, la delibera che prevede la consegna delle chiavi al solo portiere o ad alcuni soltanto dei condomini ( Tribunale di
Milano 26 / 5 / 1994 ). Un condomino può installare un cancello per creare un altro accesso alla propria unità immobiliare, a
condizione, però, di non pregiudicare la statica o il decoro architettonico del fabbricato, e di non ledere i diritti degli altri condomini
( Corte di Cassazione 1 / 8 / 2002, n° 11411). Alle stesse condizioni il condomino può, per sua comodità, mettere in comunicazione
uno spazio condominiale con la pubblica via ( Corte di Cassazione 30 / 5 / 2003, n° 8808 ): in entrambi i casi, infatti, si tratta di porre
in essere un uso più intenso delle cose comune, come previsto dall’ articolo 1102 codice civile. Non costituisce innovazione
neppure il ripristino di un cancello inutilizzato da anni ( App. Milano 25 / 6 / 1991 ). Spese. La spesa d’ installazione o modifica del
sistema di apertura va ripartita tra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, indipendentemente dal numero di autovetture
possedute da ciascuno ( Tribunale di Milano 4 / 3 / 1991 ). Se il cancello è posto esclusivamente al servizio delle autovetture di
alcuni condomini, gli altri non sono tenuti a concorrere alle spese di manutenzione, ai sensi del terzo comma dell’ articolo 1123
codice civile ( App. Roma 15 / 7 / 1994 ); questa norma, infatti, stabilisce che, se nel condominio vi sono impianti destinati a servire
una parte del fabbricato, le spese di manutenzione sono a carico del gruppo dei condomini che ne trae utilità. Se vi sono due cancelli
collocati in successione, e, per come sono ubicate le autorimesse, alcuni condomini ne usano uno soltanto, mentre altri sono
costretti ad usarli entrambi, questi ultimi concorreranno con gli altri alle spese di manutenzione del primo cancello, e dovranno inoltre
farsi esclusivo carico dei costi relativi al secondo, fatto salvo un diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini.
Lucchetto. L’ amministratore può sostituire il lucchetto del cancello senza l’ autorizzazione dell’ assemblea, se la sostituzione è
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determinata dall’ esigenza di salvaguardare i diritti dei condomini sulle cose comuni: per esempio perché il lucchetto si è rotto o
risulta che estranei si sono procurati la chiave ( Tribunale di Milano 18 / 5 / 1992 ).
CANNA FUMARIA
La canna fumaria può appartenere in proprietà esclusiva al singolo condomino, se destinata soltanto al servizio della sola unità
immobiliare, o appartenere in comproprietà a più condomini, se destinata al servizio delle rispettive unità immobiliari, ubicate sulla
stessa verticale del manufatto. Allaccio. Per allacciarsi alla canna fumaria di proprietà di un altro condomino è ovviamente
necessario il suo consenso, sempre che l’ innesto sia compatibile con la speciale normativa esistente in materia ( Legge 9 / 1 /
1991, n° 10 ). Ci si può invece allacciare - sempre normativa permettendo - alla canna fumaria dell’ impianto centralizzato di
riscaldamento dismesso, per immettervi i fumi di quello autonomo ( Corte di Cassazione 17 / 2 / 1995, n° 1719 ). Distanza. La
legge non prevede il rispetto di una distanza precisa tra la canna fumaria e la finestra del vicino. La distanza di almeno un metro dal
confine, che il secondo comma dell’ articolo 889 codice civile prescrive per l’ installazione dei tubi di acqua, gas e simili, infatti, si
riferisce alle condutture che abbiano un flusso costante di sostanze liquide o gassose e comportino conseguentemente un periodi
permanente per il fondo vicino, in relazione alla naturale possibilità di trasudamento e di infiltrazioni. Trova pertanto applicazione il
successivo articolo 890 in materia di distanza per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi, che rimanda alla distanza eventualmente
prevista dai regolamenti locali ( Corte di Cassazione 13 / 12 / 1994, n° 10652 ); in mancanza di questi, si deve osservare una
distanza necessaria a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, alla salute e alla sicurezza. Divieti. Il condomino non può
ostruire la canna fumaria che serve anche i sottostanti appartamenti. In caso contrario il proprietario danneggiato può agire, anche
con richiesta al giudice di un provvedimento d’ urgenza, per il ripristino dei luoghi e, in sede di causa di merito, per il risarcimento del
danno. Se però chi ha posto in essere la violazione, dimostra che sono trascorsi più di 20 anni dall’ otturazione, e che il
comproprietario della canna fumaria non l’ ha utilizzata per tutto il periodo, il ricorrente dovrà rassegnarsi alla perdita del diritto per
prescrizione. È invece legittimo ridurre la sezione della canna fumaria, ma a patto che la modifica non ne alteri la destinazione e non
impedisca agli altri condomini di fare parimenti uso ( Corte di Cassazione 29 / 4 / 1996, n.° 1092 ). Installazione. La spesa per
l’ installazione di una canna fumaria comune dev’ essere ripartita in base ai millesimi di proprietà fra i soli condomini che fruiscono
dell’ impianto: la canna fumaria, infatti, costituisce l’ applicazione più frequente del cosiddetto > > Condominio parziale. Il condomino
può appoggiare una canna fumaria al muro comune ( per esempio quello di una chiostrina, Tribunale di Roma 22 / 6 / 2005 ). Ciò a
condizione che l’ intervento non alteri la stabilità, la sicurezza o il decoro architettonico dell’ edificio ( Tribunale di Napoli 17 / 3 / 1990
), che sia rispettata la normativa sulle distanze legali ( Corte di Cassazione 6 / 3 / 2002, n° 3199 ) e che il manufatto non leda il diritto
degli altri condomini sulle parti comuni dell’ edificio e su quelle di proprietà esclusiva. Inoltre le > > Immissioni di fumo e calore
provenienti dall’ impianto non devono superare la normale tollerabilità. Se ci sono tutti questi presupposti non è necessaria l’
autorizzazione dell’ assemblea, ma per evitare possibili contestazioni soprattutto sotto il profilo dell’ alterazione del decoro
architettonico dell’ edificio è preferibile acquisire il consenso de quest’ organo condominiale. Non è invece consentito inserire una
canna fumaria nel muro condominiale o in quello comune a un altro condomino, perché questo tipo d’ intervento non configura un
uso particolare o più intenso del bene comune ai sensi dell’ articolo 1102 codice civile, ma un’ invasione della proprietà altrui,
condominiale o singola che sia ( Corte di Cassazione 10 / 5 / 2004, n° 8852 ). È possibile utilizzare tetto e lastrico solare per inserirvi
il comignolo di una canna fumaria ( Corte di Cassazione 7 / 3 / 1992, n° 1774 ), anche più d’ uno se occupano una porzione esigua
di queste parti comuni dell’ edificio ( Tribunale di Milano 30 / 12 / 1991); inoltre le dimensioni del manufatto non devono essere tali da
impedire agli altri condomini di sistemare a loro volta sul tetto o sul lastrico analogo manufatto, o da menomare la funzione di
calpestio di queste parti comuni. La corte di Cassazione ( sentenza n. 8040 dell’ 878/1990 ) ha consentito questo tipo d’ intervento
anche in presenza di un regolamento condominiale che prevedeva il divieto di sopraelevazione. Nei centri abitati l’ altezza del
comignolo deve superare in altezza non solo la copertura dell’ edificio, ma anche quella dei fabbricati adiacenti per evitare
inconvenienti ai vicini ( C. Stato 5 / 10 / 2011, n.° 5474 ). Il proprietario, nell’ installare una canna fumaria su una parte comune dell’
edificio, per esempio il tetto, non può attraversare la proprietà esclusiva di un altro condomino senza il suo consenso ( Corte di
Cassazione 2 / 8 / 1977, n° 3385 ). Pulizia. La spesa corrente della pulizia della canna fumaria viene generalmente suddivisa per
metà in misura inversamente proporzionale all’ altezza di ciascun piano dal suolo ( paga meno chi abita più in alto ), e per l’ altra
metà in ragione dei millesimi di proprietà. Il condomino non può più sigillare l’ accesso alla canna fumaria comune per sottrarsi alla
spesa, a meno che gli altri condomini che fruiscono dell’ impianto non vi acconsentano. Ripristino. Se una canna fumaria comune a
più condomini è divenuta inservibile, ciascuno può pretendere che venga ripristinata, ai sensi dell’ articolo 1118, secondo comma, e
1123, terzo comma, codice civile. Alla spesa devono concorrere tutti i condomini che la utilizzavano, anche quelli che nel frattempo
avessero provveduto in un altro modo allo smaltimento dei fumi.
CASSETTE POSTELI
La spesa richiesta dall’ installazione delle cassette postali va ripartita fra i condomini in parti uguali, trattandosi di servizio del quale i
condomini usufruiscono in uguale misura. Se non vi è apposita cassetta condominiale destinata a ricevere la pubblicità che,
pressoché quotidianamente, viene distribuita dagli incaricati delle varie società, e non si vuole ricevere questo tipo di comunicazione,
è sufficiente apporre sulla propria cassetta un invito a non introdurvi materiale pubblicitario. Per non ricevere il materiale pubblicitario
distribuito dal portalettere, oltre all’ invito collocato sulla cassetta è necessario inviare apposita richiesta scritta all’ ufficio postale
incaricato del recapito. Per il Giudice di pace di Bari ( sentenza del 22 / 12 / 2003 ) chi è attinto da una forma di pubblicità
commerciale ossessiva, aggressiva e invadente, qual è quella svolta attraverso l’ inserimento di volantini nella propria cassetta
postale, ha diritto al risarcimento del danno esistenziale, derivante sia dal fastidio di dover svuotare quotidianamente la cassetta, sia
dalla lesione del diritto al rispetto della propria sfera di riservatezza e quiete privata.
CAVO TELEFONICO
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L’ assemblea non può, a maggioranza, accordare a una Compagnia telefonica la servitù di passaggio di un cavo telefonico sulla
facciata dell’ edificio; trattandosi, infatti, di costituire una servitù, è necessario il consenso di tutti i condomini ( Corte di Cassazione
30 / 3 / 1993, n° 3865 ).
CITOFONO
Installazione. Installare il citofono in un edificio che ne sia sprovvisto non costituisce innovazione voluttuaria, trattandosi d’ impianto
che introduce una comodità per i condomini. Questo anche nel caso in cui vi sia un normale servizio di portierato durante le ore
diurne ( Tribunale di Milano 11 / 5 / 19970 ). Per dare il via libera all’ installazione è quindi sufficiente il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti all’ a ssemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. anche la sostituzione dell’impianto non più
funzionante non è considerata innovazione e può essere approvata con la stessa maggioranza; lo stesso dicasi se si tratta di
sostituire il citofono con un > > Videocitofono. E’ possibile installare un impianto singolo a propria cura e spese, a condizione di non
alterare la destinazione della parte comune della quale è collocato, sempre che l’ intervento non impedisca agli altri condomini di
farne parimenti uso. Spesa: il criterio da seguire alla ripartizione fra i condomini della spesa richiesta dall’installazione di un impianto
citofonico condominiale è, salvo diverso accordo, quello dettato dell’ articolo 1123, codice civile, ossia in base ai millesimi di
proprietà. Il Tribunale di Bologna ( sentenza del 22 / 5 / 1998 ) ha però distinto, nell’ ambito di questo tipo d’ impianto, parti comuni (
per esempio il quadro esterno e il tratto di cavo fino alla diramazione delle singole unità immobiliari ) e parti di proprietà esclusiva dei
singoli condomini ( per esempio il ricevitore ), ritenendo applicabile il criterio dei millesimi di proprietà soltanto alle prime; pertanto, se
un condomino vuole installare più terminali deve accollarsi la relativa spesa.
CONDIZIONATORI D’ ARIA
Se l’ edificio è dotato d’ impianto centralizzato di aria condizionata, questo si considera comune fino al punto in cui le canaline
entrano nelle proprietà esclusive. Se i compressori sono collocati sul lastrico solare ( soprattutto se nella parte centrale, non visibile
dall’ esterno ) non dovrebbero sorgere problemi dal punto di vista dell’ alterazione del decoro architettonico dell’ edificio, ma bisogna
fare in modo che il loro rumore non disturba il sonno non solo dei condomini degli ultimi piani, ma anche delle persone che abitano
negli edifici vicini. Autorizzazione comunale. Per installare un condizionatore potrebbe essere richiesta l’ autorizzazione comunale;
è pertanto consigliabile verificare preliminarmente presso l’ ufficio tecnico del Comune se è richiesto l’ espletamento di questa
formalità. Le sezioni Unite del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Siciliana, per esempio ( decisione n. 682 del 13 /
12 / 1993 ), hanno stabilito che l’ ancoraggio di un condizionatore d’ aria a un muro esterno va considerato installazione d’ impianto
tecnologico al servizio di edifici già esistenti e pertanto, ai sensi dell’ articolo 5 della Legge Regionale 10 / 8 / 1985, n° 37, richiede
autorizzazione, pena l’ irrogazione delle sanzioni pecuniarie di cui all’ articolo 10 della Legge 28 / 2 / 1985, n° 47, salvo il potere del
Sindaco di tutelare il decoro generale degli edifici interessati ai sensi del regolamento dell’ edificio. Condensa. Il Tribunale di Padova
( sentenza n. 352 del 22 / 2 / 2011 ) ha considerato legittimo il foro praticato nel muro comune per farvi passare un tubo che
smaltisca la condensa prodotta da un condizionatore d’ aria, ma illegittimo l’ innesto del tubo di scarico del pluviale condominiale,
perché cosi facendo si verrebbe ad alterare la funzione di questa parte comune dell’ edificio, che è quella di provvedere allo
smaltimento delle sole acque meteoriche. Inquilino. Il conduttore, come previsto dall’ articolo 10 della Legge 27 / 7 / 1972, n° 392,
ha diritto di voto al posto del proprietario quando l’ assemblea deve decidere sulle spese e sulle modalità di gestione dei servizi di
condizionamento d’ aria e di riscaldamento. La convocazione da parte dell’ amministratore dev’ essere, comunque, inviata al
condomino-locatore, che a sua volta avviserà il conduttore. Installazione. Salvo che il regolamento del condominio non la vieti, l’
installazione sul muro perimetrale coincidente con la proprietà esclusiva di un condomino, di un condizionatore d’ aria rientra fra gli
usi consentiti della cosa comune e teoricamente può essere effettuata senza autorizzazione dell’ assemblea. Se però, come, di fatto,
accade, si ha ragione di temere che, per le dimissioni dell’ impianto o per l’ ubicazione e le caratteristiche dell’ edificio, dell’
innovazione potrebbe derivare alterazione del decoro architettonico, è consigliabile trasmettere all’ amministratore un disegno della
parte visibile, affinché lo sottoponga all’ assemblea per l’ approvazione o per l’ introduzione di eventuali modifiche; ciò per evitare di
essere coinvolti in eventuali liti giudiziarie ( l’ autorizzazione è in ogni caso necessaria se richiesta dal regolamento ). La Corte di
Cassazione ( sentenza n. 12343 del 22 / 8 / 2003 ) ha stabilito che l’ installazione, da parte di alcuni condomini, di un voluminoso
condizionatore sul muro perimetrale comune è considerata una modifica dell’ uso della parte comune e non un’ innovazione; in
quanto tale non deve alterare la destinazione della cosa comune né impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il
loro diritto, e neppure deve alterare il decoro architettonico dell’ edificio. Sulla stessa linea interpretativa il Tribunale di Milano (
sentenza del 9 / 1 / 2004, n° 179 ), che ha considerato illegittima, perché in contrasto con l’ articolo 1102 codice civile, l’
installazione, senza autorizzazione dell’ assemblea, del compressore di un condizionatore d’ aria della facciata del fabbricato, in
posizione sporgente e perpendicolare rispetto a uno degli ingressi condominiali, a nulla rilevando - nel caso specifico - che la
facciata in questione non fosse esposta al pubblico, ma solo ai condomini. Il Tribunale di Napoli ( sentenza del 21 / 10 / 2003 ) ha
invece considerato legittima l’ installazione del condizionatore su un prospetto interno del fabbricato, mentre il Tribunale di Monza (
sentenza del 15 / 12 / 2008 ) non ha ritenuto in contrasto con il decoro architettonico dell’ edificio l’ installazione, ad opera di un
condomino sul proprio balcone, dell’ unità esterna di un impianto di raffreddamento, ancorché l’ installazione comportasse una
modifica dell’ originario profilo dello stabile, dal momento che le linee estetiche del fabbricato risultavano già alterate da precedenti
interventi realizzati da altri condomini. Il TAR della Puglia, a sua volta, con ordinanza n° 847 del 20 / 10 / 2011, ha stabilito che il
posizionamento di condizionatore climatici esterni dall’ edificio, pur comportando alterazione della sagoma e dell’ aspetto esteriore,
può dirsi opera minore e sostanzialmente libera, non idonea a ledere l’ interesse paesaggistico e urbanistico. Pertanto - hanno
argomentato i giudici -, nel bilanciamento dei contrapposti interessi appare prevalente quello privato, in considerazione dello scarso
impatto dell’ intervento sul corretto assetto del territorio. Il TAR della Sicilia ( sentenza 26 / 10 / 2005, n° 4101 ), infine, ha sancito l’
illegittimità dell’ ordinanza con la quale il Comune aveva ordinato la rimozione di un condizionatore d’ aria collocato sulla parete
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esterna di un fabbricato, motivando col fatto che si trattava d’ impianto assolutamente coerente con l’ uso normale dell’ immobile.
Alcuni Comuni hanno comunque ordinato la rimozione dei condizionatori collocati sugli edifici di pregio storico. Occorre pertanto fare
attenzione a non collocare i motori sul balcone piazzandoli in alto, al di sopra della linea del parapetto, visibili dalla strada. Può
essere motivo di lite anche piazzare il motore del condizionatore in cortile, se non si rispettano i limiti di cui sopra. Rumori: se le
immissioni rumorose provenienti da un condizionatore d’ aria superano la normale tollerabilità ( > > Rumori ) si può chiedere la
rimozione dell’ impianto ( Corte di Cassazione 22 / 8 / 2003, n° 12343 ). L’ uso, anche notturno, di questo tipo d’ impianto, è
sufficiente a realizzare il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, previsto dall’ articolo 659 codice penale,
anche qualora manchi la prova che il disturbo sia stato avvertito da più condomini, essendo sufficiente che “ il rumore sia stato
avvertito fastidiosamente da un numero imprecisato di vicini di casa “ ( Corte di Cassazione 12 / 7 / 2005, n° 34240 ). Più di recente
la Suprema Corte ( sentenza n. 270 dell’ 11 / 1 / 2012 ) ha precisato che il reato non sussiste se i rumori prodotti dall’ impianto
arrecano disturbo ai soli occupanti di un appartamento e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta abitazione
o nelle zone circostanti; in tali ipotesi, infatti, il disturbo viene arrecato a un numero definito di persone e non ad un numero
indeterminato di soggetti, per cui il fatto non costituisce reato ma semplice illecito civile, per il quali si è legittimati a chiedere il
risarcimento del danno.
CONDOMINIO
Cos’ è. Il condominio ( il termine deriva dalla fusione delle parole latine cum, che significa con, insieme, e domus, che significa
proprietario: vale a dire comunione, comunanza della proprietà ) è un ente di gestione senza personalità giuridica distinta da quella
dei suoi partecipanti, per cui l’esistenza dell’ organo rappresentativo unitario ( l’ amministratore ) non priva i singoli condomini del
potere di agire direttamente a tutela dei diritti connessi alla partecipazione a questo tipo di comunità. Costituzione. La nascita del
condominio non richiede un formale atto costitutivo ma si verifica con la costruzione sul suolo comune o con il frazionamento, da
parte dell’ unico proprietario, di un edificio i cui piani o porzioni vengano attribuiti a due o più soggetti in proprietà esclusiva. Ciò non
esclude che gli interessati possano formalizzare il rapporto davanti ad un notaio, magari in occasione della formazione delle tabelle
millesimali. La nascita del condominio prescinde dal rilascio del certificato di abitabilità: l’ essenziale è che sia avvenuta la
costruzione dell’ edificio e che i piani o le porzioni di piano di questo appartengano a distinti proprietari ( Corte di Cassazione 26 / 1 /
1982, n° 510 ). Norme applicabili. Per quanto non espressamente previsto dalle norme sul condominio, si applicano quelle che
regolano la comunione ( articolo 119 - 1116 codice civile ). Sede. Il condominio, non essendo una persona giuridica ma un ente di
gestione, non ha una sede in senso tecnico, a mono che non abbia adibito, nell’ambito dell’ edificio, un locale utilizzato per l’
organizzazione e lo svolgimento della gestione comune. In caso contrario il domicilio del condominio coincide con quello dell’
amministratore che lo rappresenta ( Corte di Cassazione 28 / 1 / 2000, n° 976 ). Minimo. Il condominio minimo, da non confondere
con il piccolo condominio ( ossia quello fino a otto condomini ), non quale non è obbligatoria la nomina dell’ amministratore ), è
formato da due soli condomini. Anche in questo caso estremo l’ assemblea dev’ essere formalmente convocata per deliberare sui
lavori da eseguire. Il principio è comunque derogabile se vi sono ragioni di particolare urgenza, o se vi è trascuratezza da parte dell’
altro condomino. Naturalmente si tratta un’ assemblea sui generis, cui la stessa Corte di Cassazione ( sentenza n. 5914 del 26 / 5 /
1993 ) ritiene applicabili gli articoli 1104, 1105 e 1106 codice civile, che disciplinano la comunione, e non l’ articolo 1136, che regola
l’ assemblea condominiale. Se uno dei due condomini ha anticipato una spesa nell’ interesse comune, come ci si regola? Se l’
effettuazione della spesa non era stata deliberata d’ accordo con l’ altro condomino, ai sensi dell’ articolo 1134 codice civile non si
ha il diritto al rimborso, a meno che non si tratti di spesa urgente ( Corte di Cassazione Ss.UU. 12 / 1 / 2006, n° 2046 ). Sta al
condomino che ha effettuato la spesa provare sia che questa era urgente, sia che è stato impossibilitato ad avvisare
tempestivamente l’ altro condomino. Possono sorgere problemi se le quote sono uguali, e i condomini non si mettono d’ accordo; in
questo caso ciascuno di esse può rivolgersi a Tribunale, che nomina, se lo ritiene opportuno, un amministratore. Lastrico solare. Il
criterio previsto dall’ articolo 1126 codice civile trova applicazione, ai sensi del successivo articolo 1139, anche nel caso di
condominio formato da soli due condomini; pertanto un terzo della spesa fa carico a proprietario esclusivo del lastrico solare, mentre
i restanti due terzi fanno carico al condomino alla cui unità immobiliare il lastrico serve da copertura. Usufruttuario. Gli usufruttuari
di una delle due unità immobiliari possono commissionare lavori urgenti anche nel dissenso del nudo proprietario ( Corte di
Cassazione 30 / 10 / 2007, n° 22898 ). Parziale. Quando in un edificio ci sono opere o impianti destinati a servire solo una parte dei
condomini si parla di condominio parziale: è il caso, per esempio, delle scale e dell’ascensore posti al servizio di un’ ala dell’ edificio,
o di una canna fumaria utilizzata solo dalle unità immobiliari ubicate sulla sua verticale. In uno stesso condominio possono quindi
coesistere parti ( per esempio: facciata, tetto ) comuni a tutti i condomini, e parti comuni a un numero ristretto di essi. Se l’
assemblea deve deliberare su di un impianto comune soltanto ad alcuni condomini, nel calcolare la maggioranza si deve tener conto
di essi e dei relativi millesimi ( Corte di Cassazione 8 / 6 / 1995, n° 6496 ). Allo scopo di rendere più efficiente la gestione dei
condomini in cui questo tipo di situazione è particolarmente diffuso ( vi possono essere edifici con diversi androni e quindi diverse
scale e ascensori ), può essere nominato un → Consiglio di condominio. Corridoio: la Corte di Cassazione ( sentenza n. 21246 del
10 / 10 / 2007 ) ha escluso, con riferimento alla parte finale del corridoio, che possa configurarsi un’ ipotesi di condominio parziale,
se tale parte non è dotata di autonomia rispetto alla parte anteriore di esso, quanto meno come volume di spazio e aria, nonché dal
punto di vista estetico; di conseguenza non può affermarsi che la parte finale del corridoio sia suscettibile di godimento esclusivo da
parte dei soli proprietari degli appartamenti che vi affacciano; di essa, pertanto, devono fruire anche i proprietari degli appartamenti
che si aprono sul primo tratto.
CONSIGLIO DI CONDOMINIO
Il consiglio di condominio( secondo comma dell’ articolo 1130-bis codice civile ) è un organo di raccordo fra condomini e
amministratore, che può essere nominato dall’ assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in
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rappresentanza di almeno 500 / 1000 ( Tribunale di Milano 6 / 4 / 1992 ). E’ composto da un certo numero di condomini (
almeno 3 negli edifici con almeno 12 unità immobiliari ).Generalmente vi un consigliere per ogni scala ( il cosiddetto caposcala )
o edificio ( nel caso del super-condominio ). Funzioni. Il Consiglio di condominio è in un certo senso la cinghia di trasmissione fra i
condomini e l’ amministratore, o anche fra i condomini e l’ assemblea, nel senso che cerca di filtrare le esigenze, le proposte,
eventualmente le lamentele, dei condomini e degli inquilini abitanti nella scala o nell’ edificio di competenza dei singoli componenti il
Consiglio, per sottoporle agli organi canonici, amministratore soprattutto, nei cui confronti ha una funzione di controllo e di stimolo. Il
Consiglio può anche collaborare con l’ amministratore, coadiuvandolo nell’ espletamento delle sue molteplici incombenze: si pensi
alla preparazione di un capitolato di appalto o all’ analisi dei preventivi quando si tratti di appaltarvi un’ opera o un servizio, anche se
la scelta spetta all’ assemblea. Altra funzione del Consiglio di condominio è quella consultiva: quella, cioè, di dare pareri all’
amministratore. In questo ambito il regolamento potrebbe, rifacendosi al diritto amministrativo, prevedere pareri facoltativi e pareri
obbligatori. I pareri facoltativi sono quelli che l’ amministratore è libero di chiedere o meno e, una volta che li abbia chiesti, di seguirli
oppure no. I pareri obbligatori sono invece quelli che devono essere chiesti ma che possono non essere seguiti. La carica di
consigliere di condominio non prevede compenso.
CONTO CORRENTE
L’ amministratore ( settimo comma articolo 1129 codice civile ) è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque
titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto
corrente, postale o bancario, intestato al condominio. Quest’ obbligo commette un’ irregolarità di gestione tale da legittimare la
richiesta di revoca al Tribunale ( Tribunale di Milano 29 / 9 / 1993 ). Il Tribunale di Genova, a sua volta ( sentenza del 16 / 9 / 1993 ),
ha sancito l’ illegalità della delibera con la quale l’ assemblea aveva stabilito di appoggiare l’ amministrazione condominiale su un
conto corrente intestato a una società di cui erano unici soci l’ amministratore del condominio e sua moglie. Apertura. L’ apertura del
conto corrente condominiale non richiede autorizzazione dell’ assemblea; autorizzazione che sarebbe invece necessaria se l’
amministratore volesse aprire una linea di credito a nome del condominio ( Corte di Cassazione 10 / 5 / 2012, n° 7162 ). Congiunto.
Se, per comodità operativa, è preferibile che gli assegni del conto corrente possano essere emessi, indifferentemente,
dall’amministratore e da uno o più condomini, l’ assemblea può validamente deliberare a riguardo con il voto favorevole della
maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. La circostanza, ovviamente, va formalizzata presso la
struttura dove si apre il conto. Di contro, per evitare il rallentamento della gestione è sconsigliabile aprire un conto corrente con firma
congiunta dell’ amministratore e di un condomino. Controllo. Ciascun condomino può, attraverso l’ amministratore, chiedere di
prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, degli estratti conto della banca e della posta, con la banca o la posta
che può esigere una commissione per il servizio ( settimo comma articolo 1129 codice civile ). Vantaggi. Il conto corrente
condominiale comporta diversi e sostanziali vantaggi:
a) consente ai condomini di controllare la reale situazione economica del condominio e di verificare se questo viene amministrato
correttamente; ciascun condomino può anche, per esempio, esigere che l’amministratore gli comunichi l’ ammontare degli interessi
attivi maturati, anche di quelli a lui imputabili pro quota ( Tribunale di Milano 9 / 9 / 1991 ).
b) evitare gli inconvenienti derivanti dal blocco del conto corrente personale dell’ amministratore in seguito a decesso;
c) impedisce che si crei confusione tra le diverse gestioni che fanno capo all’ amministratore.
CONTRATTI
I contratti stipulati dall’amministratore nell’ interesse del condominio sono vincolanti per i condomini, ai sensi dell’ articolo 1131
codice civile. Deve ovviamente trattarsi di contratti stipulati nell’ ambito dei criteri e degli importi di spesa fissati dall’ assemblea (
Corte di Cassazione 17 / 3 / 1993, n° 3159 ). In particolare, ai contratti conclusi dall’ amministratore con il “ professionista “ come
definito dall’ articolo 3, lettera C ), del Decreto Legge 6 / 9 / 2005, n° 206, che disciplina i contratti del consumatore, si applica il
secondo comma dell’articolo 35 di detto decreto, per il quale, in caso di dubbio sul senso di una clausola, prevede l’ interpretazione
più favorevole al consumatore; l’ amministratore, infatti, agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali
devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o
professionale ( Corte di Cassazione 24 / 7 / 2001, n° 10086 ).
CONTRIBUTI CONDOMINIALI
I contributi condominiali sono costituiti dall’ importo che i condomini devono versare periodicamente all’ amministratore per metterlo
in grado di portare avanti la gestione ordinaria, o in occasione di una spesa straordinaria. Nel momento in cui i contributi
condominiali escono dalla cassa comune per andare a coprire una spesa diventano > > Spese comuni. Acquirente. L’ acquirente di
un appartamento può essere chiamato a pagare i contributi condominiali non onorati dal precedente proprietario; il IV° comma dell’
articolo 63 disposizione att. Codice civile, infatti, stabilisce che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, in solido con
questo, al pagamento dei contributi relativi all’ anno in corso e a quello precedente. Il Tribunale di Napoli ( 9 / 10 / 1978 ) ha
precisato che non ci si deve riferire all’ anno solare ma all’ anno condominiale, ossia al periodo preso a riferimento ai fini della
gestione, che può anche non coincidere con quello solare. Da ciò deriva che l’ amministratore può rivolgersi, per il pagamento,
indifferentemente al venditore o al compratore. Questi, se costretto a pagare, potrà naturalmente rivalersi nei confronti del venditore,
se i patti prevedevano che sarebbe stato lui a pagare. Prima di firmare l’ atto di acquisto, quindi, è opportuno informarsi presso l’
amministratore se e per quale importo il venditore è esposto nei confronti del condominio; se il debito dovesse essere
particolarmente elevato, infatti, sarà bene inserire in atto una clausola che preveda la trattenuta, sul prezzo, della somma dovuta, in
modo da non essere costretti a rimetterci nel caso in cui il venditore si renderebbe irreperibile o non avesse bene sui quali avvalersi.
Quanto meno è opportuno specificare in atto che il pagamento dei contributi condominiali ( anche di quelli conseguenti a delibere
adottate dall’ assemblea fino ad una certa data ) farà esclusivo carico al venditore. Questa clausola,se non mette l’ acquirente al
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riparo dalla richiesta di pagamento avanzata dall’ amministratore, serve quanto meno a rendere più agevole la dimostrazione dell’
obbligazione in capo al venditore qualora si dovesse andare in causa per il recupero del credito. Va detto, a riguardo, che in caso di
vendita di unità immobiliare, qualora siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, di ristrutturazione o innovazioni, in
mancanza di accordo tra le parti, nei pagamenti interni tra venditore e compratore, tenuto a sopportare i costi è chi era proprietario al
momento della delibera dell’ assemblea; di conseguenza, se le spese sono state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell’
atto di trasferimento dell’ unità immobiliare, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che i lavori siano stati, in tutto o in parte,
eseguiti successivamente. Pertanto, l’ acquirente che fosse costretto a pagare in forza del principi di solidarietà passiva di cui sopra,
ha diritto a rivalersi nei confronti del venditore ( Corte di Cassazione 3 / 12 / 2010 n° 24654 ). Il venditore, per parte sua, rimane
obbligato solidalmente con il compratore per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’ amministratore
copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. Attenzione, infine, a non acquistare senza garantirsi da chi
sia in debito, oltre che dei contributi condominiali, anche delle spese legali sostenute dal condominio per il recupero coattivo del
credito: il Tribunale di Roma, infatti ( sentenza del 17 / 10 / 1996 ), ha stabilito che la solidarietà dell’ acquirente si estende ad esse.
Appartamento disabitato. Alle spese condominiali devono contribuire anche i proprietari che lascino le rispettive unità immobiliari
disabitate, a meno che non vengano esonerati da tutti gli altri condomini. O, nel caso di riscaldamento centralizzato, non intervenga,
ricorrendone i presupposti, il distacco dell’ impianto, con conseguente diminuzione di questa voce di spesa; diciamo diminuzione
perché un contributo per le spese generali è comunque dovuto dal condomino che rinuncia al servizio. Appartamento in
comproprietà. Ai fini del pagamento dei contributi condominiali fra i comproprietari di una stessa unità immobiliare qualsiasi accordo
è valido. Nei confronti del condominio, però, essi sono responsabili in solido, con la conseguenza che l’ amministratore può
pretendere il pagamento dell’ intero debito dall’ uno o dall’ altro, salvo il diritto, per chi abbia pagato, di esigere dall’ altro o dagli altri
la rispettiva quota ( Corte di Cassazione 21 / 10 / 1987, n° 4769 ). Interessi: il regolamento del condominio può prevedere che ai
pagamenti effettuati con ritardo vengano applicati interessi di mora. Se non ne viene indicata la misura si applicano gli interessi
legali. Interessi superiori a quelli legali ( per esempio bancari ) possono essere previsti solo da un regolamento contrattuale ( Corte
di Cassazione 18 / 5 / 2011, n° 10929 ). Se però sono particolarmente elevati, possono essere ridotti dal giudice, anche d’ ufficio,
come stabilito da Corte di Cassazione SS.UU. con sentenza n° 18128 del 13/9/2005.
GLI INTERESSI LEGALI NEL TEMPO
Dal lontano 1942 ( anno in cui entrò in vigore il quarto libro del codice civile che comprende questa disposizione ) al 15 / 12 / 1990,
sono stati pari al 5% annuo; il 16 / 12 / 1990, e fino al 31 / 12 / 1996, furono portati al 10%, mentre dall’ 1 / 1 / 1997 furono stati
nuovamente ridotti al 5%, ma con questa innovazione: il loro ammontare non viene più fissato per legge ma viene aggiornato
annualmente con decreto del Ministro dell’ economia e delle finanze entro il 15 dicembre dell’ anno precedente a quello in cui il
nuovo tasso sarà applicabile, tenuto conto del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi del
tasso d’ inflazione registrato nell’ anno ( se entro il 15 dicembre non viene fissata una nuova misura del saggio, questo rimane
invariato per l’ anno successivo ). Riassumendo:
dal 21 - 04 - 1942 al 15 - 12 - 1990
dal 16 - 12 - 1990 al 31 - 12 - 1996
dall’ 1 - 01 - 1997 al 31 - 12 - 1998
dall’ 1 - 01 - 1999 al 31 - 12 - 2000
dall’ 1 - 01 - 2001 al 31 - 12 - 2001
dall’ 1 - 01 - 2002 al 31 - 12 - 2003
dall’ 1 - 01 - 2004 al 31 - 01 - 2007
dall’ 1 - 01 - 2008 al 31 - 12 - 2009
dall’ 1 - 01 - 2010 al 31 - 12 - 2010
dall’ 1 - 01 - 2011 al 31 - 12 - 2011
dall’ 1 - 01 - 2012 al 31- 12 - 2012
dall’ 1- 01 - 2013 al 31 - 12 - 2013
5%
10%
5
2,50
3,50
3
2,50
3
1
1,50
2,50
Locazione. L’ amministratore non può agire, per il pagamento dei contributi condominiali, nei confronti del conduttore. Egli, infatti,
deve riscuotere i contributi direttamente ed esclusivamente dai condomini, restando esclusa un’ azione diretta nei confronti degli
inquilini. Il locatore deve a sua volta, per esigere il pagamento del conduttore, fornirgli un’ adeguata giustificazione della spesa,
anche sotto il profilo dell’ indicazione dei criteri di riparto adottati, e offrirgli in visione i relativi documenti ( Tribunale di Nocera
Inferiore 6 / 5 / 1999 ). Morosità. Salvo non sia stato espressamente esonerato dall’ assemblea, l’ amministratore, se il condominio
non paga alla prevista scadenza, deve attivarsi, entro sei mesi dalla chiusura dell’ esercizio nel quale il credito esigibile è compreso
( nono comma art. 1129 codice civile ), per il suo recupero coatto, inviando al debitore una lettera di sollecito e, battuta senza esito
questa strada, provvedendo a richiedere al giudice competente per valore un >> Decreto ingiuntivo. Può anche sospendere
l’ erogazione dei servizi ad uso separato ( per esempio riscaldamento ), ma solo se il condominio è in mora da almeno un semestre.
Per il Pretore di Roma ( sentenza del 4 / 12 / 1997 ) la sospensione non è ammessa se il recupero del credito non è a rischio.
L’ assemblea può deliberare di ripartire provvisoriamente fra i condomini solvibili la quota dovuta da chi è in mora con i pagamenti,
ma occorre distinguere. Se non ci sono creditori che premono - per esempio con azioni esecutive -, l’ assemblea non può, a
maggioranza, decidere di scaricare, sia pure temporaneamente, l’ onere su coloro che sono in regola con i pagamenti; in tal caso,
quindi, una decisione del genere potrebbe essere adottata soltanto all’ unanimità. Se invece ricorre una situazione di effettiva e
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improrogabile urgenza, la delibera può essere adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea,
in rappresentanza di almeno 500 / 1.000 ( Corte di Cassazione 21 / 10 / 1975, n° 3463 ). Da ultimo il Tribunale di Salerno
( sentenza del 6 / 6 / 2009 ) ha sancito la nullità della delibera con la quale l’ assemblea aveva stabilito, a maggioranza, di ripartire
tra i condomini solvibili il debito dei condomini morosi, con la motivazione che non sussiste, in capo ai condomini adempienti, alcun
vincolo di solidarietà passiva nei confronti del terzo creditore, non potendosi perciò prefigurare alcuna urgenza derivante dalla
possibile esecuzione individuale, che rimane comunque limitata alla quota dovuta da ciascun condomino. Diffusione elenco
condomini morosi. L’ amministratore non può affiggere nell’ androne condominiale l’ elenco dei condomini morosi, con l’ invio a
mettersi in regola o addirittura con l’ indicazione dell’ importo dovuto, dal momento che l’ Autorità garante della protezione dei dati
personali ha stabilito che questo tipo d’ iniziativa contrasta con il diritto alla privacy dei destinatari. La Corte di Cassazione ( sentenza
n° 35543 del 26 / 9 / 2007 ) ha addirittura ravvisato il reato di diffamazione nell’ affissione nella bacheca condominiale,
potenzialmente accessibile anche agli estranei, dell’ elenco dei condomini morosi. Decisione confermata con sentenza n° 13540 del
13 / 2 / 2008, che ha ravvisato il reato nell’ affissione, in un luogo accessibile non già ai soli condomini ( per i quali può sussistere un
interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza dei fatti ), ma a un numero indeterminato di altri soggetti, del comunicato nel
quale un condomino era indicato come moroso. Sempre il Garante per la protezione dei dati personali, con nota del 21 / 7 / 2008 ha
precisato che l’ amministrazione può comunicare ai creditori del condominio i nominativi dei condomini morosi, i millesimi di cui sono
titolati e gli importi dovuti. Il primo comma dell’ articolo 63 disp. Att. Codice civile, come modificato dalla legge di riforma, ha
trasformato questa facoltà di un obbligo, stabilendo che l’ amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora
soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. Morte del condomino: gli eredi del condomino devono concorrere al
pagamento dei contributi condominiali in proporzione alla rispettiva quota ereditaria ( Tribunale di Sanremo 8 / 5 / 1992 ). Nei
confronti del condominio, però, essi rispondono in solido ( Corte di Cassazione 20 / 1 / 2009 ). Per evitare il pagamento delle spese
gli eredi possono rinunciare all’ eredità o accettarla con il beneficio dell’ inventario. Con la rinuncia l’ erede non percepisce nulla del
patrimonio a lui devoluto. Con l’ accettazione con beneficio d’ inventario, invece, si redige l’ inventario dei beni lasciati dal defunto, si
pagano debiti e spese gravanti sull’ eredità, e l’ eventuale residuo va all’ erede. Se l’ amministratore non conosce gli eredi del
condominio può inviare la richiesta di pagamento, impersonalmente e collettivamente, “ Agli eredi di . . . “ presso l’ ultimo domicilio
del defunto ( Tribunale di Napoli 16 / 6 / 1992 ). Pagamento: di regola il condomino non può sospendere il pagamento dei contributi
condominiali, né autoridursene l’ importo ( > > Riscaldamento centralizzato, Temperatura ). Il Tribunale di Treviso, però ( sentenza
del 21 / 1 / 2003 ), ha stabilito che, se l’ amministratore, più volte sollecitato ad intervenire, trascura di curare la pulizia delle parti
comuni dell’ edificio, il condomino può sospendere il pagamento della parte di contributi riguardante il compenso
dell’ amministratore. Prescrizione. I pagamenti periodici finalizzati alla copertura delle spese condominiali si prescrivono in cinque
anni ( Corte di Cassazione 28 / 8 / 2002, n° 12596 ). La prescrizione inizia a decorrere dalla delibera con la quale l’ assemblea ha
approvato la ripartizione delle spese comuni ( Corte di Cassazione 5 / 11 / 1992, n° 11981 ). Anche il credito del locatore per il
pagamento degli oneri condominiali posti a carico del conduttore dall’ articolo 9 della Legge 27 / 7 / 1978, n. 392, si prescrive al
termine di cinque anni ( articolo 2948, n° 3, codice civile ). Ripartizione provvisoria. L’ assemblea può, a maggioranza, deliberare
una ripartizione provvisoria dei contributi condominiali, salvo conguaglio, ma la provvisorietà dev’ essere superata entro un
ragionevole lasso di tempo, identificabile nella chiusura dell’ esercizio cui la ripartizione si riferisce, o in altra data a questa prossima
( Tribunale di Pavia 23 / 5 / 1988 ). In ogni caso, la ripartizione provvisoria può essere deliberata solo in assenza di un precedente
diverso accordo ( Corte di Cassazione 11 / 11 / 1992, n° 12115 ). Separazione e divorzio: quando i coniugi si separano, alle
pressoché immancabili questioni riguardanti l’ affidamento dei figli, il pagamento dell’ assegno di mantenimento e l’ uso della casa
famigliare, può aggiungersi il dilemma di chi debba pagare le spese di condominio: problema particolarmente sentito nei casi in cui il
godimento della casa venga attribuito dal Tribunale al coniuge non proprietario. L’ assegnazione in godimento della casa famigliare è
gratuita. Ma come comportarsi con le spese condominiali? La risposta viene da una sentenza della Corte di Cassazione ( n° 18476
del 19 / 9 / 2005 ), con la quale si è stabilito che la gratuità dell’ uso dell’abitazione non si estende alle spese collegate a tale uso,
quali sono appunto le spese ordinarie di condominio, in quanto finalizzate alla manutenzione delle cose comuni poste a servizio della
casa famigliare. Di conseguenza, salvo diverso accordo, obbligato al relativo pagamento è il coniuge cui è stato assegnato in
godimento l’ immobile, restando a carico del partner, che sia unico proprietario, l’ obbligo di pagare le spese straordinarie: si pensi
alla tinteggiatura della facciata o al rifacimento del tetto. Per quanto attiene, invece, ai rapporti coniugi-condominio, in mancanza di
diverso accordo contenente l’ indicazione di chi debba pagare, accordo che dev’ essere idoneamente portato a conoscenza
dell’ amministratore, questi è legittimato a chiedere il pagamento al coniuge proprietario dell’ appartamento. Nel caso in cui la casa
sia in comproprietà fra gli ex coniugi, fermo restando che il coniuge assegnatario dovrà accollarsi le spese ordinarie, quelle
straordinarie andranno ripartite in proporzione alla rispettiva quota di proprietà . > > Spese comuni.
CONTROVERSIE
Da un’ indagine dell’ ANAMMI ( Associazione Nazionaleuropea Amministratori d’ Immobili ) risulta che le liti condominiali sono
innescate, nell’ ordine, dai rumori molesti, dagli odori di cucina, dall’ utilizzo improprio delle aree comuni ( parcheggio soprattutto ),
dall’ annaffiatura di piante e dalla gestione degli animali domestici ( in testa i cani, seguiti a distanza dai gatti ). Le cause
condominiali, che stando alle statistiche del Ministero della Giustizia costituiscono oltre il 20% del contenzioso portato all’ attenzione
dei giudici, interessano circa due milioni di contendenti l’ anno, su un totale di circa un milione di condomini: qualcosa, quindi come
due litiganti per condominio, con 45% dei giudizi al Sud, il 35% al Centro e il 20% al Nord. La Corte Costituzionale, con sentenza
del 24 / 10 / 2012, ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo 4 / 3 / 2010, n° 28, nella parte in cui ha introdotto
l’ obbligo di esperire il tentativo di conciliazione prima d’ intraprendere un’ azione giudiziaria in materia civile e commerciale, e quindi
anche condominiale, per cui si potrà adire direttamente l’ Autorità Giudiziaria. Difesa. Davanti al Giudice di pace le parti possono
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stare in giudizio personalmente, ossia senza l’ assistenza di un avvocato, se il valore della controversia non eccede 1.100 €; per
importi superiori occorre l’ assistenza di un difensore. Il giudice, tuttavia, in considerazione della natura e dell’ entità della causa, può
autorizzare la parte a stare in giudizio di persona anche per importi superiori. In Tribunale, invece, è indispensabile l’ assistenza di
un avvocato, mentre davanti alla Corte di Cassazione occorre l’ assistenza di un avvocato iscritto in uno speciale albo. Dissenso di
un condominio. Il condomino che voglia, dissociandosi dalla lite, separare la propria responsabilità da quella del condominio, deve,
entro 30 giorni da quello in cui ha avuto la notizia della delibera con la quale l’ assemblea ha stabilito di iniziare una causa o di
resistere a una causa promossa da altri, notificare apposito atto all’ amministratore. Il dissenso può essere comunicato anche a
mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ( Corte di Cassazione 15 / 6 / 1978, n° 2967 ) o risultare dal verbale della seduta se
l’ amministratore ne prende formalmente atto; questa sentenza, infatti, ha stabilito che la manifestazione del dissenso non richiede
forme solenni. Il condomino che dissente dalla lite non può essere chiamato a sostenere le relative spese: l’ eventuale delibera che
lo prevedesse sarebbe radicalmente nulla ( Corte di Cassazione 8 / 6 / 1996, n° 5334 ). Egli può, salvo che il regolamento non lo
vieti espressamente ( Corte di Cassazione 5 / 12 / 2001, n° 15360 ), partecipare a prendere la parola nelle assemblee in cui si
discuta sull’ opportunità di proseguire o meno la lite. Se l’ assemblea, prima di deliberare se intraprendere o meno un’ azione
giudiziaria, incarica un avvocato di un parere tecnico, il condomino che si dissoci dalla successiva delibera con la quale l’ assemblea
decide di dar corso alla causa non può esimersi dal contribuire alla spesa richiesta dalla consulenza legale: avrebbe dovuto, infatti,
impugnare la delibera con la quale il professionista è stato investito del parere, trattandosi di onere non riconducibile alla difesa del
giudizio ma propedeutico ad essa ( Tribunale di Firenze 4 / 12 / 2006, n° 4149 ). Per il Tribunale di Bologna ( sentenza n° 2618 del
12 / 10 / 2007 ) l’ operatività dell’ articolo 1132 codice civile ( riguardante appunto il dissenso di un condomino rispetto alla lite ) non
va oltre l’ esonero dell’ onere di partecipare alla rifusione delle spese di giudizio in favore della controparte, nell’ ipotesi di esito
sfavorevole per il condominio, lasciando la norma immutato l’ onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria
difesa. Il Tribunale di Civitavecchia ( sentenza n° 1806 del 26 / 11 / 2007 ) ha stabilito che il condomino che abbia vinto una causa
nei confronti del condominio non è tenuto a contribuire alle spese legali da questo sostenute, dovendosi ritenere il condomino
implicitamente dissenziente rispetto alla lite. Giudice competente. Competente a decidere la maggior parte delle cause
condominiali è il Giudice di pace. Si tratta, in particolare, delle controversie riguardanti:
1) la misura e le modalità d’ uso dei servizi condominali ( anche nel caso in cui riguardino i conduttori, Corte di Cassazione 21 / 2 /
2012, n° 2483 )
2) le > > Immissioni di fumo, calore, rumore ecc., che superino la normale tollerabilità.
3) l’ apposizione di termini ( ossia dei segnali che delimitano il confine tra le due proprietà ) e l’ osservanza delle distanze previste
per la messa a dimora di alberi e siepi.
In questi casi quella del Giudice di pace è una competenza per materia, vale a dire attribuitagli dalla legge indipendentemente dal
valore della lite. Quando, invece, si discute se un condomino abbia o meno il diritto di fruire di una cosa o di un servizio comune, il
giudice competente va individuato sulla base del valore della causa ( Corte di Cassazione 14 / 6 / 1996, n° 5467 ). In tale ipotesi, se
si tratta di beni mobili, competente a giudicare è, fino a 5.000 €, il Giudice di pace, mentre se il valore della lite supera questo
importo, o è indeterminabile, o riguarda beni immobili, la competenza è del Tribunale. Se il condomino contesta la delibera che lo
chiama a contribuire alle spese comuni secondo una certa quota, il valore della causa coincide con l’ intera somma deliberate non
con la sola quota gravante sul condomino che agisce in giudizio; se invece la pretesa del condomino non è fondata sulla delibera ma
su altro titolo, il valore della controversia coincide con la quota facente capo al condominio ( Corte di Cassazione 22 / 1 / 2010, n°
1201 ). Contro le sentenze del Giudice di pace può essere proposto appello davanti al Tribunale e quindi ricorso in Corte di
Cassazione; se però il valore della controversia supera 1.100 € le sentenze possono essere impugnate esclusivamente per
violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie o dei principi regolatori della materia
( fanno eccezione le sentenze riguardanti i rapporti giuridici derivanti dalla stipulazione di contratti per adesione, appellabili
regolarmente anche se il loro valore non supera il suddetto importo ). Le sentenze che abbiano deciso una controversia di valore
non superiore a 25,82 € sono comunque inappellabili ( articolo 440 codice penale ), come sono inappellabili le sentenze relative a
cause decise secondo equità su concorde richiesta delle parti ( secondo comma articolo 339 codice penale ). Se la causa viene
portata all’ attenzione del Tribunale, la relativa sentenza può essere impugnata davanti alla Corte d’ Appello, la cui decisione,
ricorrendo i presupposti previsti dall’articolo 360 codice penale ( per esempio. Nullità della sentenza o del procedimento ), è a sua
volta impugnabile davanti alla Corte di cassazione. Per quanto attiene alla competenza per territorio, competente a decidere sia le
controversie fra condomini che quelle fra condomini e condominio, è il giudice del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior
parte di essi. Spese. La ripartizione fra i condomini delle spese di causa dev’ essere fatta in proporzione ai millesimi di proprietà,
salvo diverso accordo. Il condominio che abbia vinto una causa contro un condomino può pretendere che questi concorra pro quota
al pagamento delle spese legali, ove queste non siano ripetibili ( ossia non possono essere pretese ) dalla controparte ( che poi è lo
stesso condomino, Corte di Cassazione 25 / 3 / 1970, n° 801 ).
CORTILE.
Nella nozione di cortile vanno compresi non solo la sovrastante colonna d’ aria ( Corte di Cassazione 30 / 7 / 1951, n° 2252 ), ma
anche gli spazi esterni che consentono l’ accesso alla pubblica via ( Corte di Cassazione 29 / 10 / 2003, n° 16241 ), nonché le parti
esterne alle facciate dell’ edificio ( quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini ), che sebbene non menzionati
espressamente nel’ articolo 1117 codice civile devono ritenersi comuni ai sensi di questa norma ( Corte di Cassazione 9 / 6 / 2000,
n° 7889 ). Il cortile è bene comune anche ai condomini proprietari di unità immobiliari che non vi affacciano, poiché è suscettibile di
essere usato anche da costoro; per esempio per parcheggiarvi veicoli o depositarvi temporaneamente cose. Ciascun condomino
può utilizzare liberamente il cortile, osservando le limitazioni contenute nel regolamento e rispettando il principio di non alterarne la
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destinazione o di non impedire agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Così, è lecito installare nel cortile
comune un’ autoclave autonoma, collocarvi una tubatura, interrarvi un serbatoio dell’ impianto di riscaldamento, aprirvi una feritoia
per dare aria e luce alla sottostante cantina. Consentita anche l’ apertura di una finestra o di una porta in corrispondenza della
propria unità immobiliare. Se i lavori coinvolgono anche la proprietà esclusiva del condomino, questi deve darne preventiva notizia
all’ amministratore, specificando i dettagli dell’ intervento e le modalità di esecuzione. L’ amministratore, a sua volta, ne riferisce all’
assemblea ( secondo comma articolo 1122 codice civile ). E’ comunque opportuno avvisare l’ amministratore - meglio ancora
assicurarsi l’ autorizzazione dell’ assemblea - anche quando si tratti d’intervenire direttamente nel cortile, ed evitare contestazioni e
screzi. Se questo spazio è adibito soltanto a transito pedonale, il condomino non può aprirvi un varco di accesso per automezzi,
trattandosi d’ innovazione vietata e non di un uso più intenso ed esteso dell’ area comune ( Corte di cassazione 30 / 8 / 1991, n°
9273 ). Animali. Un condomino non può far circolare il proprio cane in cortile, a condizione che ciò avvenga in modo da non
impedire agli altri condomini di usare liberamente questo spazio comune l’ animale al guinzaglio ( Corte di Cassazione 3 / 11 / 2000,
n° 14353 ). Autoveicoli. L’ assemblea può vietare l’ accesso al cortile degli autoveicoli dei condomini, ma se il divieto è
indiscriminato diventa illegittimo perché lede il diritto di godimento della cosa comune ( Corte d’ appello di Napoli 8 / 7 / 1965 ).
Illegittimo anche concedere il cortile in locazione soltanto ad alcuni condomini, per uso parcheggio, poiché l’attribuzione è è lesiva
del diritto che tutti hanno di usare la cosa comune in proporzione alla rispettiva quota ( Tribunale di Milano 12 / 2 / 1987 ). Un’
operazione che spesso genera attriti fra i condomini è quella di lavare l’ auto in cortile utilizzando l’ acqua condominiale. Questa
attività dev’ essere prevista dal regolamento e in ogni caso va condotta nel rispetto delle disposizioni comunali in materia d’ igiene.
Se poi il divieto di lavare l’ auto è previsto da un regolamento contrattuale, per abolirlo è necessaria l’ unanimità ( Tribunale di
Piacenza 29 / 10 / 1992 ). Biciclette. Comuni e Ragioni hanno emanato provvedimenti che, per invogliare l’ uso della bicicletta,
scavalcano i divieti posti dai regolamenti di condominio. In Piemonte ( Legge Regionale n° 33 del 17 / 3 / 1990 ) e in Lombardia
( Legge regionale n° 95 del 5 / 8 / 1992 ), per esempio, c’ è l’ obbligo per i Comuni di modificare i propri regolamenti e prevedere, nei
nuovi progetti di edilizia residenziale e terziaria, spazi per il deposito di biciclette. Inoltre i proprietari di edifici pubblici residenziali
devono prendere provvedimenti per ospitare le bici negli spazi comuni. In particolare, il Comune di Milano si è adattato alla
disposizione inserendo nel regolamento d’ igiene una norma per la quale “ in tutti i cortili, esistenti o di nuova edificazione, deve
essere consentito il deposito delle biciclette di chi abita o lavora nei numeri civici collegati al cortile “. L’ acquisto e l’ installazione di
rastrelliere può essere deliberato dall’ assemblea anche nel caso in cui il regolamento vieti ogni uso del cortile che non sia
d’ interesse comune ( Tribunale di Milano 12 / 12 / 1994 ). A proposito di biciclette, il furto di un oggetto depositato nel cortile
condominiale è considerato furto in abitazione e in quanto tale è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da 309,00 a
1.032 € ( articolo 624-bis codice penale, Tribunale di Bari 2 / 3 / 2009, con riferimento al furto di un’ autovettura ). Comune a più
condomini. Se un cortile è posto al servizio di due o più condomini, in mancanza di un regolamento che ne disciplini l’ uso non ci si
deve rifare agli eventuali regolamenti dei singoli edifici ma alla normativa che disciplina la comunione: in particolare, all’ articolo 1102
codice civile, con il risultato che ciascun condomino può servirsi del cortile, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli
altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto ( Corte di Cassazione 10 / 3 / 1986, n° 1598 ). Costruzione. Il
condomino può costruire manufatti in cortile, a condizione di non alterare la normale destinazione del bene comune e di non
impedire agli altri condomini di farne parimenti uso. La costruzione, pertanto, è vietata se consiste in corpi di fabbrica aggettanti ( per
esempio un ballatoio ), con incorporazione di una parte della colonna d’ aria sovrastante e utilizzazione della stessa via esclusiva
( Corte di Cassazione 16 / 2 / 2005, n° 3098 ), o se comporta un pregiudizio apprezzabile: per esempio una riduzione di aria e di
luce in danno della proprietà esclusiva, anche di un solo condomino, o un impedimento della veduta in appiombo dei piani superiori
( Corte di Cassazione 6 /5 / 1972, n° 1391 ). Giochi. L’ assemblea può deliberare, con il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000, che una parte del cortile venga adibita ad area giochi per bambini. Questo
anche in presenza dell’ eventuale divieto contenuto in un regolamento contrattuale; infatti, i giochi dei bambini che si svolgono nel
cortile o nel giardino condominiale non comportano né un’ occupazione di questo spazio comune, né un’ alterazione della sua
destinazione ( Corte di Cassazione 8 / 7 / 1981, n° 4479 ). Il Tribunale di Milano ( sentenza del 28 / 1 / 1991 ) ha precisato che deve
trattarsi di bambini di età inferiore a 12 anni. Occorre in ogni caso fare attenzione a rispettare le eventuali indicazioni del
regolamento, specialmente per quanto riguarda gli orari di utilizzo. Muri. I muri che delimitano il cortile non ne fanno parte integrante,
stante la loro diversa funzione di concorrere a costruire la struttura portante dell’ edificio, di contribuire alla formazione della sua linea
architettonica e di proteggere le parti interne degli agenti atmosferici ( Corte di Cassazione 26/ 1 / 1998, n° 714 ). Officina. Un
condomino può utilizzare il cortile comune per il passaggio delle auto dei clienti dirette alla sua officina, a condizione che si tratti di
passaggio ridotto e inidoneo ad arrecare danno agli altri condomini ( Corte di Cassazione 19 / 1 / 2005, n° 1072 ). Pavimentazione.
Il Tribunale di Milano ( sentenza dell’ 8 / 5 / 1989 ) ha considerato la pavimentazione del cortile condominiale intervento di
manutenzione straordinaria di notevole entità, la cui delibera richiede il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti
all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000: sia in prima che in seconda convocazione. Quanto alla sostituzione della
pavimentazione, il tribunale di Piacenza ( sentenza del 5 / 2 / 1991 ) l’ ha considerata opera di ordinaria manutenzione e non
innovazione, per cui può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in
rappresentanza di almeno 500 / 1.000. Bocca di lupo. La possibilità di aprire nel piano del calpestio del cortile condominiale una
bocca di lupo ( intendendosi per questa un varco idonea a far passare aria e luce ) è stata riconosciuta dalla Corte di Cassazione
con sentenza n° 1378 del 9 / 9 / 1970, a condizione che l’ apertura fosse munita di solida griglia metallica. Spese. I costi per la
manutenzione del cortile vanno suddivisi in base ai millesimi di proprietà fra tutti i condomini, compresi quelli le cui unità immobiliari
non affacciano su questo spazio comune. Ci si può però sottrarre alla spesa dimostrando che, data la particolare struttura
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dell’ edificio, il cortile è al servizio esclusivo di alcune unità immobiliari. Se il cortile funge da copertura di un locale ( per esempio.
Autorimessa ) di proprietà solo di alcuni condomini, in mancanza di un titolo che disponga altrimenti si applica, per analogia,
l’ articolo 1125 codice civile, che pone a carico di coloro che utilizzano il piano di calpestio le spese da questo richieste, e a carico
dei proprietari della sottostante autorimessa che spese riguardanti l’ intonaco, la tinteggiatura e la decorazione del soffitto ( Corte di
Cassazione 14 / 9 / 2005, n° 18194 ). Suddivisione fra i condomini. L’ assemblea può deliberare di dividere il cortile fra i condomini,
trasferendone a ciascuno di essi una parte in proprietà esclusiva; l’ operazione, però, richiede il consenso di tutti i condomini,
consenso che deve risultare da atto scritto ( Corte d’ Appello di Perugia 9 / 2 / 1988 ). Occorre inoltre che la ripartizione avvenga
senza pregiudizio dell’ originario valore del bene, e in parti vantaggiosamente utilizzabili dai singoli condividenti ( Corte di
Cassazione 24 / 2 / 1995, n° 2117 ).
< < Lettera D > >
DANNO. Caduta. Per chiamare il condominio a rispondere del danno provocato da una caduta avvenuta per le scale o in cortile, il ,
danneggiato deve provare il nesso di causalità fra la cosa comune e l’ evento dannoso. Sussiste responsabilità del condominio, per
esempio, se la caduta avviene lungo la rampa condominiale di accesso all’ autorimessa, a causa della presenza di una macchia di
olio non visibile ( Corte di Cassazione 20 / 10 / 2005, n° 20317 ). Il tribunale di Nocera Inferiore ( sentenza n° 15 dell’ 8 / 1 / 2003 ),
occupandosi di una fattispecie analoga, ha invece escluso la responsabilità del condominio poiché la caduta, occorsa sui gradini
d’ ingresso, era stata provocata da materiale scivoloso abbandonato sul posto da terzi, il cui comportamento è assimilabile al caso
fortuito. La Suprema Corte ( sentenza n° 16607 del 19 / 6 / 2008 ) ha respinto anche il ricorso presentato da una signora che
chiedeva il risarcimento del danno subito a causa della caduta occorsole nell’ atrio dell’ edificio reso scivoloso dalla cera applicata
dal custode dello stabile, frammista all’ acqua piovana trasportata dal passaggio degli inquilini; ciò in quanto la vittima, pur potendo
verificare in condizioni di normale visibilità che il pavimento appariva in condizioni di percepibile scivolosità, non aveva prestato la
normale diligenza e la dovuta, particolare attenzione alla situazione anomala dei luoghi. A proposito di corrimano, il Tribunale di
Milano ( sentenza n° 10587 del 30 / 9 / 2005 ) ha chiamato il condominio a rispondere, ai sensi dell’ articolo 2051 codice civile, del
danno occorso a una persona caduta lungo la scala di accesso al cortile, risultata priva di corrimano. Il Tribunale di Terni ( sentenza
del 12 / 8 / 1997 ) ha escluso la responsabilità del condominio nel caso di una persona che, abbandonando il normale tragitto, aveva
scelto un percorso diverso tra fioriere e gradini, subendo gravi danni in seguito ad una caduta favorita anche dalla scarsa visibilità.
Il condomino, a differenza di chi si reca saltuariamente o per la prima volta nell’ edificio, conosce lo stato dei luoghi; di
conseguenza, se a causa di un guasto all’ impianto d’ illuminazione cade per le scale fidandosi della conoscenza del percorso e
omettendo di procedere con la dovuta attenzione, il condominio non è tenuto al risarcimento del danno ( Tribunale di Roma 16 / 9 /
1995 ). A riguardo la corte di Cassazione ( sentenza n° 11592 del 13 / 5 / 2010 ) ha respinto la domanda risarcitoria di un condomino
che era caduto per le scale a causa dell’ acqua piovana entrata da una finestra notoriamente difettosa, trattandosi di evento che il
danneggiato poteva prevedere. Il Tribunale di Aosta ( sentenza n° 79 del 16 / 6 / 2010 ) ha escluso la responsabilità del locatore nel
caso del conduttore scivolato sulla pavimentazione del cortile condominiale a causa del mancato sgombero della neve, motivando
col fatto che, con la stipulazione del contratto di locazione, l’ obbligo di custodia ex articolo 2051 codice civile, e il conseguente
obbligo di provvedere alla suddetta operazione, si trasferisce al conduttore. Il Tar del Lazio , infine ( sentenza n° 2695 del 13 / 4 /
2005 ), non ha considerato infortunio in itinere la caduta di chi scende le scale di una casa per recarsi al lavoro. Responsabilità del
condominio, invece, per la caduta provocata dall’ errata posa in opera del tappeto-moquette situato nell’ atrio ( parte pelosa rivolta
verso il pavimento e parte gommosa rivolta verso l’ alto, Tribunale di Milano 21 / 3 / 1991 ) o dal sollevamento di un suo lembo
scollato ( Corte di Cassazione 9 / 6 / 1983, n° 3971 ). Lo stesso dicasi se la caduta è provocata da un gradino rotto o sconnesso
( Tribunale di Monza 2 / 10 / 2007 ). Caso fortuito. Il condominio non ha alcuna responsabilità per il danno che non si poteva
evitare: quello provocato dalla rottura di un collettore condominiale in seguito ad un temporale di violenza tale da non poter essere
previsto usando la normale diligenza ( Tribunale di Verona 28 / 3 / 1973 ). Caso fortuito anche nell’allagamento di un appartamento
dovuto a una pioggia di eccezionale intensità, con il condominio che aveva provato di aver provveduto scrupolosamente alla
manutenzione del sistema di smaltimento delle acque ( Corte di Cassazione 16 /5 / 2011, n° 10720 ). Il Giudice di pace di Napoli,
invece ( sentenza del 24 / 7 / 1996 ), ha ritenuto il condominio responsabile dal danno occorso al veicolo di un condomino in seguito
alla caduta di un’ inferriata, di una colonna in pietra, di calcinacci e di una pianta nel corso di un temporale con vento molto forte; il
condominio, infatti, non aveva provato di aver adottato le misure atte ad evitare possibili danni. Esistenziale. Il danno esistenziale,
ossia, il disagio psicologico ( per esempio: nittitazione, ansia, frustrazione, perdita di tempo ) prodotto ad una persona da un errore o
da un disservizio altrui - si pensi al trambusto conseguente alla infiltrazioni di acqua proveniente dal soprastante lastrico solare - non
è automaticamente risarcibile, avendo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione statuito ( sentenza n° 26972 dell’ 11 / 11 / 2008 )
che esso non costituisce una sottocategoria del danno non patrimoniale: risarcibile, questo, soltanto nei casi stabiliti dalla legge, ai
sensi dell’ articolo 2059 codice civile. Così, nell’ esempio, se le infiltrazioni costringono chi le ha subite a convivere per alcuni giorni
con il disagio conseguente alle necessarie riparazioni, questo tipo di fastidio non è risarcibile; se invece le infiltrazioni sono tali da
costringerlo a trasferirsi in albergo per alcuni giorni, ha diritto al rimborso, da parte del condominio, della relativa spesa, detratta la
quota a suo carico in quanto ad un tempo danneggiato e danneggiante. Lastrico solare di uso esclusivo. Dei danni derivanti dal
lastrico solare di un esclusivo ne rispondono tutti i condomini, nella proporzione prevista dall’ articolo 1126 codice civile: un terzo a
carico del proprietario esclusivo del lastrico ed i restanti due terzi a carico dei proprietari delle unità immobiliari cui il lastrico serve da
copertura ( Corte di Cassazione 13 / 3 / 2007, n° 5848 ). Se però il danno è dovuto a fatto e colpa di chi ha l’ uso esclusivo del
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lastrico, sarà soltanto questi a doverlo risarcire. Locazione. Il locatore, conservando la disponibilità giuridica, e quindi la custodia
delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati ( come cornicioni e tetti ), è responsabile in via esclusiva, ai sensi degli
articoli 2051 e 2053 codice civile, dei danni arrecati a terzi da dette strutture e impianti, salvo eventuale rivalsa nei confronti del
conduttore che abbia omesso di avvertirlo della situazione di pericolo. Con riguardo, invece, alle altre parti comuni e agli ascensori
del bene locato, nei cui confronti il conduttore acquista detta disponibilità con facoltà e obbligo d’ intervenire per evitare pregiudizio
ad altri ( come i servizi dell’ appartamento o le piante di un giardino ), la responsabilità verso terzi grava, ai sensi dell’ articolo 2051
codice civile, soltanto sul conduttore medesimo ( Corte di Cassazione 10 / 2 / 2003, n° 1948 ). Quanto ai danni causati al conduttore
dalle cose comuni, ne risponde il condominio, in quanto custode delle parti e dei servizi comuni. Marciapiede esterno all’ edificio.
Del danno provocato a un passante da alcune buche presenti sul marciapiedi pubblico antistante l’ edificio condominiale risponde
l’ ente pubblico, cui incombe l’ obbligo di manutenzione non solo della sede stradale ( Corte di Cassazione 3 / 8 / 2005, n° 16226 ).
Parti comuni. Provocato: del danno derivato agli stessi condomini o a terzi ( per esempio un conduttore, un passante ) da parti
comuni dell’ edificio risponde il condominio, in quanto custode del fabbricato: come nel caso della caduta della classica tegola,
dovuta a cattiva manutenzione del tetto ( Corte di Cassazione 6 / 5 / 1983 ). Ricorrendone i presupposti ( per esempio vizio di
costruzione e garanzia decennale non scaduta ), il condominio può rivalersi nei confronti del costruttore ( Corte di Cassazione 8 / 11
/ 2007, n° 23308 ). Il risarcimento del danno derivante da parti comuni dell’edificio va ripartito fra i condomini su base millesimale.
Se il fabbricato è coperto da assicurazione, il risarcimento riguarderà soltanto la quota di danno eventualmente non coperta dal
massimale per il quale è stato stipulato il contratto. In particolare, dei danno derivanti a terzi da parti comuni dell’edificio i condomini
rispondono in solito ai sensi degli articoli 2051 e 2055 codice civile. Ciò significa che il danneggiato può rivolgersi, per il risarcimento,
indifferentemente all’ uno o all’ altro condomino. Chi ha pagato per tutti è può a sua volta agire nei confronti dei colleghi per il
rimborso della quota da ciascuno dovuta in base ai millesimi di proprietà ( Corte di Cassazione 25 / 6 / 1990, n° 6405 ). Subito: il
condomino può agire in giudizio in prima persona per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalle parti comuni dell’edificio, ma nei
limiti della sua quota ( Tribunale di Napoli 3 / 6 / 1970 ). Prescrizione. Il diritto al risarcimento del danno derivante da una parte
comune dell’ edificio o dall’ unità immobiliare di un condomino si prescrive ( primo comma articolo 2947 codice civile ) in cinque anni
dal giorno in cui il fatto si è verificato. Il terzo comma dello stesso articolo precisa che, se il fatto è considerato dalla legge come
reato, e per il reato è stabilità una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’ azione civile. Provocato dal condomino.
Ciascun condomino risponde in prima persona del danno provocato a un altro partecipante alla comunione, a terzi ( per esempio
conduttore ) o alle parti comuni dell’ edificio: tipico esempio l’ allagamento dell’appartamento sottostante causato dalla rottura di un
tubo. Come previsto dall’ articolo 2043 e segg. Codice civile, la responsabilità si estende ai comportamenti tenuti dai figli minori, dai
domestici e dagli animali di cui si abbia la custodia. La Corte di Cassazione ( sentenza n° 7890 del 22 / 7 / 1999 ) ha stabilito che il
condominio risponde del danno derivato dagli altri condomini dei guasti verificatesi nella sua proprietà esclusiva, e deve pertanto
farsi carico delle relative conseguenze economiche, soltanto qualora abbia riconosciuto la propria irresponsabilità o questa sia stata
accertata giudizialmente; in mancanza di uno di questi presupposti, quindi, la spesa dev’ essere suddivisa provvisoriamente fra tutti i
condomini, sulla base degli ordinari criteri di ripartizione. Provocato dall’ incaricato di una riparazione. Del danno provocato dalla
persona incaricata di effettuare una riparazione alle parti comuni dell’edificio risponde la stessa persona o comunque la ditta da cui
dipende. Potrebbe però esserci un concorso di responsabilità da parte del condominio, circostanza da accertarsi caso per caso
( Tribunale di Milano 17 / 4 / 1989 ). Ripartizione provvisoria. Se il danno alle parti comuni è stato provocato da uno o più
condomini, in attesa che vengano accertate le responsabilità l’ assemblea può ripartire la spesa occorrente alla riparazione in base
ai millesimi di proprietà, salvo il diritto, in capo al condominio e ai singoli condomini, di agire nei confronti di chi risulterà
responsabile ( Corte di Cassazione 27 / 6 / 1978, n° 3176 ), Subito dal condominio. In capo al condominio che abbia ricevuto un
danno da una parte comune dell’ edificio si radicano due posizioni giuridiche soggettive diverse e separate: da un lato quella di
danneggiato, avente diritto in quanto tale al risarcimento, e dall’ altra quella di danneggiante, in quanto facente parte del condominio
( Tribunale di Napoli 26 / 9 / 1984 ); di conseguenza il risarcimento da diminuito dell’ importo da lui dovuto.
DEBITI DEL CONDOMINO.
I condomini rispondono delle obbligazioni assunte nel loro interesse dall’ amministratore debitamente autorizzato: queste, infatti,
sono direttamente riferibili ad essi. Le sezioni Unite della Corte di Cassazione, ponendo fine a un contratto giurisprudenziale che
durava da decenni, con sentenza n° 9148 dell’ 8 / 4 / 2008 avevano stabilito che la responsabilità dei condomini di fronte alle
obbligazioni assunte dal condominio è parziaria e non solidale, per cui ciascun condomino avrebbe dovuto rispondere soltanto alla
propria quota di debito. Usiamo il condizionale perché il secondo comma dell’ articolo 63 disponibile att. Codice civile, nel testo
modificato dalla legge di riforma, ha reintrodotto la solidarietà passiva fra i condomini, sia pure temperata dall’ obbligo della
preventiva escussione: la riforma, infatti, stabilisce che i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i
pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. Nei rapporti, invece, fra condominio e comproprietari di un’unità
immobiliare, sussiste piena solidarietà passiva ( Corte di Cassazione 24 / 4 / 2008, n° 14813 ). Qualora, infine, l’ amministratore
assuma un’ obbligazione eccedendo i limiti del mandato, ne risponde in proprio, a meno che l’ assemblea non ne ratifichi l’ operato.
DECORO ARCHITETTONICO
Per decoro architettonico s’ intende “ l’ estetica data dall’ insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato e gli
imprimono una determinata, armoniosa fisionomia “ ( Corte di Cassazione 3 /9 / 1998, n° 8731 ); ogni innovazione che pregiudichi
questa identità esterifica è pertanto illegittima. Il decoro architettonico non è un valore assoluto, ma dev’ essere valutato in relazione
alle caratteristiche specifiche dell’ edificio, ma anche a quelle dell’ ambiente in cui esso è ubicato ( Corte di Cassazione 10 / 12 /
1979, n° 6397 ). Il decoro architettonico è anche suscettibile di valutazione economica, in quanto concorre a determinare sia il valore
delle proprietà individuali sia quello delle parti comuni dell’ edificio ( Corte di Cassazione 31 / 7 / 1987, n° 6640 ). La possibilità di
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alterare questa identità esteriore è sempre in agguato: si tratta d’ installare un’ antenna parabolica o una canna fumaria, un
condizionatore d’ aria o delle inferiate, o di trasformare il balcone in veranda. Alterazione. Per il Pretore di Capri ( Sentenza del 26 /
5 1990 ) gli elementi da prendere in considerazione per stabilire se un intervento condotto sull’ edificio abbia o meno provocato
alterazione del decoro architettonico sono tre: l’ esistenza di un effettiva turbativa, una diminuzione di valore dell’ interro edificio e
delle singole unità immobiliari che lo compongono, l’ utilità derivante dalle opere e dagli interventi realizzati. Pertanto, se al danno
economico prodotto dall’ alterazione del decoro si accompagna un’ utilità tale da compensarlo, non vi è turbamento. A riguardo la
corte di cassazione ( Sentenza n° 15 / 5 / 1987, n. 4474 , ha considerato legittimi gli interventi che, pur ledendo il decoro
architettonico del fabbricato, non provocano un danno economicamente valutabile, o pur provocandolo, si accompagnano ad un’
utilità tale da compensare un’ alterazione architettonica che non sia grave e appariscente: un’ applicazione di questo principio può
essere costituita dall’ installazione di inferriate per motivi di sicurezza. Sempre la Corte di Cassazione ( Sentenza n° 6341 del 16 / 5 /
2000 ) ha identificato l’ alterazione del decoro architettonico non nelle opere che producono un mutamento delle originarie linee
architettoniche dell’ edificio, ma in quelle che si riflettono negativamente nel suo aspetto armonico. Alcuni esempi di situazioni in cui i
giudici hanno ravvisato alterazione del decoro architettonico: nella realizzazione sul balcone di una struttura in ferro che altera il
rigoroso ordine geometrico che caratterizzava la successione verticale dei balconi ( Tribunale di Napoli 9 / 2 / 1978 ); nella posa in
opera dei doppi infissi metallici ( Pretore di Taranto 23 / 10 / 1982 ); nella sostituzione dei serramenti delle finestre, se il regolamento,
ancorché approvato soltanto a maggioranza, prevede che la sostituzione debba avvenire con manufatti uguali a quelli
precedentemente installati ( Corte di Cassazione 3 / 9 / 1998, n° 8371 ); nell’ installazione di un cartellone pubblicitario occupante l’
intera parete esterna dell’ edificio ( App. di Milano 17 / 6 / 1997 ); nella sostituzione del rivestimento della facciata dell’ edificio in
cortina o listelli similari con intonaco civile ai silicati ( Tribunale di Roma 9 / 6 / 2009, n° 12573 ); nella sostituzione degli infissi in
alluminio di una veranda con una struttura in muratura a vetrate a nastro ( App. di Napoli 14 / 5 / 2009, n° 1637 ); nella realizzazione
di un ascensore che aveva comportato la modifica dell’ originario aspetto di una parte dell’ edificio ( Cass. 24 / 3 / 2004, n° 5899 ).
Se però l’ installazione avviene per favorire un disabile o un anziano, è consentita ancorché comporti alterazione del decoro
architettonico dell’ edificio ( Corte di Cassazione 25 / 10 / 2012, n° 18334 ). Pertanto prima di avventurarsi nell’ introduzione di un’
innovazione, è consigliabile acquisire l’ autorizzazione dell’ assemblea, meglio ancora di tutti gli altri condomini, dal momento che la
violazione del decoro architettonico può essere eccepita anche da un solo condomino: sia in sede civile che in sede penale e
amministrativa ( Corte di Cassazione 5 / 2 / 1985, n° 805 ). Ai fine dell’ alterazione del decoro architettonico sono ininfluenti sia il
grado di visibilità delle innovazioni contestate, in relazione ai diversi punti di osservazione dell’ edificio, sia la presenza do altre
modiche non autorizzate ( Corte di Cassazione 16 / 1 / 2007, n° 851 ). Successivamente la Suprema Corte ha mutato indirizzo (
Sentenza n° 14992 del 7 / 9 / 2012 ), stabilendo - con riferimento all’ installazione di tubi di gas e cavi elettrici, posta in essere da un
condomino in presenza di un decoro architettonico alterato da preesistenti interventi modificativi, di cui non era stato preteso il
ripristino - che una modifica non può essere ritenuta pregiudizievole per il decoro architettonico se apportata ad un edificio la cui
estetica sia già stata menomata da precedenti lavori, o se la costruzione è di mediocre livello architettonico. Per la Corte D’ appello
di Napoli, invece ( Sentenza del 6 / 8 / 1996, l’ alterazione può riguardare anche un edificio che non abbia particolare pregio artistico.
Non è stata infine ritenuta lesiva del decoro architettonico l’ esposizione di panni su un balcone o all’ esterno delle finestre,
trattandosi i un comportamento saltuario che non modifica stabilmente le linee architettoniche dell’ edificio, ne quella di stracci e
tendaggi sul lastrico solare condominiale, trattandosi di oggetti collocati provvisoriamente e facilmente rimovibili ( Corte di
Cassazione ordinanza n. 1326 del 30 / 1 / 2012 ). Aspetto architettonico. Analogo al concetto di decoro architettonico è quello di
aspetto architettonico, che assume rilievo in materia di esercizio del diritto di sopraelevazione da parte del proprietario dell’ ultimo
piano e che la stessa Corte di Cassazione ( Sentenza n° 8861 del 28 / 11 / 1987 ) ha definito come la “ caratteristica principale insita
nello stile architettonico dell’ edificio “. I giudici hanno ravvisato un’alterazione di questo connotato dell’ edificio, per esempio, nella
diversa composizione dei materiali usati, nella minore altezza del piano dell’ edificato rispetto a quelli preesistenti, nel tipo di
copertura, nelle caratteristiche degli infissi. Ai fini dell’alterazione dell’ aspetto architettonico, la valutazione va condotta in relazione
alla visibilità dell’ opera e all’esistenza di un danno economico valutabile ( Corte di Cassazione 22 / 1 / 2005, n° 1025 ).
Successivamente, però ( Sentenza n° 851 del 16 / 1 / 2007 ), la stessa Suprema Corte ha stabilito che, una volta accertata la
lesione del decoro architettonico a seguito di opere innovative, nessuna influenza in proposito può essere riconosciuta alla maggiore
o minore visibilità, trattandosi di una tutela accordata in sé e per sé, a prescindere da situazioni contingenti. Regolamento. Il
regolamento può vietare qualsiasi opera modificatrice, anche migliorativa, del decoro architettonico dell’ edificio, ma dev’ essere
contrattuale ( Corte di Cassazione 12 / 12 / 1986, n° 7398 ). Ancorché approvato a maggioranza, invece, può contenere norme
intese a tutelare il decoro architettonico dell’edificio, tali da incidere anche sulla sfera della proprietà esclusiva dei condomini, nei
limiti in cui ciò si riveli necessario in funzione della salvaguardia del bene comune protetto ( Corte di Cassazione 3 / 9 / 1998, n°
8731 ). L’ alterazione del decoro architettonico non può essere eccepita da un confinante con l’edificio condominiale, dal momento
che questo concetto opera soltanto nei confronti dei condomini di questo.
DECRETO INGIUNTIVO
L’ amministratore, se i solleciti rivolti ai condomini in mora con i pagamenti non sortiscono effetto, può chiedere al giudice, sulla base
dello stato di ripartizione delle spese approvato dall’ assemblea, l’ emanazione di un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo
nonostante opposizione; ciò significa che il debitore può opporsi al decreto entro 40 giorni dalla notifica, ma deve pagare subito se
vuole evitare il pignoramento dei beni. La provvisoria esecuzione del decreto non può invece essere accordata se la richiesta viene
avanzata sulla base dei prospetti mensili non contestati dalle spese condominiali ( Corte di Cassazione 10 / 4 / 1996, n. 3296 ). Il
condomini non può opporsi al decreto eccependo l’ annullabilità della delibera posta a fondamento dello stesso: avrebbe dovuto,
infatti, impugnare direttamente la delibera nel termine di 30 giorni previsto dall’articolo 1137 codice civile. Il decreto ingiuntivo non
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può essere emesso nei confronti dell’ ex condomino; dal momento in cui il trasferimento dell’unità immobiliare viene reso noto al
condominio ( Corte di Cassazione 9 / 9 / 2008, n° 23345 ) infatti, lo status di condomino appartiene all’ acquirente. Con sentenza n.°
23686 del 9 / 11 / 2009 ) la suprema corte ha ulteriormente precisato che la qualifica di condomini si perde con l’ atto notarile che
trasferisce la proprietà dell’ immobile, per cui il decreto ingiuntivo relativo alle spese deliberaste dopo il rogito ma prima della sua
trascrizione non può essere chiesto nei confronti del venditore ( >> Contributi condominiali, Acquirente ).
DELIBERE ASSEMBLEARE
La delibera è l’ atto con il quale l’ assemblea decide in merito a una questione riguardante la vita condominiale: si tratta della nomina
dell’ amministratore, del rifacimento del tetto, o di modificare il regolamento. Essa è il risultato del voto espresso, direttamente o per
delega, dai singoli condomini ( > > Assemblea, Voto ) e dev’ essere adottata con la prevista maggioranza variabile a seconda dell’
importanza della decisione ( > > Assemblea, Maggioranza ). Amministratore decaduto. La delibera adottata dall’ assemblea
convocata da un amministratore la cui nomina venga successivamente dichiarata nulla è valida se l’ assemblea era validamente
costituita ( Tribunale di Milano 18 / 05 / 1992 ). Annullamento. La sentenza di annullamento di una delibera ad opera del giudice si
estende a tutti i condomini ( Corte di Cassazione 26 / 1 / 2000, n° 852 ). In analogia a quanto previsto dall’ articolo 2377 codice
civile per la società per azioni, il giudice non può annullare una delibera impugnata ma sostituita nel frattempo da altra delibera
adottata in conformità alla legge ( Corte di Cassazione 29 / 8 / 1998, n° 8622 ). Circolare. La delibera non può essere sostituita da
una circolare firmata dalla maggioranza dei condomini: la volontà del condominio, infatti, si deve esprimere in sede di assemblea (
Corte di Cassazione 28 / 10 / 1982, n° 5646 ). Di conseguenza la circolare può essere impugnata senza limite di tempo. Efficacia.
La delibera, una volta adottata, è automaticamente obbligatoria e operativa per tutti i condomini, fino all’ eventuale provvedimento di
sospensione del giudice ( Articolo 1137 codice civile ); essa, quindi, non perde valore per il fatto che la maggioranza dei condomini si
comporti in modo difforme rispetto al suo contenuto, ma resta in vigore fino a quando non venga revocata dall’assemblea o annullata
dal giudice ( Corte di Cassazione 25 / 5 / 1984, n° 3236 ). La delibera ha efficacia anche nei confronti di chi subentra a chi era
condomino nel momento in cui fu adottata ( Tribunale di Milano 25 / 6 / 1986 ), con l’ avente causa ( per esempio acquirente, erede )
che, se la delibera incide nella sua sfera giuridica e non è scaduto il termine di legge, è legittimato ad impugnarla ( Corte di
Cassazione 10 / 9 / 1976, n° 4137 ). Forma. La delibera dev’ essere messa per iscritto, nel verbale dell’ assemblea, come previsto
dal settimo comma dell’ Articolo 1136 codice civile. La forma scritta, oltre a lasciare una traccia del lavoro svolto dall’ assemblea,
serve a dare ai condomini assenti la possibilità di conoscere la delibera adottata e, se del caso, impugnarla. Di regola l’ adozione
della forma scritta è richiesta ad probationem, ossia al fine di poter provare, in un eventuale giudizio, che quella determinata
decisione è stata effettivamente adottata. Se però la delibera contiene dichiarazioni che incidono sui diritti immobiliari di uno o più
condomini ( si pensi alla costituzione di una servitù ), la forma scritta è richiesta ad substantiam, ossia ai fini della stessa esistenza
pena nullità ( Corte di Cassazione 30 / 5 / 1978, n° 2747 ). Impugnazione. Una delibera può diventare oggetto di controversia
giudiziaria anche se adottata con la prevista maggioranza: per esempio, perché l’ assemblea ha dato il via libera a un intervento di
straordinaria amministrazione che però non figurava all’ ordine del giorno, o perché è stato trattato nell’ ambito delle “ varie ed
eventuali “ anziché essere espressamente indicata nell’ ordine del giorno ( Tribunale di Roma 19 / 6 / 2012, n° 12684 ). Anche le
delibere aventi contenuto negativi ( per esempio, la bocciatura della proposta di ripristino dell’ ascensore ) sono impugnabili al pari di
tutte le altre ( Corte di Cassazione 14 / 1 / 1999, n° 313 ). Il condomino deve avere un interesse concreto all’ impugnazione della
delibera, nel senso che da un’ eventuale decisione favorevole del giudice deve derivargli un vantaggio effettivo e non solo teorico,
astratto ( Corte di Cassazione 1 / 12 / 2000, n° 15377 ). Successivamente, però, la stessa Corte di Cassazione ( Sentenza n° 4270
del 23 / 3 / 2001 ) ha stabilito che si può agire per fare annullare una delibera contraria alla legge avendo il solo interesse a
rimuovere l’atto viziato. Oltre che dai condomini assenti o allontanata tosi prima della votazione, o che abbiano votato contro, la
delibera può essere impugnata da chi si è astenuto dal voto ( Corte di Cassazione 9 / 12 / 1988, n° 6671 ); il Tribunale di Bologna,
però, con ordinanza del 25 / 5 / 1995, lo ha escluso, perché l’ astenuto non può essere considerato dissenziente, non avendo
espresso alcuna volontà. Altri soggetti ammessi dai giudici a impugnare le delibere sono l’ acquirente subentrato nella proprietà del
condominio, ma non convocato per l’ assemblea ( Corte di Cassazione 10 / 9 / 1976, n° 4137 ), e il delegante se il delegato ha avuto
contro ( App. Milano 27 / 2 / 1998 ). Chi ha votato a favore della delibera può impugnarla solo se essa è nulla, e sempre che con il
proprio voto non abbia assunto o riconosciuto una sua personale obbligazione; se invece si tratta di delibera annullabile ( >>
Invalidità ) non è ammesso ad impugnarla ( Corte di Cassazione 16 / 11 / 1992, n° 12281 ). L’ impugnazione dev’ essere proposta,
attraverso un avvocato, davanti al giudice e non, per esempio, con una semplice contestazione scritta indirizzata all’ amministratore (
Corte di Cassazione 14 / 7 / 1989, n° 3291 ). Il ricorso all’ autorità giudiziaria non blocca l’ operatività della delibera, a meno che non
intervenga un provvedimento di sospensione da parte del giudice. La delibera può essere impugnata dal conduttore se comprime o
nega un suo diritto sul bene comune ( Trib. Di Roma 10 / 3 / 2011, n° 5179 ); ciò anche al di fuori delle materie sulle quali ha diritto
di voto, purché vi abbia interesse ( Trib. Di Monza 8 / 2 / 2002 ). Il conduttore non può, invece, impugnare le delibere aventi per
oggetto, per esempio, la nomina dell’ amministratore o l’ approvazione del regolamento di condominio ( Corte di Cassazione 18 / 8 /
1993, n° 8755 ). Le delibere aventi per oggetto l’ adozione di un criterio di ripetizione delle spese diverso da quello stabilito
dall’articolo 1123 codice civile o da un regolamento contrattuale devono essere adottate all’ unanimità; pertanto, se approvate a
semplice maggioranza sono nulle e impugnabili in qualsiasi tempo. Le delibere, invece, con le quali le spese vengono
concretamente ripartite fra i condomini seguendo un criterio diverso da quello stabilito dal citato articolo e dal regolamento
contrattuale, sono annullabili e quindi impugnabili nel termine di decadenza di 30 giorni ( Corte di Cassazione 5 / 8 / 1988, n° 4851 ).
Annullabile anche la delibera se la spesa è priva, in tutto o in parte, di dimostrazione; l’ assemblea, infatti, deve poter sindacare la
spesa nei suoi elementi giustificativi, elementi che l’ amministratore è tenuto ad offrire in esame ( Tribunale di Genova 5 / 12 /1 983 )
Non è però indispensabile che la delibera indichi con precisione l’ammontare di una spesa, se i dati in essa riportati sono sufficienti a
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determinare l’ entità ( Cassazione 9 / 7 / 1971, n° 2217 ). Non si può, infine, invocare la nullità di una delibera che abbia approvato
una spesa senza indicare il criterio di ripartizione ( Corte di Cassazione 1 / 9 / 1999, n° 10886 ). Invalidità. Una delibera è invalida
quando è affetta da vizi più o meno gravi. Nel primo caso ( Vizi meno gravi ) si parla di nullità, mentre nel secondo ( vizi più gravi ) si
parla di annullabilità. In particolare, la delibera è nulla quando il vizio che la caratterizza è insanabile: per esempio: perché è stata
approvata la maggioranza mentre era richiesta l’unanimità ( Tribunale di Brescia 6 / 7 / 2000 ), con riferimento all’ introduzione, nel
regolamento, del divieto di battere i tappeti ), perché incide sulla proprietà esclusiva di un condomino senza il suo consenso, o
riguardo ad un oggetto impossibile o illecito ( Corte di Cassazione 22 / 11 / 2002, n° 16485 ): come nel caso in cui disponga la
realizzazione di un’ opera edilizia abusiva o tale che, se posta in esecuzione, pregiudicherebbe la sicurezza dell’ edificio ( Corte di
Cassazione 25 / 1 / 2007, n° 1626 ). Nulla anche la delibera avente per oggetto una materia che esula dalle competenze dell’
assemblea ( Corte di Cassazione 2 / 10 / 2000, n° 13013 ), o adottata dopo che la seduta, già dichiarata chiusa con alcuni
condomini che si erano allontanati, era stata riaperta ( è invece valida se, pur a seduta chiusa, sono presenti tutti i condomini e l’
approvazione interviene all’ unanimità ). La delibera nulla può essere impugnata in qualsiasi tempo: non vi è, un termine di
decadenza, a meno che non sia misurata usucapione in favore della persona avvantaggiata dalla decisione. È invece annullabile,
come già detto, la delibera caratterizzata da un vizio meno grave. È annullabile, per esempio, la delibera adottata in un giorno
diverso da quello per il quale l’ assemblea era stata convocata o su di un oggetto non compreso nell’ ordine del giorno ( Corte di
Cassazione 5 / 5 / 2009, n° 10344 ), se non è stato rispettato il termine di 5 giorni previsto per la convocazione dell’ assemblea, se la
seconda convocazione dell’ assemblea, se la seconda convocazione si è tenuta lo stesso giorno della prima, se un condomino ha
preso parte alla votazione con un numero do deleghe superiore a quello previsto dal regolamento o dalla legge >> Assemblea,
Delega ( Corte di Cassazione 12 / 12 / 1986, n° 7482 ). In questi caso la delibera diventa valida se non viene impugnata entro 30
giorni. Il termine decorre dal giorno dell’ assemblea per i dissenzienti e dal giorno in cui si riceve copia del verbale della seduta per
gli assenti l’ eventuale vizio della comunicazione della delibera a un condomini non incide sulla validità della delibera stessa ma
rileva ai soli fini della decorrenza del termine utile per l’ assegnazione ( Corte di Cassazione 22 / 5 / 1974, n° 1507 ) se l’ ultimo
giorno utile per impugnare una delibera cade di giorno festivo, per il tribunale ( Sentenza del 31 / 1 / 1980) il termine non è
automaticamente prorogato al primo giorno non festivo successivo; non cosi per il pretore di Verona ( Sentenza del 12 / 2 / 1990 ).
Nel dubbio, quindi, è bene impugnare la delibera per tempo. Può anche accadere che una delibera sia in parte valida e in parte
nulla o annullabile. Pertanto, se la maggioranza viene raggiunta solo per alcune parti della delibera, la decisione è valida
limitatamente a queste ( Corte di Cassazione 28 / 3 / 1995, n° 3680 ). Maggioranza. Se una delibera era stata adottata in prima
convocazione senza che sussistesse la maggioranza richiesta affinché la seduta potesse essere dichiarata aperta ( Assemblea,
Maggioranza ), non può essere modificata in seconda convocazione. È infatti necessario provvedere a una nova convocazione dell’
assemblea ( Corte di Cassazione 29 / 3 / 1982, n° 1930 ) Modifica. Una delibera adottata all’ unanimità può essere
successivamente modificata a maggioranza, a condizione che il quorum sia quello previsto dalla legge per quel tipo di assemblea e
per quel tipo di delibera ( Corte di Cassazione 19 / 10 / 1961, n° 2246 ). Ratifica. L’ assemblea può ratificare una delibera nulla,
purché lo faccia con la prevista maggioranza. Nel qual caso la delibera nulla è sanata con effetto retroattivo ( Corte di Cassazione 13
/ 6 / 1991, n° 6697 ). Sospensione. Gli elementi in presenza dei quali il giudice può disporre la sospensione di una delibera sono il
probabile fondamento della richiesta di sospensione e il pericolo nel ritardo, vale a dire la possibilità che da un ritardo nell’adozione
del provvedimento di sospensione possano derivare dei danni al richiedente o ad altri.
DISTANZE
Dal confine. Fra le costruzioni edificate su fondi confinanti, se non sono unite o aderenti, vi dev’ essere una distanza di almeno 3
metri ( Articolo 873 codice civile ); i regolamento comunali possono però imporre una distanza maggiore. Distanze minime dal
confine sono previste, fra l’ altro, per la posa in opera di tubi dell ’acqua, del gas e simili ( Un metro ), per l’ evacuazione di pozzi e di
fosse biologiche ( Due metri ), per la messa a dimora di siepi e alberi ( > > Alberi ). In particolare, nel calcolo della distanza fra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti, effettuato in occasione di una > > Sopraelevazione, si deve far riferimento ad ogni punto dei
fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano, e indipendentemente dal fatto che la parete sopraelevata si trovi alla stessa o a
diversa altezza rispetto all’ altra ( TAR Toscana 22 / 1 / 2007, n° 55 ). Il consiglio di stato ( Sentenza n° 2847 del 17 / 5 / 2012 ) ha
precisato che, in tema di distanze legali tra edifici, rientrano nel concetto civilistico di costruzione le parti dell’ edificio ( quali, per
esempio, le scale e le terrazze ) che, seppure non corrispondenti a volumi abitativi coperti, sono destinate ad ampliare la
consistenza del fabbricato. Non sono invece computabili le sporgenze estreme del fabbricato che abbiano una funzione meramente
ornamentali, di finitura, oppure accessoria di entità limitata: per esempio: mensole e grondaie. In condominio. Le norme relative alle
distanze fra costruzioni devono essere osservate anche all’ interno del condominio: sia nel rapporto fra proprietà individuali e parti
comuni che in quello fra proprietà individuali, a condizione, però, che il loro rispetto non sia incompatibile con l’ esercizio di
fondamentali diritti condominiali. In caso di contrasto prevalgono le norme relative all’ uso delle cose comuni, con conseguente
inapplicabilità di quelli relative alle distanze legali, che vengano pertanto trovarsi in rapporto di subordinazione rispetto alle prime (
Corte di Cassazione 9 / 10 / 1998, n° 9995 ). Successivamente, però, la stessa ( Corte di Cassazione sentenza n. 13170 del 25 / 10
/ 2001 ), ha stabilito che il principio dell’ inapplicabilità della normativa sulle distanze legali, se può valere con riferimento alle opere
eseguite sulle parti comuni, non si estende ai rapporti fra singole proprietà. Alla luce di questo criterio è stata ritenuta illegittima, per
esempio, l’ apertura di una finestra sul muro condominiale senza che fosse stata rispettata la distanza di legge in materia di vedute (
Corte di cassazione 4 / 8 / 1988, n° 4844 ). Di contro, l’ articolo 889 codice civile, relativo alle distanze da rispettare per pozzi,
cisterne, fossi e tubi, non è stato ritenuto dai giudici applicabile agli edifici in condominio quando si tratti d’ impianti indispensabili ai
fini di una concreta e moderna abitabilità ( Corte di Cassazione 20 / 8 / 1999, n. 8801 ). Per quanto attiene, in particolare, ai pannelli
solari, la disciplina della distanza dal confine è quella dettata dall’ articolo 890 codice civile ( Pret. Pietrasanta 2 / 4 / 1985 ), ossia
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quella stabilita dai regolamenti e, in mancanza , quella necessaria a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, alla salubrità
e alla sicurezza. Agli effetti del rispetto delle distanze verticali, per costruzione deve intendersi non solo l’ opera che abbia le
caratteristiche di un edificio in muratura, ma anche ogni manufatto che possegga i caratteri della stabilità e dell’ immobilità rispetto al
suolo, ancorché si tratti di un semplice accessorio ( Corte di Cassazione 23 / 1 / 1982, n° 448 ). Con una precedente decisione ( n°
12907 del 22 / 11 / 1955 ) la stessa Corte di Cassazione aveva stabilito che, agli effetti del rispetto delle distanze verticali, per
costruzione deve intendersi non solo il manufatto in mattoni e cemento, ma qualsiasi opera, di qualsiasi specie, che ostacoli l’
esercizio della veduta. A riguardo la Suprema Corte, con sentenza n. 20092 del 12 / 7 / 2011, ha stabilito che la costruzione di una
pensilina a distanza inferiore a quella legale è legittima se i materiali usati, in quanto trasparenti e fragili, non privano della veduta in
appiombo i condomini dei piani superiori e non facilitano l’ accesso a detti piani da parte di malintenzionati. Tende e verande. Vi
sono delle opere che sfuggono, in considerazione della loro natura, al regime delle distanze legali: che non è stata ritenuta dalla
Corte di Cassazione ( Sentenza n° 2873 del 18 / 3 / 1991 ) “ costruzione “; la tenda non deve però comportare, in danno di altro
condomino, una diminuzione del godimento dell’ aria, della luce e della possibilità di esercitare la veduta in appiombo sullo spazio
sottostante. Diverso, invece, il caso di una veranda che, realizzata da un condomino sul proprio balcone, dovesse protendersi in
altezza a distanza inferiore a quella legale rispetto alla finestra del sovrastante appartamento, di proprietà di altro condomino;
sempre i giudici della Corte di Cassazione infatti ( Sentenza n° 682 del 28 / 1 / 1984 ), ne hanno ordinato l’ abbassamento, fino a
osservare la distanza legale ( tre metri dalla parte inferiore della finestra ).
DOCUMENTAZIONE
I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari ( per esempio: usufruttuario ) possono prendere
visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarre copia a proprie spese ( primo comma articolo 1130bis codice civile ). Pertanto il condomino ha la facoltà di ottenere dall’amministratore l’esibizione dei documenti contabili, non solo
in sede di approvazione del bilancio annuale da parte dell’ assemblea, ma anche al di fuori di tale sede, senza essere tenuto a
specificare la ragione per la quale intende prendere visione o estrarre copia dei documenti medesimi, sempre che l’esercizio di tale
potere non intralci l’ attività amministrativa e non sia contrario ai principi di correttezza ( Corte di Cassazione 29 / 11 / 2001, nç
15159 ). Se l’ amministratore disattende la richiesta, avanzata da un condomino, di esaminare la documentazione riguardante un
argomento all’ ordine del giorno dell’imminente assemblea, l’eventuale delibera che dovesse essere adottata è annullabile, in
quanto la lesione del diritto che il condomino ha all’ informazione incide sul procedimento di formazione della maggioranza
assembleare ( Corte di Cassazione 19 / 5 / 2008, n° 12650 ). Per il Tribunale di Bologna ( Sentenza del 25 / 3 / 1999 ) la mancata
presenza dei documenti giustificativi del bilancio all’ assemblea convocata per la sua approvazione non è causa d’ invalidità della
delibera; nel caso esaminato dai giudici bolognesi, però, nessuno dei partecipanti aveva chiesto di esaminare la documentazione, e
non vi era alcuna prova che l’amministratore ne avesse negato la visione nei giorni precedenti l’ assemblea, in cui era obbligato a
tenerla a disposizione dei condomini. Conservazione. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per
dieci anni dalla data della relativa registrazione ( primo comma articolo 1130-bis codice civile ): termine, questo,
coincidente con quello ordinario di prescrizione. Irregolarità. Se il precedente amministratore ha disperso i documenti
condominiali, e si nutrono sospetti sulla correttezza della sua gestione, il nuovo amministratore può chiedere ai fornitori, facendo
carico al condominio delle eventuali spese, copia della documentazione intrattenuta con il precedente professionista e, una volta
raccolto le prove sufficienti e dimostrarne la responsabilità contabile, chiedere all’ assemblea di essere autorizzato ad intraprendere
un’ azione giudiziaria per la restituzione delle somme e il risarcimento del danno. Pagamenti. Il nuovo amministratore, se non viene
autorizzato dall’ assemblea, non può approvare incassi e spese condominiali risultanti dai prospetti sintetici consegnatigli dal
precedente amministratore; pertanto, l’ aver accettato tali documenti non costituisce prova del debito dei condomini a tal fine l’
approvazione del rendiconto da parte dell’ assemblea ( Corte di Cassazione 4 / 6 / 1999, n° 5449 ). Restituzione. Al termine dell’
incarico l’ amministratore deve riconsegnare tutta la documentazione condominiale in suo possesso ed espletare le attività
urgenti atte ad evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto a ulteriori compensi ( ottavo comma articolo 1129
codice civile ). Se, a causa della ritardata consegna della documentazione, il condominio riceve un danno, l’ amministratore è
tenuto a risarcirlo ( Tribunale di Bari 17 / 3 / 2010, n° 967 ). E’ considerata tardiva la consegna effettuata in seguito a ordine del
giudice ( Tribunale di Milano 5 / 11 / 1992 ). Se poi, per farsi restituire la documentazione, si è costretti a ricorrere alla polizia
giudiziaria, l’ amministratore è passibile di denuncia per il reato appropriazione indebita aggravata ( punito dall’ articolo 646 codice
penale con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a 1.032 € ), con l’ amministratore subentrato legittimato a costituirsi parte
civile nel processo penale, senza necessità di autorizzazione dell’ assemblea ( Tribunale di Roma, 20 / 7 / 2007 ).
< < Lettera E / F > >
ESALAZIONI E FUMI
Rientrano nelle > > Immissioni e in quanto tali non possono essere impediti se non superano la normale tollerabilità, tenuto conto
delle condizioni di tempo e di luogo.
FACCIATA
Il termine facciata, parlando di condominio, ha un significato più ampio di quello usato nel linguaggio comune. Per facciata, infatti,
non s’ intende solo la parete esterna dell’ edificio, ma anche gli elementi che, pur appartenendo alle singole unità immobiliari, ne
costituirono parte integrante: un esempio classico è costituito dagli elementi decorativi dei balconi ( > > Balcone ), che se destinati
all’ abbellimento della facciata nel suo insieme ( accertamento da condurre caso per caso ) sono considerati parti comuni dell’
edificio ( Corte di Cassazione 7 / 9 / 1996, n. 8159 ). Ogni modifica della destinazione d’ uso delle parti comuni dell’ edificio ( a
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maggior ragione la facciata ) è realizzabile se non pregiudica la stabilità o la sicurezza dell’ edificio, o non ne altera il > > Decoro
architettonico ( sesto comma articolo 1117-ter codice civile ); il mancato rispetto di questo principio rende illegittima l’ eventuale
delibera adottata. Opera illegittima. Chi è chiamato in causa per aver eseguito sulla facciata un’ opera illegittima non può eccepire
che in precedenza interventi simili non sono stati contestati; si tratta, infatti, dei rapporti giuridici distinti, che possono essere fatti
valere disgiuntamente ( Tribunale di Napoli 10 / 10 / 1973 ). Ponteggio. Se, per l’ effettuazione di lavori alle parti comuni dell’
edificio, si rende necessario installare un ponteggio sulla proprietà esclusiva di un condomino, ciò non fa sorgere automaticamente,
in capo al proprietario dello spazio, il diritto a percepire un indennizzo ( Tribunale di Roma 10 / 12 / 2007 ). Se però la presenza del
ponteggio, magari per mesi, causa un danno alla proprietà esclusiva del condomino, questi ha diritto a un’ adeguata indennità, ai
sensi del secondo comma dell’ articolo 843 codice civile. Possibile anche, a questo fine, occupare temporaneamente una striscia di
terreno confinante con l’ edificio condominiale, per consentire il rifacimento della facciata autorizzato dal Comune ( Tribunale di
Salerno 27 / 1 / 2004 ). Danni. Dei danni provocati dal ponteggio installato sul suolo condominiale risponde, ai sensi dell’articolo
2051 codice civile, l’ appaltatore dei lavori, in quanto custode dell’ impalcatura: come nel caso dei danni provocati dalla caduta, dal
ponteggio, di materiali sulle autovetture parcheggiate nei pressi ( Tribunale di Messina 12 / 6 / 2012, n. 1238 ). Furto. Se un
condomino subisce un furto nella propria abitazione ad opera di malviventi che si sono serviti del ponteggio predisposto dall’
appaltatore per l’ effettuazione dei lavori sulle parti comuni dell’ edificio, dei danni risponde l’ appaltatore, ai sensi dell’ articolo 2043
codice civile, qualora non abbia adottato le cautele idonee ad evitare l’uso anomalo dell’impalcatura e creando di conseguenza un
agevole accesso ai ladri ( Corte di Cassazione 11 / 2 / 2005, n. 2844 ). L’ appaltatore, infatti, è tenuto a custodire e vigilare l’
impianto per tutta la durata delle opere, predisponendo appositi sistemi di antifurto o d’ allarme sull’ impalcatura, al fine di evitare furti
negli appartamenti, mentre l’ amministratore del condominio è estraneo ad ogni rapporto tra appaltatore e condomini ( Tribunale di
Roma 21 / 10 / 2002 ). Per il Tribunale di Milano ( sentenza n. 2328 del 28 / 10 / 2002 ) c’ è una responsabilità solidale dell’ impresa
e del condominio se questo, invitato dall’ appaltatore e dotar l’ impalcatura d’idoneo antifurto, abbia rifiutato questa forma di custodia
e vigilanza. Nel qual caso il danneggiato può pretendere il risarcimento, indifferentemente, dall’ impresa o dal condominio ( chi paga
si rivarrà nei confronti del corresponsabile per la quota da questi dovuta ). La responsabilità dell’ appaltatore è stata ribadita dalla
Corte di Cassazione 11 / 6 / 2008, n. 15492, con riferimento ad un imprenditore che aveva trascurato le più elementari norme d
diligenza e perizia, e quindi la doverosa adozione di cautele idonee a impedire l’ uso anomale dell’ impalcatura, creando cosi
colposamente un agevole accesso ai ladri. Con una successiva decisione ( n. 6435 del 17 / 3 / 2009 ), però, la Suprema Corte ha
mutato indirizzo, chiamando il condominio a rispondere per omessa custodia ai sensi dell’ articolo 2051 codice civile, insieme all’
appaltatore, del furto consumato tramite impalcatura sprovvista delle luci esterne e degli altri dispositivi di sicurezza volti a garantire ”
l’ inviolabilità degli appartamenti “. Da ultimo la Suprema Corte ( sentenza n. 12274 del 27 / 5 / 2009 ) ha sancito l’ esclusiva
responsabilità dell’ appaltatore ex articolo 2061 codice civile, quale custode dei beni presenti nel cantiere. Spesa. L’ installazione del
ponteggio fa parte dei costi complessivi per il rifacimento della facciata: il relativo onere, quindi, dev’ essere ripartito fra i condominio
in base ai millesimi di proprietà. Se poi alcuni condomini approfittano della presenza del ponteggio per eseguire interventi nella
propria unità immobiliare, la spesa richiesta dal montaggio, l’ utilizzo e lo smontaggio della struttura andrà suddivisa per la durata (
espressa in giorni ) dei lavori. Il quoziente cosi ottenuto va moti plicato per il periodo in cui il ponteggio è servito esclusivamente ad
alcuni condomini, ponendo a loro carico la relativa spesa. In questo contesto non si tiene conto dell’ altezza del piano dal suolo; all’
altezza che, invece, va considerata nel caso in cui i condomini decidano di noleggiare una struttura per eseguire esclusivamente
lavori nelle rispettive proprietà: paga di più chi sta più in alto. Rifacimento. Per decidere il rifacimento della facciata è necessario il
quorum prescritto per le riparazioni straordinarie di notevole entità ( App. di Napoli 29 / 10 / 1971 ); pertanto l’ intervento dev’ essere
deliberato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, anche in
seconda convocazione ( quarto comma articolo 1136 codice civile ). Alla copertura della spesa, da suddividersi in base ai
millesimi di proprietà, devono contribuire tutti i condomini, ad eccezione dei proprietari di sole autorimesse separate dall’ edificio,
anche se situate all’ interno del perimetro condominiale ( Corte di Cassazione 2/2/1995, n. 1255 ). Quando, in occasione del
rifacimento della facciata, vengono eseguiti interventi sia ornamentali della stessa facciata sia protettivi delle proprietà esclusive ( per
esempio il rifacimento della pennellatura, che assolve alla duplice funzione di abbellimento della facciata e di protezione dei balconi
degli agenti atmosferici ), la spesa dev’ essere ripartita per quote distinte, seguendo il criterio dettato dal secondo comma dell’
articolo 1123 codice civile ( Corte di Cassazione 23 / 12 / 1992, n. 13655 ): si tratta quindi di stabilire qual è la quota di spesa
attinente all’ aspetto esteriore della facciata ( Da ripartire fra tutti i condomini ), e quale, invece, la parte a carico dei soli condomini
che traggono dall’ intervento anche un’ utilità diretta.
FALLIMENTO
Amministratore: L’ amministratore di condominio, ancorché eserciti la propria attività in forma associata, svolge un servizio che
rientra fra le attività intellettuali; pertanto non può essere dichiarato fallito in proprio e nemmeno come socio di fatto dell’
associazione ( Tribunale di Bologna 2 / 7 / 1997 ). Condomino. Se un condomino, per il fatto di svolgere attività commerciale, viene
dichiarato fallito ed è in mora con il pagamento dei contributi condominiali, il condominio deve chiedere di essere ammesso al
passivo del fallimento per il credito vantato, come previsto dall’ articolo 61 della legge fallimentare. L’ insinuazione può avvenire per l’
intero importo, anche se il fallito è comproprietario dell’ immobile con il coniuge ( Tribunale di Milano 27 / 7 / 1995 ). Contributi
condominiali. I contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, e quelli per le innovazioni, sono prededucibili ai
sensi dell’ articolo 111 della legge fallimentare, se divenuti esigibili durante la procedura concorsuale in seguito all’ emanazione di
decreto ingiuntivo. L’ amministratore può pertanto depositare nei termini di legge gli atti del fallimento del condomino una domanda
di ammissione al passivo, con allegato il decreto ingiuntivo, richiamando nel testo il titolo che da diritto alla prelazione ( Articolo 30
della legge di di riforma ).
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FASCICOLO DI FABBRICATO.
Conosciuto anche come “ Libretto casa “, è stato introdotto nel 1999, a garanzia della sicurezza degli edifici, soprattutto per cercare
di evitare incendi, esplosioni, crolli. Si tratta di una sorta di patentino nel quale devono essere indicati tutti gli elementi utili a questo
fine: per esempio caratteristiche del sottosuolo sul quale insiste la costruzione ( dev’ essere legata la planimetria ), tipologia delle
strutture di fondazione e in elevazione, descrizione delle eventuali modifiche introdotte nelle parti comuni dell’ edificio o sulle singole
unità immobiliari, eventuali presenze di fessure o lesioni, rispondenza a norma degli impianti. Questi elementi devono essere indicati
sul libretto, obbligatorio per tutti gli edifici, da un tecnico iscritto all’albo, o vanno aggiornati periodicamente ( ogni otto anni per il
comune di Roma ). Il libretto casa, vera e propria carta d’ identità del fabbricato, dev’ essere trasmessa al Comune e costituisce
documentazione indispensabile per l’ ottenimento di autorizzazioni e certificazioni da parte della pubblica Amministrazione. La sua
introduzione è però ancora in discussione, avendo incontrato ostacoli sia a livello di Confagricultura, Confcommercio e Confedilizia,
sia da parte della stessa Autorità giudiziaria: il Consiglio di Stato, infatti, con ordinanza del 2 / 7 / 2002, ha sospeso l’ entrata in
vigore del fascicolo di fabbricato nel Comune di Roma, motivando col fatto che non vi è una legge che preveda, in campo al
Comune, la facoltà d’ intuirlo, mentre la Corte Costituzionale, con sentenza n. 315 del 28 / 10 / 2003, ha dichiarato l’ illegittimità della
legge della Regione Campania che aveva istituito il “ Il libretto “. Da ultimo, il TAR del Lazio ( sentenza n. 12320 del 13 / 11 / 2006 )
ha sancito la legittimità del “ libretto “.
FIBRA OTTICA
In seguito al rinvio fatto dal settimo comma dell’ articolo 1 della Legge 18 / 6 / 2009, n. 69, al tredicesimo comma dell’ articolo 2-bis
del D.L. 23 / 1 / 2001, n. 66, l’ esecuzione dei lavori aventi per oggetto il passaggio di cavi in fibra ottica può essere deliberata con il
voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 334 / 1.000.
FINESTRA
Va premesso che il secondo comma dell’ articolo 1122 codice civile stabilisce che, il condomino che esegua un’ opera su
parti di proprietà o uso individuale, deve darne preventiva notizia all’ amministratore, specificando i dettagli dell’ intervento e
le modalità di esecuzione. L’ amministratore, a sua volta, ne riferisce all’ assemblea ( secondo comma dell’ articolo 1122 codice
civile ). Pertanto tutti gli interventi sotto descritti sono subordinati all’ adempimento di quest’ obbligo. Apertura. In mancanza di un
divieto contenuto nel regolamento contrattuale del condominio, il condomino può aprire una finestra nel muro comune, anche nel
caso in cui affacci sul cortile condominiale, a condizione che l’ innovazione non alteri la stabilità o il decoro architettonico dell’
edificio, e non leda i diritti degli altri condomini; si tratta, infatti, di una facoltà compresa nel diritto di servirsi delle parti comuni dell’
edificio per il miglior godimento di esse ( Corte di Cassazione 4 / 2 / 1988, n. 1112 ). Occorre ovviamente mettersi in regola con il
Comune ( > > Distanze ). Vietato, invece, aprire una porta.-finestra per mettere in comunicazione l’ area comune con l’ unità
immobiliare che il condomino dovesse possedere in una costruzione adiacente all’ edificio condominiale, perché cosi facendo si
verrebbe ad asservire il bene comune a un bene di proprietà esclusiva ( Corte di Cassazione 1 / 12 / 2000, n. 15390 ). Doppie
finestre. L’ applicazione di doppie finestre è consentita, a condizione che non alterino il decoro architettonico dell’ edificio. È fatto
ovviamente salvo l’ eventuale divieto contenuto nel regolamento contrattuale del condominio, come nel caso in cui gli infissi non si
limitano a rinforzare quelli preesistenti, ma intercludano spazi dei balconi prima aperti, creando un effetto di “ tutto pieno “ laddove in
precedenza esisteva un’ alternanza fra “ pieni “ e “ vuoti “ ( App. Milano 19 / 11 / 1993 ). L’ applicazione delle doppie finestre non
comporta aumento della volumetria e, quindi non occorre permesso edilizio ( Corte di Cassazione 6 / 4 / 1998 ). Trasformazione (
In balcone ). In mancanza di un divieto contenuto nel regolamento contrattuale del condominio, la trasformazione di una finestra in
balcone, innestando sul muro perimetrale la relativa soletta, è consentita se non pregiudica la stabilità o il decoro architettonico dell’
edificio e non lede il diritto all’ uso o al godimento delle parti comuni dell’ edificio da parte degli altri condomini ( > > Distanze ). Il
Tribunale di Napoli ( Sentenza del 25 / 10 / 1989 ), per esempio, ha dato ragione al condomino che aveva contestato la delibera con
la quale l’ assemblea, a maggioranza, aveva autorizzato un altro proprietario a trasformare una finestra in un balcone la cui soletta si
sarebbe venuta a collocare a un metro e mezzo dalla pavimentazione del cortile condominale. Questo perché l’ innovazione
sottraeva, di fatto, una parte del cortile all’ uso e al godimento degli altri condomini. In porta. In mancanza di un divieto contenuto nel
regolamento contrattuale del condominio, la trasformazione di una finestra in porta rientra fra i diritti che gli articoli 1102 e 1122
codice civile riconoscono ai condomini sulle cose comuni. L’ intervento, però, non è consentito se pregiudica la stabilità o il decoro
architettonico dell’ edificio, o se lede il diritto all’ uso o al godimento delle parti comuni da parte degli altri condomini ( Corte di
cassazione 23 / 4 / 1980, n. 2676 ). Stesso discorso per la trasformazione della finestra in porta-finesta ( Corte di Cassazione 28 / 11
/ 1987, n. 8861 ). Consentito anche trasformare una finestra in porta di accesso al cortile condominiale, poiché questo tipo d’
intervento non costituisce abuso del muro comune, né lede il compossesso degli altri condomini ( Corte di cassazione 4 / 2 / 1988, n.
1112 ).
FIORIERE
La spesa per le fioriere collocate sui pianerottoli e nell’ androne condominiale va ripartita fra i condomini in proporzione ai millesimi di
proprietà. La Corte i Cassazione ( sentenza n. 6624 del 30 / 3 / 2012 ), con riferimento alle fioriere in cemento realizzate dal
costruttore per delimitare la superficie dell’ appartamento situato all’ ultimo piano dell’ edificio e non sporgenti rispetto al muro
perimetrale dello stesso, ha ritenuto prevalente, all’ esito di una consulenza tecnica, rispetto a quella di contribuire al decoro
architettonico dell’ edificio, ponendo le relative spese a esclusivo carico del proprietario. Rimozione. Un condomino può essere
obbligato a rimuovere le fioriere collocate sul proprio balcone, a condizione che si dimostri che alterano il decoro architettonico dell’
edificio o che creano una situazione di pericolo.
FOGNATURA
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Allaccio. Il condomino non può allacciare water alla fognatura condominiale, servendosi dei pozzetti d’ ispezione situato nel proprio
garage, se ciò comporta la soppressione della funzione specifica del pozzetto, che è quella di consentire le periodiche ispezioni
dell’impianto ( Corte di Cassazione 26 / 11 / 2002, n. 16847 ). All’ impianto comunale. Se i lavori di allaccio al sistema fognario
comunale, interessano solo alcune unità immobiliari, la spesa dev’ essere ripartita tra i rispettivi proprietari, in proporzione ai
millesimi di proprietà, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini. La stessa regola vale per le spese di spurgo.
In particolare, se gli appartamenti sono dotati di fosse biologiche separate, ma collegate a un collettore condominiale che immette i
liquami della fognatura pubblica, l’ impianto è considerato comune; è pertanto legittimo il criterio di eseguire lo spurgo contestuale
dei pozzetti, ripartendo la spesa su base millesimale. Nulla vieta che i condomini si accordino per provvedere singolarmente all’
operazione, anche se questa soluzione è sconsigliabile perché potrebbe creare inconvenienti all’ impianto, per non parlare del
fastidio arrecato alla frequente presenza, nell’ area condominiale, del mezzo adibito a quest’ attività. Danni. Se la fognatura causa
danni a un condomino, ne risponde il condominio se derivano infiltrazioni provenienti dal tratto di fognatura condominiale che arriva
fino al punto dell’ innesto della rete pubblica. Se invece i danni derivano dalla parte esterna dell’ impianto, ne risponde il Comune:
per esempio perché dovuti a cattiva manutenzione ( App. di Roma 30 / 11 / 1964 ) se poi il danno proviene dalla fognatura posta al
servizio di una sola scala o di una parte di essa, la spesa grava sui condomini che traggono utilità dall’ impianto che ha provocato il
danno, in proporzione ai rispettivi millesimi. Se, invece, si dimostra che l’ occlusione della fognatura , e quindi il danno, sono
riconducibili a fatto e colpa di un condominio, dei danni risponde questi ( Corte di cassazione 23 / 10 / 1998, n. 10556 ). Spese. Le
spese richieste dall’ impianto fognario condominiale vanno ripartite fra i condomini delle unità immobiliari che vi sono allacciate, in
base ai millesimi di proprietà salvo diverso accordo, e sempre che un regolamento contrattuale non chiami a contribuire alla spesa
anche i proprietari delle unità immobiliari non servite dall’ impianto.
FONDO COMUNE
L’ accantonamento di un fondo comune per far fronte a spese più o meno ingenti e impreviste è legittimo, ma solo se deliberato
all’unanimità ( Corte di Cassazione 21 / 8 / 1996, n. 7706 ). In precedenza la Suprema Corte ( sentenza n. 1553 del 13 / 12 / 1988 )
aveva riconosciuto la legittimità di un fondo di riserva deliberato a maggioranza ( ai sensi del secondo comma dell’ articolo 1105
codice civile ) e costituito dai canoni di locazione provenienti da alcuni locali condominiali. Il Tribunale di Napoli ( Sentenza del 26/ 1
/ 1994 ) ha ritenuto nulla la delibera con la quale l’ assemblea aveva costituito un fondo da investire in titoli pubblici, per sopperire a
future spese straordinarie non determinate né determinabili, mentre il Tribunale di Roma ( sentenza del 22 / 5 / 1986 ) ha sancito
che l’ assemblea non può chiamare un condomino a partecipare alla costituzione di un fondo avente lo scopo di fronteggiare la sua
morosità e le spese di una causa avviata a questo titolo nei suoi confronti. Anche se la costituzione del fondo è consigliabile, per
ridurre l’ impatto che spese inattese possono avere sul budget famigliare, non è facile raggiungere l’ unanimità. Una possibile
soluzione è che alla costituzione del fondo partecipano i soli condomini che l’ hanno approvata, versando i relativi importi su di un
conto separato da quello riservato alla gestione condominiale e suddividendo fra i depositanti, in proporzione ai versamenti effettuati,
sia gli utili ( per esempio gli interessi bancari od obbligazionari ) che le spese di gestione. L’ assemblea, però, che deliberi opere di
manutenzione straordinaria o innovazioni, è obbligata a costituire un fondo speciale d’ importo pari all’ ammontare dei
lavori ( primo comma , n. 4, articolo 1135 codice civile ).
FUMO
Il divieto di fumare introdotto dall’ articolo 51 della L. 16 / 01 / 2003, n. 3, si applica anche ai locali comuni chiusi dei condomini: per
esempio androne, scale e ascensore. Il Ministro della salute, con nota del 24 / 1 / 2005, n. 1505, ha chiarito che il divieto è motivato
dall’ indubbia esigenza di garantire anche in ambito condominiale la tutela della salute dal fumo passivo; questi spazi, infatti, non
possono essere equiparati a un’ abitazione privata, in quanto frequentati da condomini e da altre persone ( per esempio: portiere,
addetti alla manutenzione degli impianti, portalettere ) che vi svolgono la propria attività lavorativa e alle quali dev’ essere estesa e
garantita la tutela prevista dalla legge. Da ciò deriva che l’ amministratore è tenuto a esporre nell’ androne, sulle scale e nell’
ascensore, i cartelli che prescrivono il divieto di fumo e a vigilare sulla sua osservanza. I condomini e i frequentatori del fabbricato,
per parte loro, possono richiamare i trasgressori al rispetto del divieto e, in caso d’ inosservanza, segnalare la violazione all’ Autorità
( > > Immissioni ). La Corte di Cassazione ( sentenza n. 7875 del 31 / 3 / 2009) ha stabilito che, se le immissioni di fumo di sigaretta
proveniente dal sottostante bar superano la normale tollerabilità, l’inquilino del soprastante appartamento può esigere il risarcimento
del danno patrimoniale.
<< Lettera G >>
GARAGE
Il garage, in genere, è una pertinenza dell’abitazione e quindi di proprietà esclusiva di questo o quel condomino. I singoli proprietari
possono adibirlo anche ad altro uso ( per esempio: ripostiglio o sala hobby ), a meno che ciò non sia vietato da un regolamento
contrattuale. In ogni caso vanno rispettati il diritto e la sicurezza degli altri condomini: non è consentito, per esempio, depositare in
garage sostanze infiammabili o altri materiali pericolosi, nè svolgervi attività rumorose, a meno di non provvedere a idonea
insonorizzazione. Il proprietario può, inoltre, intervenire sul garage di sua proprietà in vari modi: per esempio sostituendo la porta con
una serranda, ma a condizioni di non alterare il decoro architettonico dell’edificio. Se poi la porta è basculante, po’ essere sostituita
con altra che si apra a libro, ma in tal caso, oltre a non alterare il decoro architettonico, si deve evitare che l’innovazione comporti un
restringimento dello spazio condominiale destinato al transito o una situazione di pericolo. Ampliamento. L’ assemblea può
deliberare l’ ampliamento dell’ autorimessa condominiale utilizzando i locali già adibiti a portineria e a centrale termica, poiché
questo tipo di intervento non costituisce innovazione vietata ( Corte di Cassazione 5 / 11 / 2002, n. 15460 ). La relativa spesa, salvo
diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini, va ripartita in proporzione ai millesimi di proprietà. Autorimesse separate
dall’edificio - copertura -. Per le spese richieste della copertura di autorimesse separate dall’ edificio condominiale si applicano
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criteri diversi a seconda che la superficie sia calpestabile o meno. Se la copertura è calpestabile, per esempio perché costituita da
un cortile condominiale, trova applicazione, per analogia l’ articolo 1125 codice civile, che regola la manutenzione e la ricostruzione
dei soffitti, delle volte e dei solai, ponendo a carico di coloro che utilizzano il piano di calpestio le spese da questo richieste, e a
carico dei proprietari delle sottostanti autorimesse le spese riguardanti l’ intonaco, la tinteggiatura e le decorazioni del soffitto ( Corte
di Cassazione 14 / 9 / 2005, n. 18194 ). Lo stesso criterio è applicabile qualora le autorimesse ubicate sotto il cortile o il giardino
condominiale siano interessate da infiltrazioni d’acqua, sia quella piovana o d’ irrigazione, provenienti dalla copertura, e si ponga
quindi il problema di effettuare i dovuti lavori per evitare danni ai sottostanti locali. Impermeabilizzazione. Per il Tribunale di
Bergamo ( sentenza del 27 / 4 / 2000 ) le spese d’ impermeabilizzazione di autorimesse sottostanti al giardino condominiale vanno
ripartite ai millesimi di proprietà, ai sensi dl primo comma dell’ articolo 1123 codice civile, in quanto no è configurabile una diversa
misura d’ uso da parte dei condomini in relazione all’ oggettiva, duplice funzione di sostegno del giardino e di copertura delle
autorimesse svolta dal bene comune. Se invece la copertura non è calpestabile si applica il terzo comma dell’ articolo 1123 codice
civile: la spesa dev’ essere sostenuta dai soli proprietari di garage o posto di auto. Autoveicolo alimentato a GPL. Il paragrafo 10.6
del decreto del ministero dell’ interno 1 / 2 / 1986 sulla sicurezza antincendi per la costruzione e l’ esercizio di autorimesse e simili
stabilisce che il parcheggio di autoveicoli alimentati a gas avente densità superiore a quella dell’ aria è consentito soltanto ai piani
fuori terra, a condizione che non siano comunicanti con i piani interrasti. Con successivo decreto 22 / 11 / 2002, lo stesso Ministro ha
stabilito che il parcheggio degli autoveicoli alimentati a gas petrolio liquefatto con impianto dotato di sistema di sicurezza conforme al
regolamento ECE/ONU 67- 01 è consentito nei piani fuori terra e al primo piano interrato delle autorimesse, anche se organizzate
su più piani interrati. Deve però trattarsi di autorimesse conformi al decreto ministeriale 1 / 2 / 1986. Nel caso, poi, di autorimesse
soggette ai controlli di prevenzione incendi, è richiesto il rispetto delle procedure di cui al DPR 12 / 1 / 1998, n. 37. All’ ingresso dell’
autorimessa, infine, dev’ essere installata una cartellonistica idonea a segnalare gli eventuali divieti derivanti dalle limitazioni al
parcheggio dei suddetti autoveicoli. Costruzione. Per costruire autorimesse sul cortile o sui giardini condominiali nell’ interesse del
condominio è necessario un numero di voti pari a 4/5 dei partecipanti al condominio, in rappresentanza de 4/5 del valore dell’edificio
( 800/1000 ), trattandosi di cambiare la destinazione di queste parti comuni, mentre se si tratta di costruirle nel sottosuolo o nei locali
siti a piano terra ( Sempre che le condizioni dell’edificio lo consentano ) è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1000 ( Articolo 9 della L. 24 / 3 / 1989, n. 122 ). Danni. Il risarcimento
dei danni da infiltrazioni provenienti dalla copertura calpestabile delle autorimesse va ripartito fra tutti i condomini, in proporzione ai
millesimi di proprietà, con i proprietari delle autorimesse in veste, ad un tempo, di danneggianti e di danneggiati, per cui la quota di
risarcimento a ciascuno dovuta dev’ essere diminuita della rispettiva quota di spesa. Pavimentazione. La pavimentazione del cortile
antistante i garage è intervento di manutenzione straordinaria ( Tribunale di Milano 8 / 5 / 1989 ). In quanto tale può essere
deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1000. Se
il piazzale antistante i garage è separato dalla restante zona condominiale da un cancello la cui chiave sia in dotazione elusivamente
ai proprietari dei garage, alle spese di rifacimento del manto di asfalto sono tenuti a concorrere soltanto questi. Se invece il cortile è
utilizzabile anche dai condomini che non hanno garage, la spesa va ripartita fra tutti in base ai millesimi di proprietà. Porta. Il
condomino può aprire, in corrispondenza della propria unità immobiliare, una porta di accesso all’ intercapedine e al garage comune,
trattandosi d’ intervento che non rientra tra le innovazioni. Non è pertanto richiesta l’approvazione dell’ assemblea a maggioranza
qualificata e non si determina neppure la costituzione di una servitù ( Corte di Cassazione 3 / 6 / 2003, n. 8830 ) Il condomino che
intenda prendere questo tipo d’ iniziativa deve però darne preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli d’
intervento e le modalità di esecuzione. L’ amministratore, a sua volta, ne riferisce all’ assemblea ( secondo comma articolo 1122
codice civile ). Rampa di accesso. Per le spese richieste dalla manutenzione della rampa di accesso e dell’area antistante le
autorimesse occorre distinguere, se vi hanno accesso i soli proprietari di garage, la spesa grava esclusivamente su di loro. Se
invece queste parti possono essere, sia pure potenzialmente, usate anche dagli altri condomini, la spesa dev’ essere ripartita fra tutti
i condomini in base ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo. La rampa si considera destinata all’uso comune se può essere
utilizzata per operazioni di carico e scarico al piano cantine o se possono accedervi camion di fornitori o manutentori del condominio:
per esempio: approvvigionamento gasolio, spurgo fossa biologica, rotazione dei sacchi dell’immondizia. Realizzazione box. E’
possibile utilizzare lo spazio dell’autorimessa condominiale, di cui sia proprietario esclusivo, per costruirvi un box, ma a condizione
che la costruzione non sia vietata da un regolamento contrattuale e non arrechi danno alle parti comuni dell’edificio o al godimento,
anche da parte di un solo condomino, dell’ area a lui riservata ( Corte di Cassazione 25 / 5 / 1991, n. 5933 ): per esempio non gli
dev’ essere impedito di aprire lo sportello della propria auto. Spese. Le spese di pulizia, illuminazione e manutenzione del garage
condominiale devono essere suddivise in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i
condomini ( > > Incendio, Adeguamento normativa antincendio ).Tetto. Alla spesa occorrente al rifacimento del tetto posto a
copertura di diversi piani di autorimesse devono contribuire, in proporzione alla quota millesimale, tutti i proprietari alle cui
autorimesse esso serve da copertura e non solo i proprietari delle autorimesse a questo immediatamente sottostanti.
Trasformazione locale. Se le caratteristiche obiettive di un locale condominiale lo consentono, per esempio perché si trova al piano
terra e ha accesso alla via pubblica mediante passo carrabile, l’ assemblea può deliberare di trasformarlo, nell’interesse del
condominio, in autorimessa con un numero di voti che rappresenti i 4/5 del valore dell’ edificio ( 800 / 1000 ) ( Primo comma
articolo 1117-ter codice civile ). La delibera è valida anche se i posti auto non sono sufficienti per tutti, dal momento che il pari
godimento della cosa comune, come previsto dall’ articolo 1102 codice civile, non richiede il godimento contemporaneo: si possono
infatti stabilire dei turni. > > Parcheggio.
RIEPILOGANDO IL GARAGE
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Costruzione. Se in cortile o in giardino può essere deliberata con un numero di voti pari a 4/5 dei partecipanti al condominio e a 4/5
del valore dell’ edificio. Nel sottosuolo sono sufficienti la maggioranza degli intervenuti e almeno 500 / 1000. Copertura box. Se è
calpestabile le spese del piano di calpestio sono a carico di tutti i condomini, mentre i proprietari delle sottostanti autorimesse
pagano per l’ intonaco, la tinteggiatura e la decorazione del soffitto. Se la copertura non è calpestabile l’ intera spesa è a carico dei
proprietari dei box. Rampa di accesso. Se è utilizzabile dai soli proprietari di box la spesa grava soltanto su questi. Se invece vi
hanno accesso anche gli altri condomini alla spesa devono contribuire tutti in proporzione ai millesimi di proprietà salvo diverso
accordo. Norme. Articolo 9 L. n. 122 / 1989.
GAS
L’ impianto del gas è comune ai proprietari dei diversi piani o porzioni di piano dell’ edificio fino al punto di diramazione ai locali di
proprietà esclusiva. Assicurazione. L’ autorità per l’ energia elettrica è il gas, con delibera n. 152 del 12 / 12 / 2003, ha stabilito che
tutti i clienti finali civili siano garantiti da un contratto di assicurazione per gli infortuni ( Anche subiti dai familiari conviventi e dai
dipendenti ), gli incendi e la responsabilità civile, derivanti dall’ uso del gas loro fornito tramite un impianto di distribuzione a valle del
punto di consegna. Ciò avviene attraverso una polizza di assicurazione stipulata dal Cig ( Comitato Italiano Gas ) per conto dei
clienti, polizza il costo viene caricato sulla bolletta del gas. In caso di sinistro il cliente deve inviare al CIG la relativa denuncia redatta
sull’apposito modulo scaricabile dal sito www.cig.it. Per informazioni sullo stato della pratica si può chiamare il numero verde 800
929 286 o inviare la richiesta a mezzo posta elettronica all’ indirizzo [email protected] o fax al numero 02 72 00 16 46. Installazione
impianto. Il condomino può utilizzare le parti comuni dell’ edificio per installarvi un impianto a gas ( Trattasi infatti di servizio
indispensabile al godimento del proprio appartamento ), ma a condizioni che venga rispettata la proprietà esclusiva degli altri
condomini ( Corte di Cassazione 29 / 4 / 1982, n. 2697 ). L’ assemblea che avesse a suo tempo autorizzato alcuni condomini a
collocare nel cortile condominiale le bombole del gas collegate alla rispettiva cucina può deliberare la rimozione una volta
intervenuto l’ allacciamento alla rete pubblica, essendo venuta meno l’esigenza che aveva giustificato la precedente autorizzazione (
Corte di Cassazione 29 / 3 / 2007, n. 7711 ).
GETTO PERICOLOSO DI COSE
Spazzare l’ acqua piovana dal pavimento del balcone, sporcando i vetri p la biancheria stesa dal balcone del condominio del piano di
sotto, non configura, per il Pretore di Foligno ( Sentenza del 16 / 11 / 1984 ), il reato di getto pericoloso di cose, consiste ( articolo
674 codice penale ) nel gettare o versare in un luogo di pubblico transito, o in luogo privato di comune o di altrui uso, come atte a
offendere o imbrattare o molestare persone, o, nei casi non consentiti dalla legge, nel provocare ammissioni di gas, di vapori o di
fumo, atte a cagionare tali effetti. Meglio, comunque, evitare questo tipo di operazione: sia per educazione, sia perché si può
incontrare un giudice che la pensi diversamente ( La sanzione prevista e l’ arresto fino a un mese o l’ ammenda fino a 206,00 € ),
sia, infine, perché si può comunque essere chiamati a risarcire il danno. Il reato è stato ravvisato, per esempio ( Corte di Cassazione
11 / 7 /2012, n. 27625 ), nel battere i tappeti dalla finestra o nello scuotere la tovaglia all’ esterno della propria abitazione dopo i
pasti, qualora l’ operazione si ripeta e provochi la caduta di cose atte a imbrattare o molestare le persone. Non si può neppure aprire
un foro nel parapetto del balcone per far cadere l’ acqua piovana nel sottostante cortile, perché cosi facendo, oltre a gravare questa
parte comune di una servitù di stillicidio ( Articolo 908 codice civile ), si creerebbe una situazione di pericolo per chi vi transita ( Corte
di Cassazione 11 / 10 / 1986 , n. 5949 ). Possono dar luogo al reato di cui sopra anche le esalazioni maleodoranti provenienti da
animali o da un’ abitazione non convenientemente pulita, se d’ intensità tale da arrecare molestia o disturbo ai vicini ( Corte di
Cassazione 28 / 9 / 1993 ). Sempre in fatto di odori, quelli particolarmente intensi provenienti da una cucina possono dar luogo al
reato; il criterio da prendere in considerazione - ha precisato la Corte di Cassazione ( Sentenza n. 16670 del 4 / 5 / 2012 ) con
riferimento agli odori provenienti dallo sfiatoio della cucina di un bar ubicato nell’ edificio condominiale - non è quello della “ Normale
tolleranza “ di cui all’ articolo 844 codice civile, ma quello della “ stretta tolleranza ”, non esistendo disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori. Si realizza il reato anche se a provocare molestia alle persone sono i gas, fumi o vapori ( Corte di
Cassazione 6 / 10 / 1989 ), come nel caso di un’ autovettura ( diesel nel caso di specie ) lasciata per molto tempo con il motore
acceso ( Pretore di Brunico 14 / 3 / 1989 ); delle immissioni di monossido di carbonio e fumi superiori alla normale tollerabilità,
provocare dall’ impianto termico condominiale e di cui si era accertata la presenza all’ interno dell’ appartamento di un condomino (
Corte di Cassazione 21 / 6 / 2007 ); delle missioni di gas, vapore e fumo provenienti dalla camma fumaria di un impianto di
riscaldamento a metano non conforme alla normativa sull’ abbattimento dei fumi, quando il disturbo concretamente arrecato alle
persone superiori la normale tollerabilità, con conseguente pericolo per la salute pubblica ( Corte di Cassazione 19 / 6 / 2007 ).
Punibile allo stesso titolo anche il condomino sorpreso a imbrattare il vicino di pianerottolo lanciandogli contro uova marce ( Corte di
Cassazione 10 / 5 / 1995 ) e quello intento a gettare acqua nella vicina abitazione servendosi di una pompa ( Corte di Cassazione 2 /
7 / 1992 ). Il reato di getto pericoloso di cose è ipotizzabile anche in presenza di onde elettromagnetiche superiori ai limiti di legge,
emesse dall’ antenna di una stazione radio ( GIP di Trani 4 / 4 / 2003 ) o da un ripetitore televisivo ( Corte di Cassazione 14 / 3 /
2002 ) collocati sul lastrico solare, purché - ha precisato la Suprema Corte con sentenza del 13 / 5 / 2008 - si accerti un’effettiva e
concreta idoneità delle emissioni da offendere o molestare persone. L’ emissione di calore, infine, anche quando superi la normale
tollerabilità, non integra il reato di getto pericoloso di cose ( Corte di Cassazione 29 / 1 / 2009, n. 9853 ).
GIARDINO
Il codice civile non lo cita tra le parti comuni dell’ edificio, per cui la sua appartenenza ( Condominiale o di proprietà esclusiva di uno
o più condomini ) va valutata caso per caso sulla base dei titoli di proprietà. Le norme di carattere generale che regolano l’ uso del
giardino sono le stesse del > > Cortile. Frazionamento. L’ assemblea può deliberare di dividere il giardino fra i condomini,
trasferendone a ciascuno di essi una parte in proprietà esclusiva. L’ operazione, però, richiede il consenso di tutti, consenso che
deve risultare da atto scritto. Occorre inoltre che la ripartizione avvenga senza pregiudizio dell’originario valore del bene, e in parti
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vantaggiosamente utilizzabili dai singoli condividenti ( Corte di Cassazione 24 / 2 / 1995, n. 2117 ). Locazione a un condomino.
Per concedere in locazione a un condomino una parte del giardino condominiale è necessaria l’ unanimità; se però l’ uso diretto da
parte di tutti non è possibile, la delibera è adottabile a maggioranza ( Corte di Cassazione 22 11 / 1984, 6010 ). Lo stesso discorso
vale per il rinnovo del contratto. Il conduttore non può arrecare al giardino trasformazione che causino pregiudizio alle altri parti
comuni, in termini, per esempio, di aereazione, amenità, veduta ( Corte di Cassazione 27 / 7 / 1984, n. 4451 ) né utilizzarlo per altri
scopi: per esempio per costruirvi una veranda o per adibirlo a parcheggio. Se non c’ è stato un accordo preventivo sulle spese di
manutenzione - per esempio quelle occorrenti al taglio dell’ erba e alla potatura degli > > Alberi - il condominio può essere chiamato
a contribuirvi, tenuto conto di diverso uso che viene fatto dello spazio: godimento diretto da parte dell’ utilizzatore, indiretto da parte
degli altri condomini, sotto il profilo dell’ abbellimento e quindi della valorizzazione dell’ edificio. Recinzione. Recintare le aree verdi
in modo da impedirne il calpestio costituisce atto di ordinaria amministrazione, la cui delibera può essere approvata dalla
maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1000 ( Corte di Cassazione 21/ 9 / 1997, n.
4035 ). Stesse regole per sostituire una preesistente delimitazione in paletti uniti da una catena con una recinzione in rete metallica (
Tribunale di Bologna 7 / 3 / 2000 ). La spesa per il rifacimento o la ripartizione dei muti che delimitano i giardini individuali rispetto ai
fondi confinanti è a carico esclusivo dei proprietari, a meno che un regolamento contrattuale non li consideri comuni, assimilandoli
cosi ai muri di cinta. In questa seconda ipotesi, come anche stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 8198 dell’ 11 / 8 /
1990, la spesa va ripartita fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà salvo diverso accordo. Sottosuolo. Il condomino può
utilizzare il sottosuolo del giardino condominiale, a condizione di non alterarne la destinazione e di non impedire agli altri condomini
di farne parimenti uso secondo il loro diritto ( Corte di Cassazione 14 / 11 / 1988, n. 6146 ). Spese di manutenzione. I costi richiesti
dalla manutenzione del giardino sono suddivisi in base ai millesimi di proprietà, ma è possibile predisporre un’ apposita tabella che
tenga conto, per esempio, della diversa ubicazione delle unità immobiliari rispetto a questa parte comune. Dalla spesa sono
esonerati i proprietari di negozi se, considerata la struttura dell’ edificio, non hanno accesso al giardino ( Corte di Cassazione 29 / 4 /
1992, n. 5179 ). Se nell’ ambito del condominio vi è un giardino di proprietà esclusiva di un condomino, questi, provando che la sua
presenza contribuisce ad abbellire e valorizzare l’ edificio, può chiedere agli altri condomini di contribuire alle spese di
manutenzione, tenuto conto del diverso uso che ne viene fatto: godimento diretto da parte di un condominio, godimento indiretto da
parte degli altri condomini. Uso particolare. La Corte di Cassazione ( Sentenza n. 3188 del 6 / 2 / 2011 ) ha ritenuto la piantagione,
da parte di un condomino, di fiori ed essenza erboree nel giardino condominiale, compatibile con il rispetto dell’ articolo 1102 codice
civile.
< < Lettera I > >
IMMISSIONI
Le immissioni sono i rumori, le esalazioni, i fumi e i simili che, inevitabilmente, si propagano da una proprietà all’ altra. Proprio per la
loro inevitabilità devono essere sopportate entro certi limiti, nel’ambito di quella che l’ articolo 844 codice civile definisce < < normale
tollerabilità > >. Ma cosa deve intendersi con questa espressione? La “ normale tollerabilità “, prima di tutto, dev’ essere valutata in
relazione al luogo in cui le immissioni si propagano e non a quello di provenienza ( Corte di Cassazione 30 / 7 / 1984, n. 4523 ).
Nella valutazione si deve anche tener conto ( Tribunale di Siracusa 30 / 11 / 1983 ) di come la normale tollerabilità viene intesa, in
quel luogo e in quel tempo, dalla coscienza sociale. In particolare, nell’ ambito del condominio le immissioni non devono superare la
normale tollerabilità non solo quando si propaghino alla proprietà esclusiva di un altro condomino, ma anche quando interessino le
sole parti comuni dell’ edificio: per esempio le scale ( Corte di Cassazione 6 / 4 / 1983, n. 2396 ). Vi sono poi delle immissioni che
non si è tenuti a tollerare, neppure se contenute nella norma: sono queste prodotte dall’ esercizio di un’ attività rumorosa in orario
vietato dall’ Autorità. Buona parte della litigiosità riguardante le immissioni ha appunto a che fare con i > > Rumori. Canna fumaria.
Se le immissioni di fumo, ancorché potenzialmente dannose alla salute di un vicino affetto da asma, sono prodotte dal normale
utilizzo di una canna fumaria e non raggiungono livelli d’ inequivocabile intollerabilità, devono essere sopportate ( Tribunale di
Cagliari 24 / 9 / 1987 ). Se poi provengono dalla canna fumaria di un’ esercizio commerciale - si pensi a una pizzeria - , nel conflitto
fra le esigenze connesse all’ abitazione e quelle dell’ attività economica prevalgono le prime ( Corte di Cassazione 15 / 3 / 1993, n.
3090 ); è quindi possibile ottenere la rimozione di una canna fumaria che smaltisca fumo, odori e calore a ridosso della propria
finestra ( Corte di Cassazione 28 / 7 / 1993, n. 9130 ), o la sostituzione di una canna fumaria difettosa che produca immissioni
superiori alla normale tollerabilità ( Corte di Cassazione 6 / 3 / 1978, n. 1108 ). Fogna. Le immissioni provenienti dall’ impianto
fognario, a causa del loro impatto sulla salute delle persone, sono trattate dai giudici con particolari severità. Per il Tribunale di
Genova ( sentenza del 17 / 7 / 2011 ), per esempio in un centro destinato ad edilizia abitativa è inaccertabile anche una percepibile,
seppur minima, immissione di aria fognaria. Lavori. A chi non è capitato di perdere la pace in occasione di interminabili e fastidiosi
lavoro di ristrutturazione da parte del vicino di pianerottolo? Ebbene: i rumori e la polvere prodotti da questo tipo d’ intervento, se
contenuti nella norma, non possono dar luogo al risarcimento del danno non patrimoniale, avendo la Corte di Cassazione ( Sentenza
n. 17427 del 19 / 8 / 2011 ) ritenuto non meritevoli di tutela risarcitoria i disagi, i fastidi, le ansie e ogni altro tipo d’ insoddisfazione
concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana ( > > Danno, Esistenziale ). Danno patrimoniale risarcibile, invece, se le
immissioni di polvere e rumori superano la normale tollerabilità ( Corte di Cassazione 14 / 6 / 2012, n. 9735. Locazione. Se le
immissioni provengono da un bene ( Per esempio congelatore rumoroso ) di proprietà del conduttore, è questi a rispondere ( Corte
di Cassazione 28 / 11 / 1981, n. 6356 ). Se invece sono da imputarsi a deficienze strutturali dell’ immobile ( per esempio canna
fumaria difettosa dell’ impianto autonomo di riscaldamento ), ne risponde il locatore ( Tribunale di Milano 2 / 7 / 1990 ). Per le
immissione provocate dal conduttore si può agire direttamente nei suoi confronti senza passate per il locatore ( Corte di Cassazione
1 / 12 / 2000, n. 15392 ). Onde elettromagnetiche. Le immissioni elettromagnetiche prodotte da un elettrodotto sono intollerabili, e
rientrano quindi nell’ abuso di cui all’ articolo 844 codice civile, se superano il parametro di 0,3 - 0,4 microtesla di campo magnetico (
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Tribunale di Como 30 / 11 / 2001 ). Regolamento - Condominiale -. Il regolamento condominiale può essere, in maniera di
immissioni, più rigoroso della legge, ma a condizione che sia contrattuale. In questa ipotesi, quindi, non occorre accertare se l’
attività costituisce o meno immissione vietata dall’ articolo 844 codice civile, ma è sufficiente accertare se essa è o meno idonea a
turbare la tranquillità degli altri condomini, come tutelata dal regolamento ( Corte di Cassazione 15 / 7 / 1986, n. 4554 ).
Regolamento - Comunale - . la circostanza che le immissioni siano inferiori al minimo previsto dal regolamento comunale non
esclude l’ applicazione dell’ articolo 844 codice civile o delle altre norme poste a tutela della salute, se si accerta in concreto la
nocività delle immissioni stesse per la salute della persona ( Corte di Cassazione 3 / 2 / 1999, n. 915 ). Risarcimento. Se le
immissioni eccedono la normale tollerabilità, il condomino che ne sia danneggiato può sollecitare l’ amministratore ad intervenire per
porvi firma. Se l’ invito non sortisce effetto può rivolgersi al Giudice di pace. Se il fenomeno perdura, come nel caso dei cattivi odori
provenienti dalla sottostante pizzeria ( Corte di Cassazione 2 / 10 / 1970, n. 1770 ), è possibile ottenere un indennizzo liquidabile dal
giudice anche in via equitativa ( Tribunale di Biella 16 / 6 / 1989 ), fino a quando il pregiudizio non venga eliminato; l’ indennizzo, in
quanto prestazione diretta di ripristinare l’ originaria entità del patrimonio leso dalle immissioni, viene identificato dai giudici come “
debito di valore “, che in quanto tale dev’ essere liquidato in base al potere d’ acquisto della moneta al momento della sentenza, oltre
agli interessi ( Corte di Cassazione 15 / 1 / 1986, n. 184 ). Se poi le immissioni di fumi ed esalazioni non possono essere ricondotte
nella norma con gli opportuni accorgimenti, ricorrono i presupposti per la cessazione dell’ attività ( Tribunale di Perugia 10 / 10 /
1994 ). Il fatto che le immissioni siano prodotte da un servizio pubblico ( Per esempio la metropolitana ) non trasforma in lecito un
comportamento antigiuridico, ma può indurre il giudice a condannare l’ autore delle immissioni intollerabili al risarcimento del danno
anziché alla cessazione dell’ attività, se esse non sono altrimenti eliminabili ( App. Roma 16 / 1 / 1986 ). Se poi il servizio è svolto in
regime di concessione, vi è la responsabilità solidale della Pubblica Amministrazione e del gestore del servizio ( Corte di Cassazione
10 / 12 / 1984, n. 6476 ). Le violazioni della normativa sulle immissioni, in considerazione degli effetti negativi che possono produrre
sulla tranquillità delle persone, son o suscettibili di essere vietare dal giudice con provvedimento d’ urgenza.
IMPIANTI
Adeguamento. L’ assemblea ( Articolo 155-bis disp. Att. Codice civile ), ai fini dell’ adeguamento degli impianti non
centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovanti, esistenti alla data di entrata in vigore
della riforma, adotta le necessarie prescrizioni con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza
di almeno 500/1000. Spese. La spesa occorrente all’ adeguamento degli impianti comuni dev’ essere ripartita fra i condomini in
proporzione ai millesimi di proprietà. Se però si tratta d’ impianto comune solo ad alcuni condomini, alla spesa devono contribuire
soltanto i beneficiari, a nulla rilevando che si tratti di misure attinenti alla sicurezza dell’ intero edificio ( App. di Roma 24 / 4 / 1991,
con riferimento all’ installazione di porte tagliafuoco ). Di avviso contrario i Tribunali di Parma ( Sentenza del 29 / 9 / 1994 ) e di
Bologna ( Sentenza del 2 / 5 / 1995 ), che con riferimento alla spesa di adeguamento dell’ ascensore alla normativa dell’ Unione
Europea ( Anche questa dettata da esigenze di sicurezza ) hanno stabilito che alla relativa spesa devono contribuire, in base ai
millesimi di proprietà, tutti i condomini, compresi i proprietari di appartamenti siti al piano terra, non usufruenti in quanto tali dell’
ascensore. Nel caso di un supercondominio la spesa di adeguamento relativa alla parte dell’ impianto comune a tutti gli edifici va
suddivisa in proporzione alla caratura millesimale di ciascun corpo di fabbrica rispetto al complesso condominiale, mentre nell’
ambito di ciascun edificio la spesa va ripartita in base ai millesimi facenti capo a ciascun condomino. Elettrico. L’ impianto che serve
a illuminare e a fornire energia alle parti comuni si presume in comproprietà fra i condomini; le spese d’ illuminazione, comprese
quelle relative alla forza motrice, vanno pertanto divise tra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà. Lo stesso dicasi della
spesa occorrente alla messa a terra dell’ impianto ( Corte di Cassazione 18 / 10 / 2001, n. 12737 ). Tra gli argomenti che possono
finire all’ ordine del giorno in un’ assemblea ci può essere l’ introduzione del temporizzatore per l’ accensione e lo spegnimento
automatico delle luci. Non si tratta di un’ innovazione, né di una spesa voluttuaria o gravosa, ma di un intervento che mira a rendere
più funzionale l’ impianto d’ illuminazione, risparmiando energia. Di conseguenza, i condomini dissenzienti non possono chiedere di
essere esonerati dalla spesa. Rinuncia. Il condomino non può, rinunciando al diritto sulle cose comuni, esimersi dal contribuire alla
relativa spesa. La Corte di Cassazione, però ( Sentenza n. 4652 del 27 / 4 / 1991 ), ha ritenuto legittima la rinuncia avente per
oggetto un impianto illegale ( Pozzo nero in contrasto con le prescrizioni di legge ) e un impianto superfluo ( Autoclave, in presenza
di un impianto idrico pubblico perfettamente funzionante ). Sicurezza. Dal 27 / 3 / 2008 è in vigore il decreto del Ministero dello
sviluppo economico 22 / 1 / 2008, n. 37, contenente il regolamento di attuazione dell’ articolo 11-quaterdecies, comma 13, lett. a )
della L. 2 / 12 / 2005, n. 248, che prevede il riordino delle disposizioni in materia di attività d’ installazione degli impianti all’ interno
degli edifici. La normativa si applica praticamente a tutti gli impianti esistenti in un condominio: da quelli elettrici ( Per esempio
pannelli solari e fotovoltaici, porte e cancelli automatico, parafulmini ), a quelli radiotelevisivi e di videosorveglianza ( Antenne,
telecamere ), da quelli idrici e sanitari a quelli per la distribuzione e l’ utilizzazione di qualsiasi tipo di gas, da quelli antincendio al
riscaldamento, al condizionamento d’ aria, agli ascensori. Il tecnicismo della materia esula dagli intenti di questo scritto. Ci limitiamo
a ricordare che per la progettazione, l’ installazione, la trasformazione e l’ ampliamento degli impianti dev’ essere redatto un progetto
a cura di un professionista iscritto all’ apposito albo. Al termine dei lavori, da eseguirsi a cura di un’ impresa abilitata, questa, dopo
aver effettuato le verifiche di legge, deve rilasciare al committente una dichiarazione di conformità dell’ impianto alle norme che
presiedono alla realizzazione e installazione. In caso di rifacimento parziale del progetto, la dichiarazione di conformità e l’
attestazione di collaudo ove previsto, si riferiscono alla sola parte oggetto dello dell' opera di rifacimento, tenendo però conto della
sicurezza e della funzionalità dell’ interno impianto. Nella dichiarazione di conformità e nel progetto dev’ essere indicata la
compatibilità tecnica con le condizioni preesistenti dell’ impianti. La manutenzione ordinaria non comporta la redazione del progetto
né il rilascio dell’ attestazione di collaudo, né l’ obbligo di affidare i lavori ad un’ impresa abilitata. Fanno eccezione gli impianti di
ascensori e montacarichi in servizio privato. Si è tenuti a conservare la documentazione amministrativa e tecnica, nonché il libretto di
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uso e manutenzione, e in caso di trasferimento dell’ immobile, a qualsiasi titolo ( Per esempio vendita, donazione ) bisogna
consegnarla all’ avente causa. Copia della stessa documentazione dev’ essere consegnata anche al soggetto che utilizza, a
qualsiasi titolo, l’ immobile. Le sanzioni, alla cui irrogazione provvede la Camera si Commercio territorialmente competente, sono
sostanzialmente due:
I° sanzione amministrativa da 100 a 1.000 € nel caso di mancato rilascio al committente, da parte dell’ impresa installatrice, della
dichiarazione di conformità. L’ importo da irrogare al responsabile varia a seconda dell’ entità e della complessità dell’ impianto, dal
grado di pericolosità e di altre circostanze obbiettive e soggettive della violazione;
II° sanzione amministrativa da 1.000 a 10.000 € a chi si renda responsabile della violazione di taluno degli altri obblighi previsti dal
regolamento.
Anche in questo caso, nell’ applicare la sanzione, si tiene conto dei suddetti elementi. La violazione reiterata per la terza volta
comporta anche, in casi di particolare gravità, la sospensione temporanea dell’ iscrizione dell’ impresa abilitata al registro delle
imprese e nell’ albo provinciale delle imprese artigiane, su proposta dei soggetti accertatori e su giudizio delle commissioni che
sovrintendono alla tenuta dei registri e degli albi. In ogni caso, alla terza violazione i soggetti accertatori propongono agli ordini
professionali provvedimenti disciplinari a carico degli iscritti nel rispettivo albo. L’ iniziativa per introdurre innovazioni finalizzate a
migliorare la sicurezza degli impianti può essere assunta da uno o più condomini, seguendo l’ iter previsto per l’ installazione di un’ >
> Antenna, Televisiva, Centralizzata. Spesa. Alla spesa richiesta dagli impianti comuni devono contribuire tutti i condomini, in
proporzione ai millesimi di proprietà. Se però un impianto serve soltanto alcuni condomini, gli altri sono esonerati dal contribuire alla
spesa, salvo un regolamento contrattuale non disponga altrimenti ( Corte di Cassazione 20 / 9 / 1991, n. 9833 ). Sportivi. Le spese di
gestione e manutenzione degli impianti sportivi condominiali ( Per esempio piscina, campo da tennis, campo da calcetto ) vanno
divise in base ai millesimi di proprietà. Gli unici esonerati sono i titolari dei negozi se, per la particolare struttura dell’ edificio, non
hanno accesso al servizio. Un motivo di discussione potrebbe essere quello dell’ utilizzo degli impianti da parte di persone invitate
dai condomini. Se il regolamento non ne vieta l’ accesso, esse sono ammesse a fruirne, trattandosi ( Tribunale di Milano 28 / 2 /
1991 ) di una modalità di utilizzazione del bene comune; il condomino non deve però eccedere, perdendo di vista il rapporto fra le
persone invitate ( E la frequenza con la quale le ospita ) e i millesimi di cui è titolare. In particolare, per quanto concerne il campo da
calcio, se il regolamento prevede che una determinata area condominiale possa essere adibita a questo sport, un condomino può
provvedere a recintarla e a dotarla di porte e reti, con gli altri condomini che acquistano la comproprietà dei manufatti in virtù del
principio dell’ accensione di cui all’ articolo 934 e segg. Codice civile ( Tribunale di Monza 22 / 1 / 1085 ). Questa stessa sentenza ha
stabilito che la soppressione o la sostituzione delle porte da calcio esistenti nello spazio condominiale può essere deliberata con il,
voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000.
INCENDIO
Anche se l’ edificio è privo di servizio di portierato, il fatto che l’ incendio sia stato provocato fa soggetto estraneo al condominio,
introdottosi nell’ edificio attraverso il portone d’ ingresso lasciato incautamente aperto, non è di per sé sufficiente ad escludere la
responsabilità del condominio, qualora si accerti che, per le particolari circostanze in cui è stato concretamente posto in essere l’ atto
illecito, il suo compimento è stato reso possibile dall’ assenza di idonea custodia da parte del condominio. In particolare, il
condominio è responsabile ai sensi dell’ articolo 2051 del codice civile se la propagazione dell’ incendio è stata agevolata dalla
natura infiammabile del materiale di rivestimento delle scale; tale responsabilità deriva dall’ inosservanza, da parte del condominio,
dell’ obbligo di provvedere, in qualità di cestode delle parti comuni dell’ edificio, ad adottare tutte le misure e le cautele atte ad
eliminare le caratteristiche dannose della casa, in modo da impedire che dalla stessa derivino danni a terzi ( Tribunale di Milano 11 /
8 / 1997 ). Se poi, a causa di un incendio che coinvolge diverse autovetture parcheggiate nel cortile condominiale, si riceve un danno
ma non si riesce a stabilire da quale auto è partito il fuoco, al conseguente risarcimento possono o esse chiamati, in solido fra loro, i
proprietari di tutte le autovetture coinvolte nell’ incendio. Sempre a proposito di autoveicoli, se dall’ incendio non doloso di un’
autovettura parcheggiata sulla pubblica via deriva un danno all’ edificio condominiale, poiché i veicoli in sosta su strada pubblica
sono da considerare a tutti gli effetti in circolazione, i danni sono risarcibili dalla Compagnia che assicura il veicolo per la
responsabilità civile automobilistica, indipendentemente dall’ esistenza di una clausola di incendio e furto ( Giu.pa Caltanisetta 20 / 1
/ 2004, n. 783 ). Adeguamento normativa antincendio. Dalla sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha posto a carico dei
soli proprietari di autorimessa la spesa richiesta dell’ introduzione delle > > Porte tagliafuoco si deduce che anche la spesa
occorrente all’ adeguamento di questi locali alla normativa antincendio, e quella per il rilascio del certificato di prevenzione incendi,
debbano essere ripartite soltanto fra i rispettivi proprietari. Porte tagliafuoco. La Corte di Cassazione ( Sentenza n. 7077 del 22 / 6 /
1995 ) ha stabilito che la spesa occorrente all’ introduzione delle porte tagliafuoco per le autorimesse fa carico, salvo contrario
convenzione, esclusivamente ai proprietari di queste, a nulla rilevando, ha precisato la Corte d’ Appello di Roma ( Sentenza del 24 /
4 / 1991 ), che tale intervento attenga alla sicurezza dell’ intero edificio.
INFERRIATE
Un’ esigenza molto sentita, soprattutto nelle zone ad elevato rischio di furti, è quella di dotare le finestre di inferriate. Questo
intervento dev’ essere coniugato con il decoro architettonico dell’edificio, ma se il pregiudizio estetico non è economicamente
apprezzabile è consentito in quanto finalizzato alla tutela della sicurezza di persone e beni ( App. Milano 14 / 4 / 1989 ).
Naturalmente le inferiate non possono essere realizzate in modo tale ( Per esempio per linee orizzontali ) da agevolare la scalata ai
piani superiori dell’ edificio da parte di malintenzionati, altrimenti si può pretendere che vengano modificate. Se l’ esigenza di
sicurezza riguarda un locale condominiale, l’ installazione di inferriate può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza
degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000, trattandosi di modifica diretta di miglioramento di una parte
comune dell’ edificio ( > > Innovazioni, Differenza fra innovazione e modifica ).
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INFILTRAZIONI
Acqua piovana. Se il danno prodotto dall’ acqua piovana interessa la terrazza a livello di un condomino, che non abbia funzione di
copertura dell’ edificio, sarà questi a doverlo sopportare. Se invece la terrazza funge anche da copertura alle sottostanti unità
immobiliari, la spesa va ripartita in ragione di un terzo a carico del proprietario e due terzi a carico dei condomini alle cui unità
immobiliari la terrazza serve da copertura. Acque nere. Se il danno è causato dalla rottura dei servizi igienici di un’unità immobiliare
ne risponde il proprietario di questa ( Corte di Cassazione 30 / 12 / 1964, n. 299 ). Se invece è prodotto dalla tubatura comune ne
risponde il condomino, con onere da ripartirsi fra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà salvo diveso accordo. Cantina.
L’ eliminazione delle macchie di umidità provenienti dal sottosuolo dell’ edificio formatesi nella cantina di un condomino fa carico allo
stesso condomino; se però le macchie superano la normale tollerabilità di cui all’ articolo 844 codice civile, tenuto a provvedere è il
condomino ( Corte di Cassazione 29 / 11 / 2011, n. 25239 ). Lucernario. Se le infiltrazioni provengono da un lucernario non apribile,
la spesa va ripartita fra tutti i condomini, seguendo il criterio previsto per il tetto, vale a dire in proporzione ai millesimi di proprietà. Se
invece il lucernario è apribile, occorre stabilire se sia stato usato impropriamente o meno da un condomino; in caso affermativo,
infatti, sarà questi a doversi fare esclusivo carico della spesa. Muro perimetrale. I muri perimetrali rientrali fra le parti comuni
dell’edificio, di cui il condomino è custode. Pertanto, se le infiltrazioni di acqua che si manifestano in corrispondenza di un
appartamento di proprietà di un condomino provengono da un muro perimetrale, riparazione e risarcimento del danno sono a carico
di tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà, con il condomino che ha subito il danno in veste sia di danneggiato che di
danneggiante, per cui il risarcimento andrà ridotto della quota a suo carico. Se poi l’ inconveniente è tale da configurare un “ Grave
difetto “ di costruzione, e la garanzia decennale non è scaduta, sia il danneggiato che il condomino possono agire nei confronti del
costruttore per ottenere sia l’ eliminazione dell’inconveniente che il risarcimento del danno ( Corte di Cassazione 15 / 4 / 1999, n.
3753 ) dev’ essere risarcito sia il danno patrimoniale che il danno non patrimoniale, mentre la corte di Cassazione ( Sentenza n.
6128 del 19 / 4 / 2012 ) ha precisato che, se il condomino è costretto, a causa delle infiltrazioni, a trasferirsi, in attesa che
l’appartamento venga reso di nuovo agibile, in altro alloggio preso in locazione, il condomino è tenuto a farsi carico anche di questa
spesa. Tetto e lastrico solare. Se le infiltrazioni provengono sia dal tetto che dal lastrico solare di cui un condomino abbia l’ uso
esclusivo, per la ripartizione della spesa si dovranno seguire due diversi criteri: uno per il tetto ( millesimi di proprietà ) e uno per il >
> Lastrico solare. Di uso esclusivo. Se però le infiltrazioni sono dovute al fatto e colpa di chi usa in via esclusiva il lastrico solare,
sarà questi a doversi fare esclusivo carico della spesa. Se il condomini la cui unità immobiliare sia stata danneggiata da infiltrazioni
di acqua provenienti dal tetto rifiuta l’ offerta di una riparazione immediata, il risarcimento per mancato godimento dell’immobile dev’
essere limitato al periodo intercorrente tra l’evento che ha causato il danno e il momento in cui viene fatta l’ offerta di riparazione,
oltre al periodo occorrente all’esecuzione dei lavori ( Corte di Cassazione 3 / 8 / 2012, n. 13936 ).
INFISSI
Gli infissi - finestre, porte-finestre, persiane, tapparelle > > Finestra, Doppie finestre - sono pertinenza delle singole unità immobiliari
e di conseguenza ogni spesa grava sul proprietario. Nel provvedere alla loro riverniciatura il condomino deve attenersi, a
salvaguardia del decoro architettonico dell’ edificio, al colore preesistente. Stando a una sentenza del Tribunale di Milano del 30 / 12
/ 1991, è ammessa una certa tolleranza; i giudici, infatti, hanno ritenuto il marroncino ( Colore adottato dal condomino ) compatibile
con il beige della facciata. Dato che oramai tutte le aziende che producono vernici e smalto hanno un catalogo numerato, è
consigliabile farsi dire dall’ amministratore marca e numero di colore del prodotto, in modo da usare lo stresso tipo. Se ciò non fosse
possibile perché sono passati molti anni dall’ ultima tinteggiatura, è meglio attenersi al colore preesistente, o quanto meno farsi
autorizzare dagli altri condomini ad adottarne uno diverso. Di regola non sono ammesse iniziative individuali, ma è l’ assemblea a
decidere se cambiare il colore di tutti gli infissi, vincolando quindi anche la minoranza dissenziente. Questo intervento rientra nel
concetto di manutenzione, se non di migliore utilizzazione della cosa comune, e in quanto tale può essere deliberato con il voto
favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000 ( Maggioranza degli
intervenuti e almeno 340 / 1.000 in seconda convocazione, Corte i Cassazione 7 / 11 / 1997, n. 4755 ). Anche l’ eventuale modifica
degli infissi ad opera di un condomino, sempre che non sia vietata dal regolamento, deve fare i conti con la salvaguardia del decoro
architettonico dell’ edificio. Chi intende farvi luogo deve darne preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’
intervento e le modalità dell’ esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea ( Secondo comma articolo 1122
codice civile ).
INNOVAZIONI
Fra le decisioni più delicate che l’ assemblea è chiamata ad adottare rientrano quelle aventi per oggetto le innovazioni. Il primo
comma dell’ articolo 1120 codice civile autorizza le innovazioni dirette al miglioramento o all’ uso più comodo o al maggior
rendimento delle cose comuni, introducibili con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in
rappresentanza di almeno 667 / 1.000. Un quorum inferiore e in prima convocazione ( Maggioranza degli intervenuti all’ assemblea,
in rappresentanza di almeno 500 / 1.000 ) è invece richiesto al secondo comma dello stesso articolo per le innovazioni che, nel
rispetto della normativa di settore, hanno per oggetto:
a ) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità dell’edificio e degli impianti;
b ) le opere e gli interventi finalizzati all’ eliminazione delle barriere architettoniche, al contenimento del consumo
energetico, alla realizzazione di parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’ edificio, nonché alla produzione
di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del
condominio o di terzi che conseguono a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di
altra idonea superficie comune;
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c ) l’ installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’ accesso a qualunque altro genere di flusso
informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione
degli impianti che non comportano modifiche i grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri
condomini di farne uso secondo il loro diritto. Il condomino che intenda introdurre taluna delle innovazioni sopra elencate
deve farne richiesta all’ amministratore, indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi
proposti. L’ amministratore deve convocare l’ assemblea entro 30 giorni dalla richiesta.
Sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro
architettonico o che rendano talune parti comuni dell’ edificio inservibili all’ uso o al godimento anche di un solo condomino. La
disposizione dell’ articolo 1138 codice civile, per il quale le norme del regolamento di condominio non possono in nessun caso
derogare, tra l’ altro, a quanto stabilito dall’ articolo 1120 in materia di innovazioni, si riferisce, oltre che al regolamento approvato
dall’ assemblea con la prevista maggioranza, anche al regolamento predisposto dall’ unico, originario proprietario e accettato dai
condomini con l’ atto di acquisto dell’ immobile di proprietà esclusiva ( Corte di Cassazione 26 / 5 / 1990, n. 4905 ). Differenza tra
innovazione e modifica. La differenza fra innovazione e modifica rileva ai fini del diverso quorum richiesto affinché la relativa
delibera passi nell’ assemblea di prima convocazione: voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di
almeno 667/1.000, per l’ innovazione ( Quinto comma articolo 1136 c. c. ), maggioranza degli intervenuti e almeno 500 / 1.000 per la
modifica ( secondo comma stesso articolo ). Si tratta, in sostanza, di una differenza di tipo quantitativo; infatti, mentre l’ innovazione
è una trasformazione materiale della osa comune, che ne altera la sostanza o ne muta la destinazione originaria, la modifica mira a
potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune da parte di uno o più condomini, lasciandone immutata la
consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi degli altri condomini ( Corte di Cassazione 20 / 08 /
1986, n. 5101 ). Ovviamente stabilire se si tratti di innovazione o di modifica è accertamento che dev’ essere condotto caso per
caso: è stata, per esempio, considerata innovazione la sostituzione di due centrali termiche con un unico impianto ( Tribunale di
Sanremo 23 / 02 / 1999 ), mentre sono stati considerati semplice modifica la sostituzione della pavimentazione del lastrico solare
con mattonelle di altro tipo ( Corte di Cassazione 5 / 11 / 1990 ) e il modesto restringimento di un viale di accesso pedonale ( Corte
di Cassazione 23 / 10 / 1999, n. 11936 ). Gravosa o voluttuaria. L’ articolo 1121 codice civile stabilisce che, se l’ innovazione
comporta una spesa molto gravosa o ha carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’ importanza dell’ edificio, e
consiste in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini non interessati sono esonerati da qualsiasi
contributo alla spesa. In questa ipotesi, l’ innovazione può essere introdotta a cura e spese del condomino ( O del gruppo di
condomini ) che intende avvalersene. Per stabilire se l’ innovazione comporta o meno una spesa molto gravosa, o se abbia o meno
carattere voluttuario, è necessario quindi valutarla in relazione alle caratteristiche dell’ edificio ( Corte di Cassazione 18 / 01 / 1984,
n. 428 ). L’ onere di provare che si tratta d’ innovazione gravosa o voluttuaria fa carico al condomino che intende sottrarsi alla spesa
( Corte di Cassazione 23 / 04 / 1981, n. 2408 ). E’ invece ininfluente, ai fini della valutazione dell’ onerosità dell’ innovazione, il
reddito più o meno elevato dei condomini che abitano l’ immobile ( Tribunale di Milano 04 / 05 / 1989 ). I condomini che non
intendono contribuire alla spesa richiesta da innovazione gravosa o voluttuaria devono far mettere a verbale il loro dissenso o
impugnare la delibera che l’ ha provocata ( Corte di Cassazione 17 / 04 / 1969, n. 1215 ). Essi e i loro eredi o aventi causa possono
però, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’ innovazione, diventandone quindi comproprietari, anche se abbia comportato
l’ occupazione da parte di uno spazio di proprietà esclusiva del condomino che l’ ha introdotta ( Corte di Cassazione 01 / 04 / 1995,
n. 3840 ). La possibilità di aderire all’ innovazione è subordinata alla condizione di contribuire alle spese di esecuzione e di
manutenzione dell’ opera, spese opportunamente rivalutate; fino a quel momento la proprietà dell’innovazione spetta a chi l’ ha
introdotta ( Corte di Cassazione 01 / 04 / 1995, n. 3840 ). Se l’ utilizzo separato non è possibile l’ innovazione non è consentita, a
meno che la maggioranza dei condomini che l’ ha deliberata o accettata non ne sopporti integralmente il costo. Introdotta da un
condomino. Un condomino può introdurre a propria cura e spese, senza autorizzazione dell’ assemblea ( Ma è preferibile
procurarsela per evitare discussioni ), una modifica della cosa comune, nel rispetto dei limiti fissati dal primo comma dell’ articolo
1102 codice civile: non alterarne la destinazione e non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Per
introdurre un’ innovazione, invece, trattandosi di alterare la sostanza della cosa comune o di mutarne la destinazione originaria ( > >
Differenza fra innovazione e modifica ), è indispensabile l’ autorizzazione dell’assemblea o il consenso di tutti gli altri condomini, a
seconda del tipo d’ intervento.
INSEGNA
In virtù del principio scolpito nell’ articolo 1102 codice civile, per il quale ciascun condomino può servirsi della cosa comune purché
non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto, è possibile utilizzare le
superfici comuni, per esempio i muri perimetrali, per opporvi insegne ( Anche luminose, Corte di Cassazione 03 / 02 / 1998, n. 1046 )
e targhe che segnalino il luogo di esercizio di un’ attività artigianale, commerciale o professionale; ciò anche se si tratta di occupare
una parte di muro comune corrispondente all’ unità immobiliare di un altro condomino ( Corte di Cassazione 09 / 07 / 1973, n. 1975
). Lo stesso diritto è accordato al conduttore; quindi, infatti, ha sulle parti comuni gli stessi diritti, e incontra gli stessi limiti, del
condomino-locatore ( Corte di Cassazione 21 / 09 / 1988, n. 5189 ). Non occorre autorizzazione dell’ amministratore o dell’
assemblea ( Anche se è sempre meglio procurarsela ), a meno che ciò non sia previsto da un regolamento contrattuale o non venga
deliberato dai condomini all’ umanità ( Corte di Cassazione 03 / 09 / 1993, n. 9311 ). Se però l’ insegna, per dimensioni o
ubicazione, arreca pregiudizio alla proprietà esclusiva di un condomino, la sua collocazione è da ritenersi illegittima ( Corte di
Cassazione 03 / 02 / 1998, n. 1046 ). Un’ insegna può essere collocata anche nel vano di una finestra ( Tribunale di Roma 01 / 03 /
1986 ), ma è opportuno acquisire l’ autorizzazione dell’ assemblea per evitare dispute su di una possibile alterazione del decoro
architettonico dell’ edificio. Il Tribunale di Brescia ( Sentenza del 26 / 04 / 1994 ), per esempio, ha considerato illegittima la
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collocazione di insegne luminose, targhe e cartelli pubblicitari sul portone d’ ingresso, sul muro e nel corridoio dell’ atrio
condominiale, avendo ritenuto tale utilizzo in contrasto con la destinazione tipica di queste parti comuni dell’ edificio. La previsione di
un corrispettivo a carico di chi voglia collocare un’ insegna nel rispetto di suddetti limiti è stata ritenuta illegittima dal Tribunale di
Roma ( Sentenza del 30 / 01 / 1996 ), poiché l’ assemblea non può imporre ai condomini, per l’ uso della cosa comune, l’
adempimento di oneri che non siano diretti a evitare l’ alterazione della suddivisione della cosa e che ne sia impedito il pari uso da
parte di tutti i partecipanti al condominio.
< < Lettera L > >
LASTRICO SOLARE
La copertura di molti edifici è costituita, in tutto o in parte, non dal tetto ma dalla terrazza, tecnicamente indicata come lastrico solare.
Questo spazio può essere condominiale, cioè di proprietà comune, oppure destinato all’ uso esclusivo di un condomino che, il più
delle volte, coincide con il proprietario dell’ attico. Il lastrico solare non va confuso con la terrazza a livello, cioè con la superficie
scoperta destinata non tanto a coprire il verticale sottostante dell’edificio, quanto e soprattutto a dare un affaccio e ulteriori comodità
all’ appartamento cui è collegata e dal quale costituisse una protezione verso l’ esterno. Cioè non esclude che la funzione di lastrico
solare possa essere assolta da una terrazza a livello, quando questa sia posta a copertura dei piani sottostanti ( Corte di Cassazione
16 / 5 / 1963, n. 1224 ). Condominiale. Se il lastrico solare è comune la sua utilizzazione è consentita a tutti i condomini, che
possono servirsene, salvo controindicazioni contenute nel regolamento ( Che deve però essere contrattuale ) e a condizione di non
pregiudicare il pari diritto degli altri comproprietari, per le finalità più disparate: per esempio per collocarvi un’ antenna, stendervi
biancheria, battervi tappeti, prendervi il sole. Il condomino non potrebbe invece attrarre il lastrico nell’ orbita della propria disponibilità
esclusiva, per esempio realizzandovi un vano ( Corte di Cassazione 2 / 2 / 2005, n. 2099 ) o trasformandolo in terrazza a livello da
lui solo praticabile, neppure se la trasformazione dovesse essere parziale ( Corte di Cassazione 3 / 8 / 1962, n. 2358 ), perché in tal
modo si verrebbe ad alterare l’ originaria destinazione della cosa comune, sottraendola alla possibilità di utilizzo da parte degli altri
condomini ( Corte di Cassazione 19 / 1 / 2006, n. 972 ). Alla spesa occorrente alla manutenzione e alla ricostruzione del lastrico
condominiale devono contribuire tutti i condomini, anche se il lastrico funge da copertura soltanto ad alcune unità immobiliari ( Corte
di Cassazione 20 / 3 / 2009, n. 6889 ). Coibentazione. La spesa occorrente alla coibentazione del lastrico solare comune dev’
essere suddivisa in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini.
Collegamento alla propria unità immobiliare. Il collegamento, da parte di un condomino, del proprio appartamento al lastrico
solare condominiale, realizzato mediante la costruzione di una scala, non costituisce innovazione vietata ( App. Milano 1 / 3 / 1968 ).
Lo stesso dicasi se il collegamento avviene mediante l’ apertura di una porta del muro di proprietà esclusiva ( Corte di Cassazione 2
/ 2 / 2005, n. 2099 ). Pavimentazione. La sostituzione della pavimentazione del lastrico solare comune non è riguardabile come
innovazione; può pertanto essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in
rappresentanza di almeno 500 / 1. 000 ( Corte di Cassazione 5 / 11 / 1990, n. 10602 ). Sostituzione con tetto. Per deliberare la
sostituzione del lastrico solare con il tetto è necessaria l’ unanimità poiché, pur restando immutata la funzione di copertura, risultano
compromesse le facoltà accessorie di godimento consentite dal lastrico, quali l’ accessibilità, l’ affaccio e la permanenza, senza che
il danno sia compensato da alcun vantaggio ( Tribunale di Nocera Inferiore 8 / 10 / 2002 ). Di uso esclusivo. Al condomino che
abbia l’ uso esclusivo del lastrico solare spetta il diritto di < < Sopraelevazione, salvo che dal rogito non risulti il contrario. A riguardo
il costruttore può, in sede di vendita frazionata dell’ edificio, riservarsi la sola proprietà del lastrico solare per poter usufruire del diritto
di sopraelevazione, ma è necessario uno specifico atto negoziale ( Corte di Cassazione 16 / 7 / 2004, n. 13279 ). Il proprietario
esclusivo del lastrico può anche apportarvi tutte le modifiche richieste da una sua migliore fruibilità, purché non ne pregiudichino la
funzione di copertura ( Corte di Cassazione 6 / 6 / 1969, n. 1995 ) e non comportino danni o limitazioni a carico degli altri condomini.
Egli è inoltre ammesso a rinunciare al particolare diritto di uso di questa struttura, a norma dell’ articolo 1104 codice civile, facendo
trasferire agli altri condomini il godimento particolare del bene, con la conseguenza di sottrarsi all’ obbligo di contribuire alla quota di
spesa che la legge ricollega a tale godimento ( Corte di Cassazione 10 / 4 / 1996, n. 3294 ). Coibentazione. Se la posa in opera del
materiale isolante è indispensabile alla funzionalità del lastrico di cui un condomino abbia l’ uso esclusivo, la spesa va suddivisa
seguendo il criterio stabilito dall’ articolo 1126 codice civile ( < < Riparazione e ricostruzione ). Se invece la coibentazione non è
indispensabile alla funzionalità del lastrico, ma serve soltanto ad isolare termicamente e acusticamente la sottostante unità
immobiliare, la spesa grava sul proprietario di questa. Costruzione. Il proprietario esclusivo del lastrico solare, che in presenza di un
divieto contenuto nel regolamento intenda ampliare o ristrutturare un locale destinato a stenditoio e lavatoio per aumentare la
cubatura del proprio appartamento, necessita dell’ autorizzazione dell’ assemblea, pena l’abbattimento dell’ eventuale costruzione
realizzata ( Corte di Cassazione 16 / 4 / 2008, n. 10040 ). Danni. Il condomino che ha l’ uso resclusivi del lastrico solare è tenuto ad
avvisare tempestivamente l’ amministratore non appena riscontri un danno alla struttura. Se il condominio, pur ripetutamente
diffidato dal proprietario non provvede alla riparazione con la dovuta tempestività, la relativa spesa verrà suddivisa fra tutti i
proprietari, compreso il denunciante, in proporzione ai millesimi di proprietà e non sulla base del criterio detto dall’ articolo 1126
codice civile ( Tribunale di Napoli 26 / 9 / 1984, > > Riparazione e ricostruzione ). Qualora, invece, il danno sia riconducibile
unicamente a fatto e colpa del proprietario esclusivo del lastrico, questi deve farsi carico dell’ intera spesa ( App di Cagliari 20 / 2 /
1964 ), come pure dovrà accollarsi l’ intero costo nel caso in cui la riparazione si rendesse necessaria non per vetustà ma per difetto
originario di progettazione o di costruzione indebitamente tollerato, salva la possibilità di rivalersi, ricorrendone i presupposti ( per
esempio garanzia decennale non scaduta ), nei confronti del costruttore ( Corte di Cassazione 18 / 6 / 1998, n. 6060 ). Giardino
pensile. Se sul lastrico solare di uso esclusivo vi è un giardino pensile, e si rendono necessari lavori per eliminare le infiltrazioni di
acqua e umidità, la spesa occorrente alla rimozione e al ripristino del giardino è a carico del proprietario che ha l’ uso esclusivo del
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lastrico; ciò in quanto il criterio di ripartizione della spesa dettato dall’ articolo 1126, codice civile ( > > Riparazione e ricostruzione ) si
riferisce solo alle riparazioni riguardanti il manufatto posto alla sommità della costruzione, non anche a ciò che vi è sovrapposto e
che, pur essendo ad esso collegato, è dotato di una propria autonomia strutturale e funzionale ( Corte di Cassazione 4 / 6 / 2001, n.
7472 ). Se poi le infiltrazioni dipendono esclusivamente dalla cattiva manutenzione del giardino, il proprietario dovrà farsi esclusivo
carico anche della spesa occorrente alla loro eliminazione. Riparazione e ricostruzione. L’ articolo 1126 codice civile parla di “
riparazione “ e di “ ricostruzione “. Riparazione è sinonimo di manutenzione, mentre nel concetto di ricostruzione sono compresi gli
interventi che incidono sugli elementi strutturali del lastrico, quali per esempio il solaio portante e la guaina impermeabilizzante (
Corte di Cassazione 25 / 2 / 2002, n. 2726 ). Le spese occorrenti alla riparazione e alla ricostruzione del lastrico solare di uso
esclusivo di un condomino vanno suddivise, salvo diverso accorso al quale abbiamo aderito tutti i condomini, seguendo il criterio
dettato dall’ articolo 1126 codice civile: un terzo a carico del proprietario esclusivo del lastrico ed i restanti due terzi a carico dei
condomini alla cui unità immobiliari il lastrico serve da copertura, in proporzione ai millesimi di proprietà. Questo criterio si applica
non solo alle spese riguardanti il rifacimento o la manutenzione del solaio o del manto impermeabilizzante, ma anche a quelle rese
necessarie da questi interventi: per esempio rifacimento della pavimentazione, trasporto e discarica dei detriti ( Corte di Cassazione
19 / 10 / 1992, n. 11449 ). Se il condomino che ha l’ uso esclusivo del lastrico solare è anche proprietario di un’ unità immobiliare
ubicata sotto la sua verticale ( Per esempio Autorimessa ), deve contribuire ad entrambe le quote di spesa. Se poi il lastrico funge da
copertura a uno spazio comune ( Per esempio androne, scala ), a questa parte di spesa devono contribuire tutti i condomini, anche
quelli le cui unità immobiliari non siano coperte dal lastrico. Se, infine, una parte del lastrico aggetta rispetto al perimetro del
fabbricato, la relativa spesa grava esclusivamente sul proprietario del lastrico, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i
condomini. Sono ad esclusivo carico del condomino che ha l’ uso esclusivo del lastrico i costi relativi agli elementi collegati al suo
godimento diretto e avulsi alla funzione di copertura: come quelli occorrenti alla manutenzione delle ringhiere e dei parapetti ( Corte
di Cassazione 25/ 2 / 2002, n. 2726 ), funzionali alla sicurezza del calpestio ( Corte di Cassazione 28 / 9 / 2012, n. 16583 ). Il
proprietario esclusivo del lastrico è tenuto a contribuire alla spesa anche nel caso in cui le norme edilizie vietano la sopraelevazione
nella zona in cui è ubicato l’ edificio ( Corte di Cassazione 29 / 11 / 1999, n. 13328 ). Se il lastrico solare di uso esclusivo non funge
da copertura delle sottostanti unità immobiliari, ma raccoglie le acque di scolo provenienti da parti comuni dell’ edificio, alla spesa
devono contribuire sia il proprietario esclusivo che gli altri condomini che traggono utilità dal lastrico, in proporzione al vantaggio di
ciascuno ( Corte di Cassazione 16 / 4 / 1999, n. 3803 ). Nel deliberare il rifacimento del lastrico, di cui sia proprietario esclusivo un
condomino, l’ assemblea non può deliberare che esso venga ricostruito in modo da modificarne l’ aspetto estetico ( Tribunale di
Sanremo 12 / 12 / 1990 ). Tubatura. Se, a causa dell’ usura di una tubatura condominiale inserita nel lastrico solare di proprietà
esclusiva di un condomino, si rende necessario smantellare la pavimentazione, la spesa va ripartita fra tutti i condomini in base ai
millesimi di proprietà. Se però, con l’ occasione, si provvede, per esempio, anche al rifacimento dell’ impermeabilizzazione e della
coibentazione, per questa parte di spesa si applica al criterio ordinario: un terzo a carico del proprietario esclusivo del lastrico ed i
restanti due terzi a carico dei condomini alle cui unità immobiliari il lastrico serve da copertura. Veranda. Se una parte del lastrico
viene successivamente occupata da una veranda la cui costruzione sia stata autorizzata e le cui caratteristiche, per materiali
utilizzati e stabilità, siano assimilabili a quelle di un tetto, al criterio di ripartizione della spesa previsto per il lastrico solare di uso
esclusivo si sostituisce, per la parte edificata, quello previsto per il tetto ( Concorso di tutti i condomini in proporzione ai millesimi di
proprietà ).
LAVORI CONDOMINIALI
Delibera. La delibera che autorizza l’ amministratore a scegliere l’ impresa cui affidare i lavori sulle parti comuni dell’ edificio può
essere adottata ( Corte di Cassazione 11 / 7 / 2003, n. 10937 ) con il voto favorevole della maggioranza degli interventi all’
assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. Se però si tratta di lavori straordinari di notevole entità è necessario, anche in
seconda convocazione, il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. Le decisioni
sui lavori di manutenzione straordinaria non possono essere demandate a una commissione composta di alcuni condomini ( > >
Consiglio di condominio ), trattandosi di materia riservata alla competenza esclusiva dell’ assemblea ( Tribunale di Napoli 14 / 7 /
1987 ). La delibera avente per appoggio l’ approvazione del piano di riparto delle spese attinenti ai lavori di ristrutturazione, che non
contenga alcuna specificazione circa la natura della spesa, il costo totale dell’ intervento, le voci che lo compongono e il criterio di
riparto adottato, è nulla perché rende impossibile qualsiasi tipo dio controllo da parte dei condomini sulla legittimità delle spese
addebitare e sulla misura della quota di contribuzione ( Tribunale di Roma 18 / 5 / 2005 ). Indispensabili. Se si rendono necessari
lavori indispensabili sulle parti comuni dell’edificio o in singole unità immobiliari nell’interesse di tutti i condomini ( Si pensi a un
infisso pericolante ), e i rispettivi proprietari non si attivano, gli altri condomini possono provvedere all’ effettuazione dei lavori,
facendo ricorso a prestiti bancari, con diritto al rimborso anche per quanto attiene gli interessi passivi idoneamente documentati (
Corte di Cassazione 11 / 6 / 1986, n. 3860 ). Lo stesso vale se alcuni condomini si oppongono ingiustificatamente all’ effettuazione
dei lavori ( Corte di Cassazione 30 / 5 / 1978, n. 2748 ). Naturalmente per i lavori riguardanti le unità immobiliari, occorre il consenso
del proprietario, pena la nullità della relativa delibera ( Corte di Cassazione 30 / 12 / 1997, n. 13116 ), o l’ autorizzazione del giudice.
Infortunio. Nell’ affidare l’ esecuzione l’ esecuzione di lavori di ristrutturazione è opportuno rivolgersi a un’ impresa rispettosa delle
norme sulla sicurezza del lavoro. Infatti, se durante l’ esecuzione dei lavori un operaio o un artigiano s’ infortuna, il condominio se
risponde, poiché il committente non è esonerato, neanche alla presenza di un contratto di appalto, dalle responsabilità connesse alla
mancata osservanza degli obblighi imposti dalla legge in materia di sicurezza del lavoro ( Corte di Cassazione 19 / 12 / 2008, n.
47370 ). Successivamente la Suprema Corte ( Sentenza n. 36581 del 21 / 9 / 2009 ) ha stabilito che, se il condominio, anziché
affidare i lavori a una ditta specializzata, li ha commissionati a un singolo operaio senza adottare le misure infortunistiche, in caso d’
infortunio mortale risponde di omicidio colposo. Manutenzione. L’ amministratore può disporre l’ esecuzione di lavori di ordinaria
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manutenzione anche senza autorizzazione dell’ assemblea, poiché ciò rientra fra le sue attribuzioni ( Corte di Cassazione 18 / 8 /
1986, n. 5068 ). Per i lavori di manutenzione straordinaria è invece necessaria l’autorizzazione di quest’ organo, altrimenti
l’amministratore risponde in proprio nei confronti dei terzi ( Corte di Cassazione 7 / 5 1987, n. 4232 ). Fanno eccezione i lavori
urgenti, ma in questo caso l’ amministratore ne deve riferire alla prima assemblea ( Secondo comma articolo 1135 codice civile ). L’
assemblea può sempre, nell’ esercizio dei poteri previsti da questo stesso articolo, ratificare la spesa effettuata dall’amministratore in
ordine ai lavori di manutenzione straordinaria delle parti comuni, ancorché non indifferibili e urgenti ( Corte di Cassazione 7 / 2 /
2008, n. 2864 ). Se l’ amministratore affida a un’ impresa l’ effettuazione di un lavoro di manutenzione straordinaria urgente, i
condomini rispondono delle relative obbligazioni poiché l’ amministratore, quando agisce nei limiti dei poteri attribuitigli dalla legge,
rappresenta il condominio, per cui gli effetti del suo operato ricadono direttamente su questo qualora ne abbia speso il nome ( Corte
di Cassazione 18 / 3 / 2010, n. 6557 ). L’ amministratore che, al termine dei lavori, presenti un conto superiore a quello del
preventivo approvato dall’assemblea, risponde della differenza ( Corte di Cassazione 11 / 5 / 2012, n. 7401 ). Ordinaria. Rientrano
nel concetto di manutenzione ordinaria tutti gli interventi di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelli
necessari a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti ( Articolo 31, lett. A ) della L. 5 / 8 / 1978, n. 457,
confluito nell’ articolo 3 del DPR 6 / 6 / 2001, n. 380 ). Gli interventi di manutenzione ordinaria possono essere approvati dall’
assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000. Straordinaria. Per
interventi di manutenzione straordinaria s’ intendono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche
strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le
superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’ uso ( Articolo 31, lett. B ) della L. 5 / 8 /
1978, n. 457, confluito nell’ articolo 3 del DPR 6 / 6 / 2001 ). Questi interventi possono essere deliberati dall’assemblea con la stessa
maggioranza prevista per i lavori di ordinaria amministrazione ( Vedi sopra ). Se però si tratta d’ intervenire sulle parti comuni con
opere straordinarie di notevole entità è richiesto il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in
rappresentanza di almeno 500 / 1.000, sia in prima che in seconda convocazione. L’ amministratore non può ordinare lavori di
manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea (
Secondo comma articolo 1135 codice civile ). Se poi affidata a un’ impresa l’ effettuazione di un lavoro di manutenzione straordinaria
urgente, i condomini rispondono della relativa obbligazione poiché l’ amministratore, quando agisce nei limiti dei poteri attribuitigli
dalla legge, rappresenta il condominio, per cui gli effetti del suo operato ricadono direttamente su questo qualora ne abbia speso il
nome ( Corte di Cassazione 18 / 3 / 2010, n. 6557 ). Vendita. Nei rapporti fra venditore e acquirente di un’ unità immobiliare, in
mancanza di diverso accordo fra le parti, obbligato al pagamento delle spese per lavori straordinari è chi risulta proprietario nel
momento in cui la spesa viene deliberata ( > > Contributi condominiali. Acquirente ).
LOCAZIONE
L’ assemblea può, a maggioranza, concedere in locazione a un condomino o a terzi un locale comune solo se non è possibile
un’utilizzazione diretta di esso da parte dei condomini, neppure attraverso l’istituzione di turni. In caso contrario occorre il consenso
di tutti i condomini ( Corte di Cassazione 27 / 10 / 2011, n. 22435 ). Il contratto di locazione di un bene comune altrimenti non
utilizzabile dai condomini può essere stipulato dall’ amministratore anche senza autorizzazione dell’ assemblea, che può ratificarlo a
maggioranza ( Corte di Cassazione 21 / 10 / 1998, n. 1998, n. 10446, con riferimento a un appartamento ), trattandosi di atto di
ordinaria amministrazione attraverso il quale è possibile conseguire la finalità del “ miglior godimento delle cose comuni “. La
Suprema Corte ( Sentenza n. 3653 dell’ 8 / 4 / 1998 ), ammette che a stipulare questi tipo di contratto possa essere anche un
singolo condomino, perché in mancanza di prova contraria i condomini hanno pari poteri di gestione e si presume che ciascuno
agisca con il consenso degli altri. Preferibile, però, che un’iniziativa del genere venga posta in essere dall’ amministrazione
previamente autorizzato dall’ assemblea. Se la durata della locazione supera i nove anni, trattandosi di atto di straordinaria
amministrazione il contratto richiede il consenso di tutti i condomini ( Tribunale di Cagliari 7 / 6 / 1993 ) e dev’ essere trascritto
presso l’ Agenzia del territorio ( Articolo 2463, n. 8, codice civile ). Nei confronti del conduttore che sia in buona fede, il contratto
ultranovennale è valido anche se firmato da un condomino, ma gli altri condomini possono agire nei confronti di questo per il
risarcimento degli eventuali danni ( Corte di Cassazione 9 / 11 / 1982, n. 5890 )se un contratto di locazione era stato stipulato nell’
interesse del condominio, da tutti i condomini, alla scadenza la delibera se rinnovare o meno l’ accordo può essere adottata a
maggioranza ( Corte di Cassazione 25 / 7 / 1995, n. 8085 ). Canone. L’ assemblea, nel concedere il locazione un bene comune, non
può preferire un condomino a un altro, se questi offrono un canone maggiore; la relativa delibera che non fosse adeguatamente
motivata sarebbe nulla per eccesso di potere. Rientra fra gli atti di ordinaria amministrazione posti in essere dall’ assemblea
deliberare di accantonare temporaneamente i canoni di locazione provenienti da un bene condominiale ( Corte di Cassazione 13 / 2
/ 1988, n. 1553 ). Prelazione. Se il condominio decide di concedere in locazione una parte comune dell’ edificio, il condomino non
ha il diritto di prelazione, a parità di condizioni, rispetto a un estraneo, neppure se le condizioni offerte sono, per il condomino, più
favorevoli di quelle offerte dal terzo ( Corte di Cassazione 22 / 3 / 2001, n. 4131 ). L’ assemblea, però, deve adeguatamente
motivare l’ eventuale preferenza accordata al terzo che offre un canone inferiore, pena nullità della delibera per eccesso di potere ).
Privacy. Il Garante della privacy, con provvedimento del 20 / 11 / 2008, ha vietato la diffusione a terzi, in bacheca o in altro luogo nel
quale siano viabili da chiunque, dei dati personali riferiti, anche indirettamente, al conduttore intestatario di un contratto di locazione.
LUCERNARIO
Il lucernario, a differenza dell’ > > Abbaino, è un’ apertura dotata di finestra, praticata nel tetto per dare aria e luce al sottostante
locale, laddove l’ abbaino comporta anche la costruzione di una sovrastruttura. Il proprietario del sottotetto può aprirvi un lucernario,
trattandosi di facoltà rientrante nel diritto, previsto dal primo comma dell’ articolo 1102 codice civile, di apportare alle cose comuni le
modifiche necessarie al loro miglior godimento ( Corte di Cassazione 24 / 2 / 1964, n. 391 ). Ne deve però dare preventiva notizia
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all’ amministratore, specificando i dettagli dell’ intervento e le modalità di esecuzione. L’ amministratore, a sua volta, ne riferisce all’
assemblea ( Secondo comma articolo 1122 codice civile ). Il Comune può subordinare il rilascio del permesso di costruire
all’autorizzazione dell’ assemblea ( TAR Toscana 20 / 7 / 1990, n. 381 ). Il lucernario dev’ essere costruito e messo in opera a regola
d’ arte, e non deve pregiudicare la funzione di copertura del tetto, né ledere altrimenti il diritto degli altri condomini ( Tribunale Ariano
Irpino 21 / 9 / 2006 ). Il contro lucernario delle scale, che sia privo tanto di una funzione di copertura e impermeabilizzazione della
parte sottostante di edificio, quanto di una funzione statica ( Per la mancanza di un sovrastante piano di calpestio ), fa parte
integrante non del tetto ma del vano scale, di cui costituisce una finitura al pari del controsoffitto ( Tribunale di Firenze 2 / 7 / 1999 ).
Spesa. Se il lucernario è stato realizzato dal proprietario del sottotetto per dare luce e aria al locale, le spese di manutenzione sono
a suo esclusivo carico. Se invece la struttura è stata inserita nel tetto al momento della costruzione, costituisce parte integrante di
questo e in quanto tale la spesa è a carico di tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà salvo diverso accordo.
LUCI E VEDUTE
Sia le luci e le vedute sono aperture ricavate nel muro dell’ edificio, ma con questa differenza: mentre le luci consentono il solo
passaggio di aria e luce, le vedute permettono anche di vedere, direttamente od obliquamente, nella proprietà del vicino senza
ricorrere a mezzi artificiali ( Per ex scala ). Nel disciplinare la materia il Legislatore ha cercato di trovare un punto di equilibrio tra la
necessità del proprietario di un immobile aria e luce o di avere una veduta verso l’ esterno, e il diritto del confinante o del dirimpettaio
di non veder violata la propria privacy. In particolare, le luci ( Articolo 901 codice civile ), oltre a dover essere munite di un’ inferriata
idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non devono superare i tre centimetri quadrati,
devono essere collocate, rispetto al pavimento, con il lato inferiore ad almeno due metri e mezzo da esso se sono al piano terreno, e
ad almeno due metri se sono ai piani superiori. Inoltre devono avere il lato inferiore a un’ altezza non minore di due metri e mezzo
dal suolo del fondo vicino, a meno che non si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e le
condizioni dei luoghi non consentono di osservare l’ altezza minima. Ovviamente l’ apertura nel muro condominiale di luci che
affaccino sulla strada o sul cortile è consentita se non vi ostano esigenze di sicurezza o di rispetto del decoro architettonico dell’
edificio. Se poi il muro funge anche da divisorio fra le proprietà di due condomini, è necessario il consenso del vicino ( Corte di
Cassazione 12 / 6 1982, n. 3819 ). Un telaio munito di spesso vetro opaco è considerato luce, poiché non presenta caratteristiche
analoghe alla struttura del muro; non altrettanto dicasi delle aperture alle quali siano stati applicati dei pannelli di vetrocemento, a
loro volta non considerabili come luci in senso tecnico ( Corte di Cassazione 28 / 11 / 1984, n. 6192 ). Di regola un condomino può
chiudere una luce esistente nella porzione di muro condominiale coincidente con la sua proprietà esclusiva. Occorre però verificare
se, dallo stato dei luoghi, non emergano elementi tali da vietare questo tipo d’ intervento, come nel caso in cui l’ apertura serva a
dare aria e luce a una parte comune dell’ edificio: per esempio le scale ( Corte di Cassazione 16 / 3 / 1981, n. 1455 ). Il condomino
può anche trasformare una luce in una finestra, a condizione che non vi siano controindicazioni in termini di sicurezza, di stabilità del
muro, di alterazione del decoro architettonico dell’ edificio, di danno alla proprietà esclusiva degli altri condomini e d’ impedimento, in
capo a questi, di fare pari uso del muro comune secondo il loro diritto ( Corte di Cassazione 9 / 10 / 1970, n. 1899 ). Regole diverse
disciplinano le vedute, dal momento che consentono anche di vedere, direttamente o obliquamente, nella proprietà del vicino senza
ricorrere a mezzi artificiali. In particolare se le due proprietà non sono separate da una pubblica via ( In caso contrario non si è tenuti
al rispetto di alcuna distanza ), si deve osservare la distanza minima di un metro e mezzo per la veduta diretta, e di 75 centimetri per
le vedute laterali od oblique. La distanza va misurata dal lato più vicino della finestra o dallo sporti più vicino.
< < Lettera M > >
MILLESIMI
Tabelle. Il condominio non è una società per azioni. Ma paragonare i due organismi può essere utile per capire uno dei concetti
fondamentali della vita condominiale: i millesimi. I millesimi rappresentano, infatti, quello che le azioni sono per una società. In
pratica, ogni singolo proprietario è socio del condominio per una quota pari ai millesimi di cui è titolare. Questa quota è proporzionale
al valore dell’ appartamento, comprese le relative pertinenze ( Box, cantina, soffitta ), in rapporto all’ intero edificio. Si usa il termine
millesimi perché all’ edificio condominiale viene attribuito un valore complessivo di mille, con la proprietà dei singoli condomini che
viene, appunto, espressa con riferimento a questo valore globale: per esempio 147 / 1.000, 234 / 1.000. i millesimi sono quindi l’
unità di misura della proprietà nell’ambito del condominio e vengono definiti, attraverso la messa a punto di apposite tabelle a cura di
un tecnico ( Per esempio Geometra, ingegnere ), di norma contestualmente alla predisposizione del regolamento da parte del
costruttore. Il regolamento e le relative tabelle vengono accettate dai condomini via via che acquistano le varie unità immobiliari con
atto notarile. Si parla a riguardo di regolamento contrattuale. I millesimi incidono su tre aspetti fondamentali della vita condominiale:
a > > rappresentano la misura dei diritti vantati da ciascun condomino sulle parti e sui servizi comuni dell’ edificio;
b > > sono il parametro fondamentale per la ripartizione fra i condomini delle spese comuni;
c >> sono uno dei parametri in cui si fa riferimento per la formazione della maggioranza in assemblea ( L’ altro è quello delle persone
che prendono parte alla riunione ).
Le tabelle millesimali vanno rispettate fino a quando i condomini non decidono di modificarle. Se invece il regolamento nasce
successivamente, sono gli stessi condomini che, approvandolo, fanno predisporre in questa sede le tabelle millesimali. Una
sentenza della Corte d’ appello di Napoli nel lontano 14 / 12 / 1967 ha stabilito che i millesimi sono obbligatori se i condomini sono
più di 4: numero, questo, coincidente con quello che, prima della riforma, l’ articolo 1129 codice civile prescriveva per rendere
obbligatoria la riforma dell’ amministratore ( attualmente la nomina di quest’ organo è obbligatoria se i condomini sono più di 8 ). Il
numero delle tabelle millesimali dipende sia dalle caratteristiche dell’ edificio sia dai servizi che offre, sia dalla meticolosità del
compilatore. Cosi, per scale e ascensore possono essere predisposte tabelle separate o un’ unica tabella. In genere si compilano 3
tabelle: una di proprietà generale, una per le scale e ascensore e una per il riscaldamento, ciascuna caratteerizzata dal fatto che il
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totale è 1.000, con la proprietà di ciascun condomino che viene espressa con riferimento a questo valore globale. Le tabelle
millesimali sono una sorta di “ Etichetta “ che rimane attaccata all’ unità immobiliare - anche nel caso in cui dovesse essere venduta,
donata o lasciata in eredità - fino a quando non si pervenga alla loro eventuale rettifica dimostrando che sono viziate da errore ( > >
Modifica ), per cui ad evitare disparità di trattamento è opportuno affidare la stesura ad un tecnico di comprovata abilità: una
valutazione errata del valore delle unità immobiliari e dei relativi millesimi, infatti, è destinata a riflettersi sia sul portafoglio dei
condomini che sul “ Peso “ del voto in sede di assemblea. La scelta del professionista può essere approvata con il voto favorevole
della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500 / 1.000 ( Tribunale di Bari 12 / 2 / 2010, n. 505 ),
mentre non può essere fatta dall’ amministratore senza autorizzazione dell’ assemblea ( Corte di Cassazione 11 / 2 / 2000, n. 1520
). La tabella dei millesimi di proprietà viene utilizzata per suddividere la maggior parte delle spese comuni: manutenzione ordinaria e
straordinaria, compreso amministratore, polizza assicurativa, spese telefoniche, postali e di cancelleria. Vi si fa riferimento
ogniqualvolta si debbano ripartire delle spese che interessano la proprietà in generale. Questa tabella è importante anche per
stabilire se l’assemblea ha raggiunta la richiesta maggioranza: si tratta di quella occorrente alla valida costituzione di quest’ organo o
all’approvazione di una specifica delibera ( > > Assemblea, Maggioranza ). Approvazione. Se le tabelle millesimali introducono un
criterio di ripartizione delle spese comuni diverso da quello stabilito dalla legge hanno natura convenzionale e la loro approvazione
richiede il consenso di tutti i condomini, espresso all’ atto di acquistare l’ unità immobiliare dal costruttore o manifestato in sede di
assemblea. Se invece il criterio di ripartizione delle spese recepisce quello stabilito dalla legge è sufficiente il quorum prescritto dal
secondo comma dell’ articolo 1136 codice civile: maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno
500 / 1.000 ( Corte di Cassazione 23 / 2 / 2007, n. 4219 ). Questo orientamento è stato confermato dalla Corte di cassazione SS.UU.
con sentenza n. 18477 del 9 / 8 / 2010. Chi ha concorso all’ approvazione delle tabelle può impugnarle solo in caso di errore ( Corte
di Cassazione 10 / 2 / 1994, n. 1367 ), mentre il condomino che abbia espressamente accettato che le tabelle millesimali fossero
redatte seguendo un criterio diverso da quello previsto dalla legge non può chiederne la rettifica poiché la dichiarazione di
accettazione concorre a formare la “ Diversa convenzione “ di cui all’ultima parte del primo comma dell’articolo 1123 codice civile (
Corte di Cassazione 26 / 3 / 2010, n. 7300 ). L’ amministratore non può, di sua iniziativa, ripartire le spese fra i condomini seguendo
un criterio diverso da quello previsto dalle tabelle millesimali; egli deve pertanto attenersi a quelle accettate in sede di rogito o
approvate dall’ assemblea ( Corte di Cassazione 18 / 8 / 2005, n. 16982 ). E’ però valida l’ applicazione dei valori millesimali diversi
da quelli riportati nelle tabelle, a patto che tutti i condomini, in modo non equivoco, abbiano votato o accettato per diversi anni, senza
contestazioni, una suddivisione delle spese diversa da quella prevista ( Corte di Cassazione 17 / 5 / 1994, n. 4814 ). Forma. L’
approvazione e la modifica delle tabelle millesimali, tranne che queste non siano allegate a un regolamento contrattuale ( Corte di
Cassazione 10 / 2 / 2009, n. 3245 ), non necessitano di forma scritta pena nullità, essendo sufficiente il consenso, anche tacito
purché inequivocabile, dei condomini: per esempio, perché hanno pagato, consapevolmente e per diversi anni, i contributi
determinati in base ad una specifica tabella ( Corte di Cassazione 10 / 2 / 1994, n. 1367 ). Il consenso dell’ approvazione può
essere dato mediante delega, anche verbale ( Corte di Cassazione 27 / 3 / 1998, n. 3251 ). E’ comunque opportuno che, sia le
tabelle che la loro approvazione, risultino da atto scritto. Formazione. Per la formazione delle tabelle si deve tener conto in primo
luogo della superficie dell’ unità immobiliare, essendo di tutta evidenza che, a parità di altre condizioni, un appartamento grande vale
più di uno piccolo. Si deve poi valutare una serie di altri parametri, fra cui:
- la cubatura: a parità di superficie e di altri elementi, un locale con il soffitto regolare vale meno di un locale con il soffitto fortemente
inclinato;
- il livello di piano in cui è ubicata l’ unità immobiliare: un conto un piano terra, altra cosa un secondo piano o un attico;
- destinazione d’ uso, ufficio, negozio. Questo se nell’immobile vi sono unità immobiliari aventi diversa categoria catastale;
- nell’ ambito di una stessa unità immobiliare, poi, vengono presi in considerazione gli ambienti e le pertinenze che la compongono:
per esempio camera, cucina, ripostiglio, corridoio, balcone coperto o scoperto, cantina, soffitta, garage;
- l’ orientamento: per esempio se esposta a nord, a sud o su più lati;
- il prospetto: per esempio se affaccia sulla pubblica via o su un cortile interno, su un giardino o su un vicino muro;
- se è o meno servita dall’ ascensore, se e di quante luci e vedute dispone, se fruisce di un giardino privato.
Ad ognuna delle suddette caratteristiche corrisponde un coefficiente uguale, inferiore o superiore a no: per esempio 1, 0,05, 1,15;
migliore è la caratteristica dell’ unità immobiliare, più elevato è il coefficiente. Nell’ attribuire i millesimi di proprietà non si tiene conto
del canone di locazione, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione delle varie unità immobiliari. Il risultato delle suddette
valutazioni è che le differenze di valore fra le varie unità immobiliari si rispecchiano nella tabelle millesimali. E’ possibile includere in
un’unica espressione millesimale più unità immobiliari appartenenti allo stesso proprietario ( Corte di Cassazione 19 / 10 / 1988, n.
5686 ). Un diverso procedimento viene seguito per la messa a punto delle tabelle millesimali del > > Supercondominio.
Impugnazione. Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di
condominio, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne
senza indugio notizia all’ assemblea dei condomini. Se non adempie a quest’ obbligo può essere revocato ed è tenuto a risarcire gli
eventuali danni. Mancanza. In mancanza di tabelle millesimali il condominio può funzionare ugualmente; le tabelle, infatti, agevolano
ma non condizionano l’ attività del condominio, dal momento che il rapporto tra il valore della proprietà singola e quello dell’ intero
edificio esiste prima e indipendentemente dalla formazione delle tabelle. Pertanto, in un eventuale giudizio si pyuò sempre stabilire,
sia pure a posteriori, se in assemblea erano state raggiunte le richieste maggioranze ( Corte di Cassazione 25 / 1 / 1990, n. 431 ).
Modifica. La regola, scolpita nell’articolo 69 disp. Att codice civile, è che i valori proporzionali delle singole unità
immobiliari espressi nella tabella millesimale di proprietà possono essere rettificati o modificati all’ unanimità. Tali valori
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possono però essere rettificati o modificati, anche nell’ interesse di un solo condomino, con il voto favorevole degli
intervenuti all’assemblea, un rappresentante di almeno 500 / 1.000:
a > > quando risulta che sono conseguenza di un errore. In questo caso si parla di rettifica. Può trattarsi di un errore di fatto,
cioè dipendente da un’ errata valutazione degli elementi da prendere in considerazione per il calcolo delle tabelle ( Per esempio
superficie – altezza – ubicazione di un’ unità immobiliare, o non aver considerato una sua pertinenza ), o di un errore di diritto, ossia
riguardante l’ identificazione degli elementi fissati dalla legge. E’ errore di fatto, per esempio, aver indicato una superficie diversa da
quella effettiva, mentre è un errore di diritto aver tenuto conto di un elemento che la legge considera irrilevante: per esempio lo stato
di manutenzione dell’ unità immobiliare.
b > > quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di
superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale
del’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso si parla di modifica e il relativo costo è a carico del
condomino che ha dato luogo alla variazione.
L’ accettazione della modifica può anche essere tacita: come nel caso dei condomini non presenti all’ assemblea ma che abbiano
consapevolmente e inequivocabilmente accettato, per più anni, l’ applicazione dei nuovi millesimi ( Corte di Cassazione 19 / 10 /
1988, n. 5686 ). Una volta che la modifica sia stata deliberata dall’ assemblea o disposta dall’ Autorità Giudiziaria su iniziativa anche
di un solo condomino, il condomino non può impedire l’ accesso alla propria unità immobiliare al tecnico incaricato dei rilievi; può
solo concordare giorno e ora per lui più favorevoli. La Corte di Cassazione ( Sentenza n. 7696 dell’ 8 / 9 / 1994 ) ha stabilito che la
rettifica delle tabelle millesimali, sia essa deliberata dall’ assemblea o disposta dal giudice, non ha effetto retroattivo ( In particolare,
la sentenza che dispone la rettifica delle tabelle produce i suoi effetti dal giorno in cui passa in giudicato, ossia diventa definitiva ),
per cui si vuole ottenere il rimborso di quanto pagato in eccedenza - ha stabilito la Suprema Corte con sentenza n. 5690 del 10 / 3 /
2011 - si deve promuovere un’ azione d’ indebito arricchimento nei confronti di chi ha pagato meno del dovuto. L’ amministratore non
può, di sua iniziativa, dare il via al processo di modifica delle tabelle millesimali: si tratta infatti di una prerogativa riservata all’
assemblea ( Corte di Cassazione 11 / 2 / 2000, n. 1520 ). Disco rosso anche per l’ usufruttuario o per il titolare di altro diritto reale di
godimento ( Uso e abitazione ), poiché il diritto di promuovere la modifica delle tabelle millesimali compere solo al proprietario (
tribunale di Milano 29 / 5 / 1989 ). In attesa della modifica delle tabelle il condomino non può rifiutare il pagamento dei contributi sulla
base di quelle attuali, ma può agire per il recupero delle somme pagate in più, dei relativi interessi legali e del risarcimento del
danno, nei confronti dei condomini che avessero, per esempio, arbitrariamente aumentato la superficie radiante del proprio
appartamento, creando cosi le premesse per la modifica della tabella millesimale relativa al riscaldamento. Prescrizione.
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